Recensione: Grátr

Di Daniele Balestrieri - 4 Maggio 2009 - 0:00
Grátr
Band: Helrunar
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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76

Gli Helrunar non sono esattamente una novità nel panorama estremo europeo, non tanto per i loro primi due album Frostnacht e Baldr ok Íss, bensì per il primo e leggendario demo, Grátr, stampato una prima volta come autoproduzione e una seconda volta come CD ultralimitato a 500 copie, immediatamente sparite e rimaste nel cuore dei fans come una delle prove migliori della band tedesca.

Spinti da questo insolito successo, sotto l’ala della Lupus Lounge, gli Helrunar decidono di rendere nuovamente disponibile questo piccolo gioiello in un digipack lussuoso corredato di un secondo CD che contiene un’ulteriore traccia molto apprezzata, quella “Hauch wird Sturm” che tanti sfracelli ha creato in sede live.
C’è poco da fare, la classe non manca. Siamo di fronte a un pagan black di primissima scelta i cui suoni ripercorrono la storia del genere fino a maestri quali gli Immortal di Diabolical Fullmoon Mysticism, non senza strizzare l’occhio ad altri capostipiti del perfetto sistema heathen quali primissimi Darkthrone e perché no, persino gli Isengard di Vinterskugge.

Ascoltando questo Grátr ho come avuto l’impressione che questo sarebbe il genere che sarebbe finito a suonare Bathory se non avesse scoperto l’epic viking e avesse abbandonato il thrash, finendo imprescindibilmente con lo scavare il suo solco nel black metal intuito attorno all’era di Octagon. Sono vibrazioni particolari, che però non trascendono necessariamente dal mare di pagan black ferale che ha saturato il mercato a partire dai primi anni ’90. Del resto, gli ingredienti ci sono tutti. Scream maligno ma non eccessivamente incomprensibile – ancora si percepisce l’idioma tedesco in cui è cantato – e una buona dose di chitarre zanzara, anch’esse non troppo veloci ma intente invece a costruire atmosfere molto vicine alla produzione di altre due band seminali norvegesi come Kampfar e Windir.
Con un simile “pedigree di intenti” non è difficile capire quale sia il punto di forza dei nostri due germanici del Münster: una costellazione di inquinamenti a cavallo tra l’epic e l’atmosferico rende le tracce sempre varie, interessanti da scoprire e da interiorizzare.
Non mancano esempi di tracce unicamente recitate o assoli trascinati con il solo intento di creare un’atmosfera tenebrosa e ancestrale. L’ottima produzione e soprattutto l’ottima espressività del cantante riescono a sollevare, seppur di poco, quest’opera dalla massa di suoi pari.

Alla resa dei conti rimane tra le mani un album molto ben fatto ma dal deciso sapore di già sentito. Non sarà una colonna portante del black-pagan, ma di certo ne è uno dei tasselli meglio riusciti degli ultimi anni.

Daniele “Fenrir” Balestrieri

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TRACKLIST:

1. Der Fährtensucher 1:46
2. Raune mit der Tiefe 5:25
3. Ich bin die Leere 5:34
4. Seelenwinter 5:57
5. Grátr 6:55
6. Mørket Under Verden 4:29
7. Hornung 2:06
8. Das heilige Feuer 6:33
9. Kvasirs Blut 3:11

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