Recensione: Graves of the Archangels

Di Giuseppe Abazia - 13 Ottobre 2008 - 0:00
Graves of the Archangels
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Anno: 2008
Nazione:
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76

Che sorpresa, questi Dead Congregation! Questo giovane act proveniente dalla Grecia potrà anche essere un “novellino” della scena death, ma di certo ha qualcosa di concreto e sostanzioso da dire in un panorama tanto affollato. Nati nel 2004 da una costola dei Nuclear Winter (altra band death greca), i nostri si distinguono subito, nel 2005, con l’ottimo EP Purifying Consecrated Ground, che già rendeva ben chiare le intenzioni del gruppo: suonare death metal vecchia scuola, senza compromessi, pregno di atmosfere marce e polverose. Il passo successivo è stato il qui presente full-length Graves of the Archangels, che cementa le qualità mostrate dall’EP di debutto, e conferma i Dead Congregation come uno dei gruppi death metal da tenere maggiormente d’occhio. Le principali fonti d’ispirazione di questi deathsters greci sono evidenti: vi sono richiami allo stile di mostri sacri come Incantation, Morbid Angel, e soprattutto Immolation, ma come vedremo, i Dead Congregation hanno diversi assi nella manica da riservarci.

L’album si apre in modo atipico per un gruppo death: con una lunga, dissonante intro strumentale di ben cinque minuti e mezzo (che ritengo uno dei pochi punti deboli del platter). Una scelta curiosa, ma che facilmente, dopo il primo paio di ascolti, porta a saltare la prima traccia per poter dare davvero inizio alle danze. Dopo tale controverso incipit, infatti, l’assalto sonoro che investe l’ascoltatore non può non lasciare galvanizzati: canzoni come Hostis Humani Generis e Morbid Paroxysm sono vere dichiarazioni d’intenti, col loro drumming frenetico (tale da rasentare, in alcuni frangenti, il brutal death), i loro riff potenti, e i loro coinvolgenti assoli. Possiamo così avere un’idea generale del modus operandi dei Dead Congregation, ossia uno stile incredibilmente violento ma al contempo ricercato, che fa del proprio punto di forza un songwriting vario e complesso, e che talvolta si concede anche sprazzi di dissonante, claustrofobica melodia; la voce è costituita da un growl adeguatamente cavernoso, che perfettamente s’incastra con le atmosfere catacombali della musica. Con Vanishing Faith e Voices, invece, constatiamo quali sono le altre influenze dei Dead Congregation: il death/doom grezzo e sporco dei primi anni ’90, tipico di gruppi come Asphyx, Decomposed, o Divine Eve. Abbiamo quindi sezioni più lente e cadenzate, che spezzano senza soluzione di continuità la generale orgia di velocità. Ancora, abbiamo una canzone di ben otto minuti (la title-track), che esemplifica perfettamente cosa i Dead Congregation siano capaci di fare, dato che nel pezzo si alternano numerose variazioni e cambi di tempo, nonchè espedienti originali come un’intro di canti gregoriani (che ritroviamo anche nell’ultima traccia). Le tre restanti canzoni (Subjugation, Source of Fire, e Teeth into Red), si assestano sullo stesso stile di quelle già analizzate, e ne mantengono l’alta qualità e l’atmosfera marcia e blasfema.

Graves of the Archangels è quindi un ottimo album, con numerosi pregi, e forse l’unico difetto di non possedere una personalità perfettamente formata, data la sua forte somiglianza coi primi dischi degli Immolation (impossibile non ripensare a capolavori come Dawn Of Possession, o Here In After, ascoltando i Dead Congregation). Ciònonostante, siamo di fronte a musicisti molto capaci, pieni di entusiasmo, e in grado di forgiare canzoni sempre interessanti, varie, e potenti. Graves of the Archangel proietta i Dead Congregation fra le più grandi promesse del death metal, e stando a ciò che hanno dimostrato di saper fare con questo album, è evidente che questi ragazzi hanno la stoffa per rendere il loro monicker uno dei più prestigiosi di questo genere.

Giuseppe Abazia

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Tracklist:

1 – Martyrdoom (05:31)
2 – Hostis Humani Generis (03:13)
3 – Morbid Paroxysm (02:45)
4 – Vanishing Faith (03:41)
5 – Voices (04:40)
6 – Graves Of The Archangels (08:08)
7 – Subjugation (01:11)
8 – Source Of Fire (05:02)
9 – Teeth Into Red (09:26)

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