Recensione: Harder Than Steel

Di Stefano Ricetti - 25 Febbraio 2015 - 0:10
Harder Than Steel
Band: Revenge
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2015
Nazione:
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78

Questi Revenge non c’entrano nulla con quelli di Red Crotalo, Kevin “Hell” Throat ed Erik Lümen, prime mover dell’HM italiano. Il quartetto in oggetto proviene da Medellin, vanta tredici anni di comprovata milizia metallica e già possiede nella bacheca personale numero cinque full length e una marea di singoli. Tante uscite accompagnate da un numero discreto di concerti, non solo in madrepatria ma anche in Paraguay, Argentina, Peru ed Ecuador. Harder Than Steel è il loro sesto sigillo ufficiale e vede la luce, a livello europeo, nientepopodimeno che per la teutonica Iron Shield Records.

Dieci le schegge metalliche contenute all’interno del disco, con dei nomi che altro non fanno che comprovare l’inossidabile fede nell’Acciaio da parte dei colombiani.  

Da un titolo come Headbangers Brigade ci poteva forse attendere un ballad sdolcinata? Nooooooooo, ovviamente: velocità assassine, chitarre affilate come rasoi, voce in linea con il prodotto e tanta tanta attitudine HM! Dopo questo primo episodio, inevitabile l’accostamento ai Running Wild del bei tempi che furono. La voce di Esteban “Hellfire” Mejia risulta vicina a quella di Rolf Kasparek, cosa che salta all’orecchio nella successiva Harder Than Steel. Le schitarrate senza redenzione degli hamburger vengono prese in prestito senza remora alcuna in apertura di Witching Possession, brano ove l’inflessione del singer ricorda, oltre all’onnipresente Rock’N’Rolf anche il nostro Maurizio “Angus” Bidoli dei Fingernails.

Inizio a la Saxon in Gravestone poi è un orgia di Running Wild – ma anche X-Wild – a manetta fino al termine: Back for Vengeance, Torment & Sacrifice, Flying to Hell, At the Gates of Hell, Motorider. Chiusura, con una cover: Chains and Leather, guarda caso dei Running Wild! Un pezzo storico, un inno del Metallo tutto che i Revenge interpretano con convinzione e reverenza ma che nello stesso tempo sancisce impietosamente la diversa cifra fra il combo di Rock’N’Rolf del periodo aureo e i quattro defender di Medellin: sì grandi interpreti del verbo teutonico ma giocoforza su di un piano inferiore rispetto ai maestri cresciuti fra i Docks.

Sia quel che sia, Harder Than Steel si dimostra album, compatto, massiccio, veloce e possente che si abbina a borchie al cielo e scapocciate fuor di misura per tutta la sua durata. Solo il tempo, che solitamente è galantuomo, decreterà se possa vantare le stimmate del disco che i Running Wild non vogliono o non sono più in grado di scrivere…                     

Thumbs up!

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

REVENGE ESTEBAN

Esteban “HellFire” Mejia – Revenge (Colombia) 

 

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