Recensione: Head Up High
Se da una parte c’è chi è determinato a progredire costantemente verso nuove forme di metal estremo (avantgarde), dall’altra c’è chi, invece, preferisce rimanere immerso nel passato, evitando qualsiasi contaminazione stilistica (old death metal, ad esempio).
I norvegesi The Batallion frequentano questa seconda scuola di pensiero, tesa a conservare nella maniera più fedele possibile gli stilemi che hanno contraddistinto, nella prima metà degli eighties, i primi esperimenti di metal spinto oltre l’allora imperante heavy metal.
Se da una parte i Venom presero la mistura punk/rock’n’roll per gettarla nell’oscurità e generare, quindi, il proto-black metal, dall’altra i Possessed fecero dell’heavy metal un genere aggressivo nonché scevro da melodia sperimentando, di fatto, il primo proto-death metal della storia metallica. Il primo esperimento fu poi portato a compimento dai Bathory di Quorthon, il secondo, dai Death di Chuck Schuldiner.
Questa breve disanima della preistoria del black e del death si è resa necessaria per datare la proposta musicale insita in “Head Up High”, secondo full-length del quartetto di Bergen. Proposta che, affinandosi ulteriormente da quella primigenia di “Stronghold Of Men”, album d’esordio del 2008, si allinea – pur con una differenza – a quanto fecero Jeff Becerra e compagni nel 1983. Differenza consistente principalmente nel fatto che la base utilizzata come rampa di lancio per l’assalto sonoro è una miscela, equilibrata, di heavy metal e rock’n’roll; arrivando con ciò a poter definire «death’n’roll» l’inequivocabile stile facente parte dell’old death metal.
Ovviamente, dopo questa premessa, si può ben immaginare che Nostri non siano dei pivellini. Difatti, il background musicale è quello che possono avere, a questi livelli di approfondimento, solo coloro i quali abbiano vissuto sulla propria pelle quegli anni memorabili e che, poi, abbiano militato in varie band di tipologia simile a quelle più su menzionate. Nel caso: Old Funeral, Bömbers, Desekrator (Stud Bronson); Grimfist, Deride, Deathcon (Lust Kilman); Borknagar, St. Satan (Colt Kane); Amok, Dead To This World, Cult Of Catharsis, Helheim, Taake, Deathcon (Morden).
Con una simile, solida cultura e una lunga esperienza alle spalle, i Nostri non potevano fallire il colpo. Cosa che, infatti, non è accaduta.
Il suono minimale del platter, voluto, riporta il groove ad antichi sapori; gusti forti ma non esagerati, odori di cantina tuttavia piacevoli, non ammuffiti. Il desiderio di voler proporre questo tipo di sonorità ha anche regalato una produzione semplice e scarna, che consente di assaporare con calma, puntualmente, il lavoro svolto da ciascuno strumento.
Fondato sul dinamico rifferama della copia d’ascia, il suono è corposo e profondo nel suo lineare andamento (poco altro, oltre il 4/4 del drumming), dando la possibilità al roco screaming del vocalist di trascinare per i capelli le canzoni sì da fare dell’headbanging la principale reazione al ritmo imposto dall’ensemble nordeuropeo.
Le canzoni si susseguono con un’andatura sciolta e naturale, rivelando alcune chicche dall’obbligata segnalazione: lo scatenato rock’n’roll di “Undertakers”, il lacerante solo d’ascia di “20 Paces To Death”, il riff portante bagnato nello speed metal di “Where There Is Smoke There Is Fire”.
Il tutto, senza esagerare con i pattern di batteria, passando dagli slow-tempo ai fast-tempo che denotavano quanto prodotto dagli scellerati act che si scostarono, per primi, dall’ortodossia dell’heavy metal.
Buon lavoro, in sostanza, accessibile a tutti. Mirato soprattutto per coloro che non rinnegano il passato e quanto di buono esso ha proposto per rendere grande la nostra musica nel suo ambito estremo, nero e sulfureo.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Track-list:
1. Mind My Step 1:38
2. Head Up High 3:31
3. When Death Becomes Dangerous 3:32
4. Within The Frame Of The Graveyard 3:14
5. Thick Skinned And Weatherbitten 3:16
6. Each Man For Himself 4:19
7. Undertakers 4:43
8. 20 Paces To Death 2:57
9. Where There Is Smoke There Is Fire 2:58
10. The Roaring Grandfather 5:31
11. Bring Out Your Dead 2:26
Line-up:
Stud Bronson – Guitar and vocals
Lust Kilman – Guitar
Colt Kane – Bass
Morden – Drums