Recensione: Hot Nuts

Di Paolo Beretta - 6 Novembre 2008 - 0:00
Hot Nuts
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Anno: 2007
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77

In ogni tabella di allenamento che si rispetti troverete sempre scritto a caratteri cubitali di iniziare con calma, in maniera graduale; peccato che per lo scrivere questo non valga in quanto il muro da scalare si trova sempre al primo paragrafo, quando l’attenzione del lettore è ancora fresca e il suo occhio vigile è assetato di intriganti intro capaci di farlo arrivare in fondo senza sortir sbadiglio. Ed eccomi quindi qui intendo a cancellare il terzo incipit, per ricominciare di nuovo… Stasera il meteo ha voluto che me ne stessi a casa per tornare, dopo secoli, a scrivere. L’inglesissima pioggia che batte con ritmica frequenza sul tetto mi spinge a prendere un cd della mia collezione e ad alzare il volume fino a far ingoiare il rumore del maltempo con un bel riff di chitarra che mi porta negli anni ’70 con, ironia della sorte, un cd del 2007!!

I britannici Tokyo Dragons dopo avermi regalato una delle più gustose sorprese musicali del 2005 (Give Me The Fear) con il loro esordio si ripresentano al grande pubblico con Hot Nuts e poco è cambiato. Forse rispetto all’esordio si annovera una minor propensione alla ricerca della hit radiofonica (Get ‘em Off tanto per intenderci) in favore di brani leggermente più studiati, ma, cosa che conta di più, l’hard rock vecchio stile fino al midollo è sempre il loro marchio indelebile. I nostri non si sono per nulla imbastarditi e scavalcano il temibile ostacolo del secondo LP con scioltezza imbarazzante. Gli ascoltatori si mettono ubbidientemente ai loro posti (“On Your Marks”) e dopo un fugace intro la chitarra del leader cantante Steve Lomax reclama con forza il proprio spazio vitale all’interno di un mid tempo esplosivo che è un reale piacere cantare saltando da una parte all’altra della camera. Aumenta il tiro con la cavalcata “Keeping The Wolf From The Door”. Voce abrasiva, backing vocals come saporito contorno, giri di chitarra semplici e ficcanti che sottolineano linee melodiche di facile assimilazione e dopo nemmeno 4 minuti ti sei innamorato della loro musica sei hai un animo da vero rockers. Sugli stessi binari troviamo “Rock My Boat” e “If I Run, You Run”, mentre vorrei spendere qualche parola in più per “Killing Everybody You Meet”. Inizialmente potrebbe risultare un momento insipido del prodotto e invece, ascolto dopo ascolto, risulta essere un fondamentale pezzo di rottura e, con il suo lento incedere, finisce per dare dipendenza ipnotizzandoci. I Tokyo Dragons sono così: diretti, massici e assolutamente prevedibili non avendo nel loro arco cambi di ritmo e, se escludiamo l’incalzante “On Fuel”, una propensione all’alta velocità. Musica d’annata in chiave moderna quindi, per 40 minuti durante i quali non si stufano di lanciare messaggi d’amore ad un sound del passato (cfr. cover di Todd Rundgren “Couldn’t I Just Tell You”) meritevole di essere rispolverato e offerto su un fiammante cd novità ai più giovani.

Il cd soffre, esattamente come il suo predecessore, della stessa malattia: troppe similitudini nella struttura delle canzoni, sound e cantato. I Tokyo Dragons sono malati di hard rock d’autore e d’annata e bastano due orecchie funzionanti per capirlo. Sinceramente spero che non guariscano mai e che stiano ben alla larga da melodici e commerciali antibiotici perché di band come queste ne abbiamo bisogno e di uno dei tanti gruppi di modern hard rock anonimo possiamo anche farne a meno. Un buon prodotto.

Tracklist:

1. On Your Marks
2. Keeping The Wolf From The Door
3. If I Run, You Run
4. Killing Everybody You Meet
5. Rock My Boat
6. On Fuel
7. Slayed Alive
8. Ramblin’ jack
9. Couldn’t I Just Tell You
10. The Ballad Of Ballard.

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