Recensione: Icon 3

Di Nicola Furlan - 23 Marzo 2009 - 0:00
Icon 3
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Anno: 2009
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64

“Icon 3” è il terzo studio album di Wetton/Downes, storici fondatori degli Asia nonchè personalità di spicco in band del calibro di King Crimson (John Wetton), Buggles e Yes (Geoff Downes).

Il disco è atteso al varco dopo il buon concept precedente uscito nel 2006 e intitolato “Icon II – Rubicon”. Il full-length ebbe un riscontro molto positivo dalla critica in virtù del caldo romanticismo che ne caratterizzava il songwriting. Un songwriting che varcava i confini del rock melodico classico per proiettarsi a livelli di maggior ricercatezza stilistica, grazie ad elaborati arrangiamenti e ad un’attitudine pomp-oriented di distinto rispetto. Il tutto legato da sottili ma al contempo, raffinate orditure progressive in grado di offrire all’ascoltatore un prodotto pregiato e ricco di stile.

In “Icon 3” è sopravvissuto molto poco di questo: le composizioni strizzano l’occhio all’AOR, ma non azzeccano quasi mai il ritornello o la ritmica in grado di imprimersi nella memoria (eccezion fatta per un paio di brani) e la maestosità di certe atmosfere sembra essersi ridimensionata notevolmente. Mentre nel precedente, la ricchezza di arrangiamenti e orchestrazioni dipingeva con tinte sfumate un’unica opera, qui gli accostamenti risultano forzati, con passaggi incastrati malamente come pennellate di colori sbagliati, date col mero scopo di riempire spazi altrimenti incolore.
I due compositori sono stati supportati in sala prove dal guitar hero Dave Kilminster (Roger Waters, Keith Emerson) e dal valevole batterista Pete Riley, nonché da guest di tutto rispetto come l’arpista new ager Andreas Vollenweider, la cantante Anne-Marie Helder e il violoncellista Hugh McDowell (ELO), ma nonostante ciò, la qualità non emerge. Si evidenzia, infatti, un’eccessiva eterogeneità, ed è palese la carenza di quelle idee che avevano reso accattivante e piacevole “Icon II – Rubicon”.

”Twice The Man I Was”, ”Sex, Power and Money”, ”Anna’s Kiss” e ”Don’t Go Out Tonight” prestano il fianco con strutture armoniche fiacche e ridondanti e ritornelli totalmente privi di mordente.
Per tali motivi l’ascolto tende a farsi pesante minuto dopo minuto, monotono e quindi aggredibile dalla critica dei fan più esigenti, ma anche da quelli più votati all’easy listening.
Così si prosegue fino a conclusione senza che venga mai esaudita la speranza di un qualche improvviso guizzo di fiamma.

Fanno eccezione le ballad e alcuni pezzi caratterizzati da vincenti sonorità AOR.
Ci riferiamo alle squisite e romantiche ”Destiny” e ”Raven”, ma anche a ”Never Thought I’d See You Again” che, sebbene identificata da un refrain un po’ forzato, può vantare ritmiche invitanti e pregiati arrangiamenti.
Osservazione a parte per ”Under The Sky”, brano il cui sound sperimentale è in grado di creare un’atmosfera onirica ed epica, grazie alle articolate orchestrazioni.

In definitiva: qualche episodio valido, ma nulla più. La band, dopo l’ottimo secondo disco, sembra essere ricaduta nel vizio originale ovvero in quella staticità compositiva che aveva caratterizzato il primo “Icon”. Produzione a parte, la band azzecca poco e niente, compiendo un vero e proprio scivolone i cui postumi metteranno in dubbio la speranza di una ripresa tale da raggiungere l’obiettivo del quarto capitolo di questa saga.

Arrivati a questo punto possiamo solo augurarci un cambio di rotta.
A buon intenditore poche parole…

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Tracklist:

01. Twice The Man I Was
02. Destiny
03. Green Lights and Blue Skies
04. Raven
05. Sex, Power and Money
06. Anna’s Kiss
07. Under The Sky
08. Don’t Go Out Tonight
09. Never Thought I’d See You Again
10. Peace In Our Time

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