Recensione: III

Di Alessandro Cuoghi - 11 Ottobre 2012 - 0:00
III
Band: Evemaster
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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60

Terzo full lenght (senza contare la riedizione del debut Lacrimae Mundi pubblicata nel 2005) per il duo finlandese degli Evemaster, composto per la cronaca da Tomi Mykkänen (membro anche dei più famosi Battlelore) e Jarno Taskula

La band, attiva dal ’96 e dedita ad un ibrido metallico ispirato in egual misura da Swedish Death, Black melodico ed in alcuni casi dal Goth, dimostra di aver studiato a fondo le diverse materie proposte esplicitando la propria passione attraverso un disco vario ed intriso di melodia, che tuttavia non mostra mai una personalità definita.   

Come vedremo, infatti, l’estrema facilità con cui gli Evemaster balzano da un genere all’altro rappresenta a posteriori una vera e propria arma a doppio taglio in quanto la varietà stilistica rimane spesso fine a se stessa, senza sbocciare mai nella creazione di un sound proprio e personale. Detto questo risulta facile desumere perchè nonostante l’utilizzo di sonorità facilmente assimilabili e la presenza nei lavori precedenti di vari special guest (tra i quali andiamo a citare Jaska Raatikainen dei Children Of Bodom), la band non sia mai riuscita ad ottenere visibilità, rimanendo sempre incatenata all’underground.  

Il carattere antologico del qui presente III si manifesta sin dall’inizio attraverso l’aggressiva “Enter“, che per impatto e melodia pare un’opera incompiuta dei letali At The Gates. Il brano, pur risultando un’ottima opener, mette altresì in risalto la propensione della band all’utilizzo di canoni compositivi già brevettati e consolidati riconducibili, in questo caso, a quelli che fecero la fortuna di Lindberg e soci durante la seconda metà degli anni 90. Tuttavia, come a voler spazzare via dagli ascoltatori il timore di trovarsi di fronte ad un’ennesima clone band, i due finlandesi si scrollano subito di dosso il sound Death Svedese e “stupiscono” tutti col groove della successiva “New Age Dawns“, forte di un riffing granitico ed un refrain melodico al limite del gothic che, tanto per essere puntigliosi, si ispira (in modo neanche troppo velato) ai maestri Paradise Lost.  

Passati i due discreti episodi iniziali il disco scorre via placidamente, fra stacchi orecchiabili e aperture melodiche più o meno banali che nulla o quasi hanno da aggiungere all’operato della band, giungendo sul limite della noia alla finalmente calzante “The Great Unrest“: una vera ventata d’aria gelida in una sensazione di ristagno che sembrava inarrestabile. Con un attacco puramente old school Black Metal, soffuse  digressioni ambient ed acidi vocalizzi il brano si distingue subito come uno dei migliori episodi del lotto. Pare così di essere giunti alla zona calda (e più personale) del disco, dove il Black/Death torna a farla da padrone. Anche la successiva “The Sweet Poison“, infatti, attraverso un incedere marziale al limite del Depressive riesce a catturare l’attenzione dell’ascoltatore durante gli oltre 7 minuti della propria durata. Procedendo con l’ascolto constatiamo però amaramente come gli episodi interessanti siano ormai giunti agli sgoccioli ed il ristagno musicale torni opprimente. Il finale del disco è infatti sorretto solamente dalla discreta  e lunghissima “Absolution“: una sorta di ibrido dilatato dove i nostri sembrano aver inserito tutto quanto appreso durante i propri ascolti personali.  

Ad ascolto ultimato resta la voglia di udire nuovamente solo un paio di brani, fra i quali andiamo a citare la piacevole ma derivativa “Enter”  e la violenta “The Greath Unrest”, che sfoggia quantomeno un minimo di personalità.  Il resto del disco si muove per la quasi totalità in un capace anonimato, lasciando intravvedere di quando in quando qualche spiraglio di luce, ma nulla più. Anche la longevità, data del gran numero di soluzioni trite e spesso fin troppo melodiche, non può risultare delle migliori. A conti fatti non è difficile dedurre che, pur mostrando alcuni episodi degni di nota, neanche questo terzo lavoro porterà la band al successo, in quanto fruibile dai neofiti ma tremendamente derivativo e banale all’orecchio di qualunque altro cultore del genere.   

Alessandro Cuoghi  

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Line up

Tomi Mykkänen: all instruments, vocals

Jarno Taskula: vocals

 

TRACKLIST

1) Enter

2) New Age Dawns

3) Humanimals

4) Losing Ground

5) The Great Unrest

6) The Sweet Poison

7) Harvester Of Souls

8) Fevered Dreams

9) Absolution

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