Recensione: In Sanguine…

Di Alessandro Rinaldi - 2 Luglio 2025 - 0:08
In Sanguine…
80

Esiste un cospicuo numero di band, nel sottobosco dell’underground italiano, che sgomitano per trovare lo spazio e la dimensione che meritano. Abbiamo già visto, lo scorso anno, il successo di Fire blades from the tomb dei Ponte del Diavolo, o quello di quest’anno di Hesperia, con Fra li monti Sibillini, album che hanno mostrato i muscoli al pubblico ma soprattutto che non bisogna necessariamente attingere dal ricco catalogo scandinavo per ascoltare ottima musica black e che si può trascendere la vecchia locuzione latina “nemo propheta in patria”, dando delle possibilità alle nostre band.

E grazie a questo disco griffato Metal Zone Italia scopriamo i Demonia Mundi, band di Reggio Calabria, formata nel lontano 1994, ma che ha visto i suoi primi full-length solo negli ultimi cinque anni, In Grembo Mater… (2021) e In Sanguine… (2024), oltre ad un libro, Mondo Demone, che racconta il percorso introspettivo ed iniziatico del leader Daemonia alla ricerca del sé, che va dall’Io profondo all’esplosione del subconscio collettivo.

In Sanguine… si compone di otto brani per una durata massima di circa 45 minuti, ed è una rielaborazione di vecchie tracce delle loro tre precedenti uscite (From the Deep…, In Daemonium Nocte, In Hoc Signo Vinces) che vengono riproposte e riarrangiate, con un inedito, Rewake to Destroy. Inizialmente, il progetto era quello di proporre un remaster di In Hoc Signo Vinces, ma poi, come spesso accade nella musica, una volta intrapreso un sentiero in una landa desolata, è ignoto dove lo stesso ti condurrà. Nasce, così, In Sanguine… album che ruota attorno al potere del sangue e al suo valore mistico, come si evince dall’artwork, piuttosto realistico, che rappresenta un uomo coperto da un sudario sporco del prezioso liquido ematico, in atto di difendersi da qualcosa che gli ha provocato sofferenza.

La scorza, più superficiale, è quella di un black metal duro e graffiante ma, raschiando (o meglio, scuoiando), troveremo molto di più: death, thrash e delle insolite quanto convincenti parti di tastiere che danno un tocco di epicità, creando un’unicità compositiva, accattivante, che ci consegna un sound fresco, originale e molto convincente, che tocca le atmosfere più tetre – fortemente influenzate dai gruppi di riferimento dei Demonia Mundi, ovvero Goblin, Antonius Rex, Jacula e Death SS. E poi c’è la voce di Demonia, che è un vero e proprio strumento, pronta a ferire e tranciare le vostre orecchie, con un growl tagliente, vero ago della bilancia della loro musica, capace di unire alla furia cieca, melodie convincenti: pensiamo ad esempio all’apertura di  In Hoc Signo Vinces…, che fa accapponare la pelle prima di esplodere nella sua primordiale violenza, oppure Daemonium Nox, il cui incipit è ipnotico, tetro e sinistro e ricorda The Music of the Lords, il tema composto da Johnny 5 e Griffin Boice per il film di Rob Zombie Le Streghe di Salem. L’alternanza tra forza e violenza nella stessa traccia è un elemento ricorrente, come avviene, ad esempio in  Malleus Maleficarum, solenne e violento, oppure  in The Circle and the Star – Next Execution, passaggio più ricco in cui emerge anche un altro aspetto, ovvero la presenza di sonorità che richiamano il medioevo (come abbiamo avuto modo di riscontrare anche nell’artwork) e che toccano l’apice nell’intermezzo di My Crying Queen, cantato in elfico. Il manifesto del disco è Our Eucharist, brano che contiene un po’ tutte le caratteristiche della proposta musicale dei Demonia Mundi, dal gioco di luci ed ombre, al lato melodico che progressivamente diventa nero e pungente.

In Sanguine… è il disco che non ti aspetti, un  coup de théâtre che ti sorprenderà per il nero che ha in sé, la violenza, la rabbia, ma anche la dolcezza del suo sangue, perché, ricordiamolo, come scriveva Bram Stoker, “il sangue è vita”.

 

Ultimi album di Demonia Mundi