Recensione: In the Darkness Cd + Dvd [Reissue 2021]

Di Stefano Ricetti - 5 Maggio 2021 - 7:22

In the Darkness, del 1986, per molti l’archetipo del Paul Chain Violet Theatre, ossia l’album che meglio incarna lo spirito e il messaggio musicale della band creata appositamente dal polistrumentista pesarese in distacco ai pericolosi e fuor di controllo Death SS, esce in versione remaster su Cd accompagnato da un Dvd inedito, sotto l’egida della Minotauro Records. Ed è proprio il concerto del gruppo immortalato la notte del 25 ottobre 1986 in quel dell’Helter Skelter di Milano a costituire la vera chicca dell’intero pacchetto che si compone di un digipak a quattro ante, contenente un libretto di otto pagine con foto e note tecniche più un inserto cartaceo 26 x 26 cm con il logo del Paul Chain Violet Theatre bianco su sfondo nero su di un lato mentre sul secondo vengono riportati antichi articoli d’epoca. Più precisamente l’intervista a Chain estratta da Metal Chaos numero 3 del 1986, due stralci da Rockerilla, rispettivamente dai numeri 74 e 75 sempre dell’86 e in chiusura la recensione di In The Darkness così come apparsa sul Mucchio Selvaggio numero 108, risalente al gennaio 1987. L’intera confezione digipak è poi alloggiata all’interno di una custodia in plastica rigida trasparente.

In The Darkness: nomen omen… Proprio così, perché il Dvd, in piena sintonia con il titolo dell’album, presenta un concerto sì affascinante ma avvolto dalle tenebre! Difficile stabilire se la scelta dipendesse solamente dalla band, per rendere ancor più ficcante il proprio doom-messaggio, piuttosto che dall’impianto luci del locale. Le riprese vennero effettuate, in modalità amatoriale, da una misteriosa ragazza, per il tramite di una telecamera posta alle spalle del pubblico e puntata al centro del palco, per poi finire nelle segrete di Marco Melzi della stessa Minotauro Records che finalmente s’è deciso a riversare tutto quanto su disco ottico, per la gioia dei numerosi estimatori. Nel 1986 la cosa che più interessava era catturare il momento, il mezzo con il quale lo si faceva spesso non disponeva delle caratteristiche ottimali per immortalare un concerto, nella fattispecie, e a risentirne era la qualità generale dell’operazione. Nonostante i limiti tecnici sopra elencati (benché la qualità dell’audio sia apprezzabile, va sottolineato), certo è che potersi godere, fra luci (poche) e ombre (tante) una “Chains Of Death” d’annata con Sanctis Ghoram alla voce, Chain all’ascia, Claud Galley al basso, Thomas Hand Chaste alla batteria e Laura Christ in veste di performer provoca antichi e mai sopiti pruriti, godimento assoluto per tutti i fan dei Death SS e del Violet Theatre. Per il resto della scaletta basti sapere che, oltre ad altre canzoni, sono ricomprese anche “Occultism” e “In The Darkness”

Per quanto afferente la recensione di In The Darkness su Cd si fa riferimento per buona parte a quella già pubblicata su questi schermi nel 2013: riguardo la musica contenuta in questo caposaldo del rock italico impossibile non sottolineare l’interpretazione vocale di Paul Chain in “Welcome to my Hell”, risalente al 1978, tanto malata da ricordare, idealmente e a tratti, un grande vocalist del proibito come Jim Morrison; sia chiaro, NON dopo una settimana ad acqua minerale, footing alle sei del mattino e nanna alle 21…

“Meat” mette in mostra l’accezione melodica del Dark sound dell’uomo venuto da Pesaro, con la Sua chitarra che si dimena in sottofondo. Il fatto che Chain non si sforzi di risultare particolarmente intonato conferisce al brano quel tasso in più di sinistro che vale oro in un disco come In the Darkness.

Un classico scroscio di pioggia non poteva di certo mancare, così come il suono di un organo da brivido. Il pezzo in esame è “War”, terzo brano del lotto, probabilmente il più affascinante dell’album, grazie alla forte connotazione gotica della quale gode. Non da meno un lamentoso Chain, la cui timbrica pare giungere direttamente dalla cripta più umida e lontana… altro che quelle colonne sonore horror dozzinali scritte a tavolino apparse in film di prim’ordine a livello di botteghino.

La vivace “Crazy” fa il verso all’Ozzy solista dei primi dischi e si arriva a “Grey Life”, canzone che gode di riffoni di classica marca Catena; la voce maligna e tremula di Sanctis Ghoram, addirittura più catacombale di quella dello stesso Paul, appioppa al brano quel quid di oscurità in più. La bella Milena Lanciaprima si occupa delle – invero poche – parti di violino e questa sarà la sua unica partecipazione musicalmente attiva all’interno dell’intera parabola artistica di Chain.

“Woman and Knife” del 1985, sempre con Piero Gori alla voce, si incanala anch’essa nelle pulsioni HM di quegli anni, mentre “Mortuary Hearse”, da buon carro funebre, passa alla storia per il finale da urlo – o meglio ancora da ululato – a opera dell’organo suonato da Chain. Alla voce ancora Ghoram. La title track, del 1979, è letteralmente un incubo tradotto in note sulla scia dell’imprescindibile lezione del Dark’N’Doom inglese dei Seventies, senza ombra di dubbio a segnare uno dei picchi dell’intero disco: grandi fendenti da parte della sei corde e grande bridge, il tutto supportato da un’interpretazione al limite della pazzia da parte di Paul, fra urla demoniache e sussurri da brividi lungo la schiena, a suggellare un viaggio dannato dalle tinte nere con striature viola lungo quarantacinque minuti abbondanti. Ultima nota generale riguardate l’album: come scritto pari-pari a chiare lettere all’interno, “la lingua cantata non è inglese, non esiste!”.

In the Darkness, come specificato a inizio recensione, oltre a costituire una milestone per la musica dura italiana, rappresenta il capitolo discografico centrale e probabilmente anche il migliore della carriera del Paul Chain Violet Theatre, che si chiuderà, quantomeno a livello di release, con il meno incisivo Opera 4Th, appena l’anno successivo, ossia il 1987, fra i rimpianti di molti.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

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