Recensione: Journey To Infinity

Di Francesco Sgrò - 22 Maggio 2013 - 9:00
Journey To Infinity
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Anno: 2013
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Con i Soul Of Steel, la lista dei gruppi dediti al Symphonic Power Metal tradizionale provenienti dall’Italia si arricchisce ancora di più.

Dopo aver pubblicato l’esordio, ”Destiny“ nel 2011, il combo tricolore da alle stampe proprio in questi giorni il secondo lavoro, intitolato “Journey To Infinity“ , sotto l’ala protettrice di Bakerteam Records.
Sebbene la Line-Up originale del gruppo abbia subito un cambiamento, registrando l’ingresso del bassista Dario Di Francesco a sostituire Vito Laghezza, in questi due anni la proposta del sestetto nostrano è rimasta inalterata, conservando tutti gli ingredienti tipici del genere, con tutto ciò che questo possa comportare nel bene e nel male.
“Journey To Infinity“ si presenta come l’ennesimo prodotto  molto ben confezionato, dell’ennesimo gruppo che ha fatto del Power Metal sinfonico la propria Bibbia.
Sontuose orchestrazioni e melodie ariose sono le parole d’ordine di un lavoro completato da un’ottima produzione e da un’efficace copertina sufficientemente suggestiva.
Si riconosce inoltre alla band, il merito di aver saputo svolgere il proprio compito in maniera esemplare: tecnicamente, infatti, i Soul Of Steel dimostrano di essere determinati e di saper suonare in modo perfetto.
Non mancano infine i contributi illustri: Olaf Thorsen in veste di produttore, l’onnipresente  Simone Mularoni (DGM) al mixer e Rob Tiranti ospite alla voce, sono elementi di assoluta qualità nell’assemblaggio di un album che si presenta nella forma di un articolato ed ambizioso concept.

Va tuttavia sottolineato come la macchia più grande dell’opera, sia proprio quella di riproporre all’infinito standard musicali certamente validi, ma altresì sperimentati e collaudati più e più volte da numerosi colleghi – connazionali ed internazionali.
Un elemento che purtroppo rende il lavoro un po’ prevedibile e meno interessante di quanto avrebbe potuto essere con un pizzico di personalità in più.

A provare quanto appena esposto ecco la strumentale “Aeternum Tormentum“, consueta intro tastieristica ed atmosferica che, puntuale come un orologio, crea uno sfondo piacevole ma scontato che nell’arco di pochi minuti cede il passo alla lunga “ Through The Gates Of Heaven“, come da copione, traccia che scatena un concentrato di purissimo Power Metal. Pregevole in verità, ma malauguratamente un po’ penalizzato dalla prova tutt’altro che entusiasmante del singer Gianni Valente.
 “Shadows Of The Past“ prosegue con coerenza il percorso del gruppo nostrano, rimanendo imperniata su una serie di riff  corposi, squarciati da buone aperture melodiche e cadenzate che si arricchiscono grazie al buon lavoro svolto dalle tastiere.

Le successive “Neverland“  e “Waiting For You“ risultano in verità ben strutturate, anche se incapaci di apportare innovazioni significative ad una proposta che rimane molto statica, come ulteriormente dimostrato dalla ballad “The Fallen Angel“, passaggio che può contare sul prezioso contributo di una suadente voce femminile utile nel rendere le ambientazioni molto poetiche e piacevoli.
L’album prosegue poi con la Title Track, dominata da un buon refrain, purtroppo penalizzato ancora dalla non eccezionale prova del vocalist, la cui timbrica forse, non risulta adeguata al genere che la band intende suonare.

Un vero peccato poiché, come già puntualizzato in apertura, il gruppo tricolore dimostra pienamente e senza esitazioni di possedere una notevole preparazione tecnica. Una caratteristica senza dubbio utile e motivo di vanto che, tuttavia, da sola non riesce a far decollare un lavoro per lunghi tratti piacevole – come dimostrato anche nelle tracce restanti – ma forse troppo prevedibile e scontato proprio a causa di un songwriting ancora scolastico e troppo legato agli standard del genere.

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