Recensione: Killection

Di Stefano Usardi - 31 Gennaio 2020 - 10:00
Killection
Band: Lordi
Etichetta: AFM Records
Genere: Hard Rock 
Anno: 2020
Nazione:
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73

Avevo abbandonato i Lordi dopo la pubblicazione di “Arockalypse”, nel 2006. Li ritrovo, quattordici anni dopo, con questo “Killection” (in uscita proprio oggi), decimo album da studio della band finlandese e primo col nuovo bassista, Hiisi. Il motivo del mio riavvicinamento è da ricercare essenzialmente nel presupposto alla base dell’album, che ha avuto il potere di incuriosirmi e intrigarmi al tempo stesso: cosa succederebbe se i Lordi avessero composto musica da molto prima della fondazione ufficiale, datata 1992? Una domanda a cui il mastermind del gruppo, Mr. Lordi, ha cercato di dare risposta, appunto, con questo “Killection”, che si pone come un immaginario “best of” degli anni oscuri del gruppo, quelli precedenti il 1992. L’idea è sicuramente simpatica e concede ai Lordi la possibilità di creare una compilation di ipotetici singoli provenienti da diversi periodi – racchiusi grossomodo nel ventennio che va dalla metà degli anni ‘70 ai primi ’90 – in cui i generi musicali allora in voga vengono rivisti sotto i filtri shock rock del mostruoso e variopinto quintetto. Per ricreare adeguatamente l’atmosfera di quegli anni, poi, i nostri hanno utilizzato una strumentazione coeva al periodo cui si rifacevano, ricorrendo infine a mezzi moderni solo durante il processo di mastering.

Quindici tracce (suddivise tra canzoni vere e proprie e simpatici intermezzi più o meno cialtroneschi in cui, tra una citazione cinematografica e l’altra, si sviluppa la solita storia di evocazione veicolata dai brani selezionati durante uno spettacolo radiofonico) per un’oretta scarsa complessiva, durante la quale è possibile imbattersi tanto in classiche canzoni heavy quanto in pezzi dal retrogusto bluesy o disco, passando infine per tracce che profumano di pop anni ’80 e canzoni tipicamente party rock in piena tradizione Lordi. Come sempre, i riferimenti musicali più evidenti dei nostri restano i Kiss (impossibile non notare l’omaggio di “Zombimbo” a una celebre canzone di Simmons e soci) ed Alice Cooper, col loro rock acrobatico fatto di melodie accattivanti e inni facilmente memorizzabili; il tutto condito da chitarre piene, una sezione ritmica funzionale e, naturalmente, il vocione ruvido di Mr. Lordi, che si diverte a infarcire i suoi tipici testi mostruosi col black humor a cui ci ha da tempo abituato. Stavolta, però, i Lordi aggiungono qualcosa alla solita ricetta: le possibilità offerte dalla compilation fittizia permettono infatti ai cinque finnici di mescolare alla loro materia prima anche una serie di spezie sonore meno scontate, per profumare le varie tracce con una serie di aromi suggestivi e al tempo stesso facilmente riconoscibili. Ecco quindi che echi di Led Zeppelin, Mercyful Fate, Black Sabbath e perfino dei nostrani Death SS fanno capolino di tanto in tanto, fondendosi alle possenti melodie create da chitarre e tastiere e contribuendo, così, a dar vita a un album divertente ma che, mi spiace dirlo, non riesce sempre a colpire a fondo. A scanso di equivoci: le canzoni sono solide, discretamente divertenti e in alcuni casi anche giustamente rocciose, create per sfruttare le doti teatrali del gruppo, ma cionondimeno non tutte graffiano come dovrebbero. In più di un’occasione, poi, il senso di deja vù è fin troppo presente, e sebbene questo non sia per forza di cose un difetto – oltre al fatto che possa trattarsi di una scelta ben precisa dovuta al concept di “Killection” – ciò che davvero toglie punti all’album è la carenza di quel mordente immediato e del carisma naturale che aveva caratterizzato una “Blood Red Sandman” o una “Devil is a Looser”, giusto per dirne due. L’idea della finta compilation, poi, è decisamente azzeccata e garantisce una notevole varietà alla scaletta, consentendo ai Lordi di sbizzarrirsi con alcune rinfrescanti deviazioni, ma è proprio il tiro delle canzoni che non è, a mio avviso, sempre ben calibrato, e questo produce un andamento complessivo un po’ altalenante tra pezzi riusciti (“Blow My Fuse” e “Evil”) ed altri francamente trascurabili (“Like a Bee to the Honey” e “Cutterfly”).

Ad ogni modo gli episodi positivi di “Killection” superano quelli deboli, per cui, a conti fatti, mi sento di dire che ci troviamo comunque di fronte a un lavoro piuttosto riuscito: la nuova fatica degli scavezzacollo finlandesi non sarà un capolavoro, d’accordo, ma di certo può dire la sua e tenere vivo il nome dei Lordi aggiungendo un altro mattone alla loro cospicua discografia. Un album divertente e senza pensieri, insomma, utile per fungere da colonna sonora durante una festa tra amici, ma niente di più.

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