Recensione: Kosturnice

Di Manuele Marconi - 6 Aprile 2021 - 14:24
Kosturnice
Band: The Stone
Genere: Black 
Anno: 2021
Nazione:
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67

“Chi è senza peccato scagli la prima pietra” diceva qualcuno, sicuramente qualcuno che conosceva i “The Stone”, e consapevole che una pietra intrisa di metallo nero slavo non poteva appartenere a gente con la coscienza pulita. I “The Stone” rappresentano uno dei nomi più longevi della scena black metal serba. La formazione nativa di Belgrado vide la luce nel 1996, originariamente con il nome “Stone to Flesh”, e con sotto quest’egida hanno pubblicato un demo intitolato “Unveiled Evil” nel 1998, prima di cambiare moniker della band in quello attuale nel 2001. “Kosturnice”, nono full lenght del gruppo, si presenta come un album abbastanza tradizionale, di 45 minuti scarsi di durata, ultimo atto di una carriera ormai più che ventennale. Il lavoro si apre con “Pramaglina”, buttando subito l’ascoltatore nella mischia, fra ritmi elevati e ottime linee melodiche delle chitarre. Buono inoltre il lavoro dietro le pelli, con un ottimo groove che si alterna alla chitarra nel bridge a metà brano. Sempre gradevole il contrasto fra le chitarre più cupe e quelle più taglienti (costante di tutto il pezzo) che introduce all’ascolto del disco perfettamente. “Engulfed by the Abyss” si distingue grazie ad un’ottima apertura thrashosa, d’impatto e ben eseguita, che trascina l’ascoltatore verso il brano vero e proprio di black più puro. L’intro thrash si ripresenta spesso: ritorno gradito anche perché accompagnata da una chitarra in sottofondo niente male, che rende il suono più completo. Altro episodio rimarchevole è “Jebeš pero, dodaj mač”, un pezzo (inizialmente) un po’ più ragionato che verso metà si sviluppa in maniera buona, sicuramente una traccia coinvolgente e ben condotta da tutti gli strumenti; varia, ben eseguita e che chiude degnamente il lavoro del quartetto di Belgrado. Il problema di fondo di questa release è che, tolte queste sezioni, sicuramente gradevoli ma non da salto sulla sedia, si respira una piattezza generale non da poco. Questo potrebbe forse incuriosire ad un primissimo ascolto: gli strumenti sono tutti suonati bene, la voce di Glad è sempre all’altezza e la produzione è perfettamente in linea con la proposta. Risulta però evidente nella fruizione dell’opera nel suo complesso, non solo una forte flessione compositiva che ha come apici l’opener e “Engulfed by the Abyss”, ma proprio in tutti i brani compresi in quest’intervallo anche una propensione allo svolgimento del classico “compitino”, che si traduce in composizioni molto scolastiche. Perciò attenzione, la qualità produttiva e dei musicisti non è scadente: latita la creatività. Per questa ragione nonostante episodi sicuramente positivi “Kosturnice” non può raggiungere vette di eccellenza, pur risultando un lavoro sufficiente: un complesso con una storia così ricca d’esperienza può fare molto di più.

 

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