Recensione: Länge Leve Döden

Di Alessandro Rinaldi - 18 Gennaio 2023 - 0:52
Länge Leve Döden
Band: Høstsol
Etichetta: Avantgarde Music
Genere: Black 
Anno: 2023
Nazione:
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85

“Holy shit, this is amazing!” è uno dei commenti che potrebbero sfuggire, ascoltando questo primo lavoro degli Høstsol, una band di recente formazione (2020), composta da Kvarforth alla voce, Cernunnus (Manes) alla chitarra, Kalmos (al basso) e Rainer Tuomikanto alla batteria.

Il quartetto scandinavo si attribuisce, a ragione, il titolo di “scandinavian black metal”, perché, oltre ad avere al suo interno membri di tutta la penisola scandinava, unisce le peculiarità del movimento nelle rispettive nazioni (Svezia, Norvegia e Finlandia). Anche la scelta del nome della band ricalca questo percorso, infatti Høstsol, in norvegese, vuol dire “sole d’autunno” e le tematiche affrontate ben si allineano a questo concetto: “Länge Leve Döden è la nostra monumentale celebrazione del Signore della Morte. Un perfetto allineamento di cinque canzoni che sono state scritte durante un processo terribile e malato durato due anni. Aspettatevi del black metal come si sentiva e come si suonava negli anni ’90!” Le intenzioni sono piuttosto ardimentose ma, va detto, che gli Høstsol, non sono affatto dei poser e  ci riescono benissimo.

L’artwork stesso è funereo, in linea con i dettami della band: di colore grigio fumo, è una rappresentazione old style (sembrerebbe quasi in bassorilievo), della morte dell’antagonista del black metal, Gesù Cristo. Nulla di più appropriato, considerato il retaggio dei nostri.

E poi c’è lei, la protagonista. La Musica. La struttura delle canzoni è la medesima per tutti e cinque i pezzi: una intro ed una outro con le tastiere, che allungano il brano, custodendone gelosamente il cuore, oscuro, nero. Perché l’arte – e dato il livello non potrebbe essere definita altrimenti, vista la caratura di questo Länge Leve Döden – degli Høstsol è proprio questa: il vero black metal degli anni ’90, un suono volutamente low-fi nella sezione elettrica, senza eccedere, strutture minimaliste e violente, oscure. E poi c’è l’aspetto romantico, perché ascoltandolo, potrà sembrare di trovare riferimenti ad un gruppo piuttosto che ad un altro.

Ma cosa rende quest’album un piccolo capolavoro? Due ingredienti, principalmente. Cernunnus è un vero maestro della sei corde, e dà quel “tocco di Norvegia” che fa scorrere indietro il tempo: la sua esperienza e la sua maestria ci consegnano dei riff diabolicamente e malinconicamente epici,  talvolta gelidi , a tratti schizofrenici, in perfetta “modalità black metal” ma sempre in grado di fornire all’ascoltatore delle sfumature, dei dettagli, che elevano il suo lavoro e gli consegnano le chiavi del successo di questo brillante esordio. Poi, indubbiamente, c’è la prestazione superlativa di Kvarforth nelle vesti di diabolico bardo: voce tagliente , incisiva e perfetta per la proposta musicale della band. La sezione ritmica è eccellente ed il basso non è poi così sacrificato, anzi, in Länge leve den ansiktslöse mördaren, la gemma più splendente del disco, diventa protagonista, in una sezione musicale da brividi.

Länge Leve Döden è un album potente ed evocativo, romantico e cattivo, curato nel suono ma non troppo – il tanto che serve per dargli un sapore più “true” possibile – una stella, rigorosamente capovolta, a cinque punte.

Gli Høstsol hanno fatto il loro esordio, e adesso sono chiamati alla prova più difficile: ovvero la riconferma.

Bravi. Anzi, di più: bravissimi.

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