Recensione: L’enigma della vita

Di Edoardo Turati - 1 Ottobre 2020 - 11:58
L’enigma della vita
Band: Logos
Etichetta: Andromeda Relix
Genere: Progressive 
Anno: 2014
Nazione:
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78

Se c’è un momento in cui la musica italiana ha davvero contato qualcosa nel panorama mondiale è stato sicuramente nei meravigliosi anni ’70, momento storico di cambiamenti, di rivoluzione, di ribellione al conformismo, di contestazione e soprattutto di libera espressione. E in quegli anni la massima libertà di espressione trovava il suo apice nella musica. Ovunque si respirava un’aria creativa per cui chiunque prendeva in mano una chitarra scalcinata e scriveva due mezze idee creava qualcosa di unico, soprattutto nel messaggio proposto, perché, come diceva Andy Warhol, «Più che fare, conta comunicare». Non si aveva la consapevolezza di quello che stava avvenendo, veniva vissuto tutto in un regime di assoluta normalità. Per capire meglio, ascoltate su Youtube il presentatore che introduce il brano degli Osanna “L’uomo” (1971), li definisce come gruppo pop, per l’esattezza pop napoletano! Questo rende bene l’idea di come quel periodo nella sua genuinità fosse un periodo magico, in cui una forza misteriosa muoveva ogni ingranaggio e dava vita a gruppi rimasti immortali.

Quella corrente in realtà non è mai finita, ancora oggi c’è un substrato di band soprattutto nell’underground del nostro Paese che innamorata di quel periodo unico riesce a dare continuità (ovviamente in chiave moderna) a un genere musicale senza fine. I Logos fanno parte di questa nuova generazione e la loro proposta musicale è naturalmente aderente ai gruppi che hanno fatto storia, su tutti Banco del Mutuo Soccorso, PFM e il Balletto di Bronzo, o, come scrivono gli stessi Logos nella propria biografia (avendo sonorità più heavy), ai King Crimson degli anni ’90.

I primi due dischi dei Logos a dire il vero risalgono al 1999 e al 2001, poi una pausa di ben 13 anni in cui si sono susseguiti numerosi cambi di line-up e una serie di live, soprattutto in quel di Verona, città in cui si sono formati. Questo tempo ha permesso alla band di trovare un’etichetta, si accasano infatti con la Andromeda Relix, ma soprattutto una propria stabilità a livello di formazione che permette loro di affinare le proprie abilità compositive per dare vita al concept ambizioso che stiamo provando a raccontarvi.

L’Enigma della vita è per i Logos il terzo disco, quello solitamente della maturità e da subito possiamo dirvi che sia nella musica che nei testi molto profondi il traguardo è stato raggiunto. Già a uno sguardo veloce della tracklist ci si accorge subito (anche dalla lunghezza dei pezzi) che sono presenti tutti i canoni di un disco prog-rock, inoltre, come spesso accade, siamo dinnanzi a un concept, o se preferite in questo caso a una grande domanda: perché esistiamo? Da qui il titolo stesso del disco, Lenigma della vita, in cui i Logos provano in “soli” 76 minuti e 2 secondi a dare una risposta ad un mistero che risale all’alba del protozoico. Lo spazio musicale è occupato in modo omogeneo da ogni strumento, senza prevaricazioni o individualismi esacerbati, e questo dà al tutto un equilibrio ma soprattutto si riesce a respirare quella sana libertà compositiva, quasi al limite dell’improvvisazione, che abbiamo tanto amato nel prog. rock settantiano.

Apre il disco la intro strumentale “Antifona” con un tappeto di organo in cui si diramano assoli floydiani e quando entra la batteria per inerzia ci troviamo già nel secondo pezzo “Venivo da un lungo sonno” in cui la musica cresce progressivamente come a volerci destare da un sonno onirico privo di vita. Poco spazio alle parole, siamo solo al risveglio. Un bel pezzo in cui l’immancabile hammond e la chitarra elettrica si avvicendano in un’atmosfera pastorale che suona molto PFM. Come in una trama continua ci troviamo subito immersi “In Fuga” che prosegue naturalmente il viaggio musicale e personale dell’Uomo con un bel ritmo e un mellotron sempre dominante e aderente all’incedere del protagonista. È una meravigliosa traccia di poco meno di 6 minuti che evidenzia la straordinaria destrezza di Logos… e siamo solo all’inizio dell’album! L’immersione nel momento magico, tuttavia, è totale. Dopo una bella cavalcata è il momento di riflettere con “Alla Fine Dell’Ultimo Capitolo”. Sembra di ascoltare un pezzo del Banco del Mutuo Soccosro con domande esistenziali in cui si avverte un certo senso di solitudine, vagando per la città vuota in cerca di noi stessi o della nostra stessa opalescenza. Chiudono il brano delle mete linee vocali e il mellotron, sfumando un ricordo perso altrove. Non c’è tempo però per capire perché ci troviamo esattamente qui, perché la strumentale “N.A.S.” dura e distorta ci riporta nel caos dell’esistenza: le chitarre duellano incessanti con l’organo, con un ostinato di batteria-basso molto incalzante che non può non rimandare effettivamente alla band di Robert Fripp. E nonostante sia un pezzo strumentale di quasi 8 minuti i Logos riescono a mantenere sempre alta l’attenzione dell’ascoltatore con ottimi cambi di tempo e una buona varietà di strumenti utilizzati (synth su tutti nel finale). Con la seguente “L’Enigma della Vita” la band torna su lidi più prog. rock per raggiungere l’alba dell’esistenza dove cercare risposte tra scontri di molecole, combinazioni casuali di atomi e turbinii di polvere procreativa. “In Principio” è un pezzo che vede messa in discussione l’esistenza dell’universo stesso, il pezzo più lungo del disco, un tour de force di 11 minuti in cui si susseguono momenti forti e momenti meditativi. A livello musicale, un arpeggio acustico di chitarra e un organo synth, che cadono come pioggia lungo tutto il brano, accompagnano la voce malinconica di Luca Zerman. Vari richiami alla creazione della Genesi permettono inoltre l’innesto di strumenti che creano assonanze con richiami da uccelli e il fluire di corsi d’acqua cristallina.

Completamente Estranei” si discosta leggermente dalle tematiche del concept, non a livello musicale (perché il sound rimane coerente con quanto proposto fino a questo momento dai Logos), semmai a livello di liriche: si fatica infatti a ricondurre il testo del brano al concept esistenziale. Si torna in carreggiata con “In Quale Luogo Si Fermò Il Mio Tempo”, che vede un meraviglioso intro di pianoforte, struggente e carico di pathos che fa volare l’anima lasciandoci tutto lo spazio e il tempo di cui abbiamo bisogno per le nostre regressioni interiori. Ci avviamo verso la fine e tocca a “Pioggia in Campagna” riportarci in un ambiente bucolico dove le orchestrazioni si intrecciano per oltre 10 minuti e i Logos danno nuovamente sfogo al loro estro, partendo dolcemente con una chitarra “morbidissima” che man mano lascia spazio a sfuriate di tastiera, appesantendo il sound e inondandoci di percezioni e suoni in un saliscendi di momenti più e meno intensi che danno vivacità e varietà al pezzo. Chiude il concept “Il Rumore dell’Aria” un outro di quasi 3 minuti in cui suoni cupi e gocce pesanti accompagnano una voce narrante eterea che lascia l’ascoltatore libero di trarre le proprie conclusioni.

Già, perché i Logos non si sono mai arrogati il diritto di spiegare l’Enigma della Vita. Ci hanno narrato la loro esperienza attraverso sensazioni, pensieri, sogni, ricordi. E forse alla fine è proprio questo quello che vogliono dirci, è tutto come in un grande sogno, tutto rimane appeso tra realtà e inconscio, sta a noi decidere come e quando svegliarci e aprire i nostri occhi alla verità. Alla fine del viaggio ci ritroviamo ancora con tante domande, ma la certezza di aver ascoltato un gran bel disco, suonato con perizia, che spesso ci ha fatto tornare nel meraviglioso mondo del prog-rock più puro che tanto amiamo. E, a pensarci bene, se non è proprio il segreto della vita, la musica nella sua essenza ci va vicino.

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