Recensione: Let Battle Commence

Di Eugenio Giordano - 9 Ottobre 2003 - 0:00
Let Battle Commence
Band: DoomSword
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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90

Questo “Let Battle Commence” rappresenta il terzo capitolo della storia artistica dei nostrani DoomSword diventati ormai una vera band di culto per tutti gli amanti dell’epic metal più ortodosso, le aspettative nei confronti di questo platter sono giustamente altissime visto quanto di buono il gruppo ha prodotto in passato. Posso subito affermare che il gruppo non si è spostato dalle sue radici e dal suo sound inconfondibile rimanendo ancorato con decisione alla causa del metal epico e drammatico, dalle tinte oscure e complesse, cercando di perfezionare i dettagli sonori e stilistici con l’obiettivo di una evoluzione coerente e credibile. Sotto questo aspetto bisogna osservare la produzione di questo “Let Battle Commence” che senza dubbio supera sotto il profilo tecnico entrambe le precedenti prove discografiche dei nostri. I DoomSword sono riusciti a generare un suono potentissimo e granitico delle chitarre che vengono poste come asse centrale nell’architettura di ogni singola traccia del nuovo disco, a questa caratteristica si unisce una sezione ritmica possente e spesso cadenzata che dipinge un alone oscuro all’interno delle atmosfere epiche e tipicamente doom dei brani. Su questo fondamento strumentale vengono disegnate le linee vocali dell’ormai inconfondibile Deathmaster diventato con la sua timbrica inimitabile il marchio distintivo del gruppo. Sotto il profilo lirico i DoomSword si affidano, come tradizione, alle vicende storiche dei popoli Vichinghi narrando, in un elaborato concept, la cronaca dell’invasione danese sul suolo britannico, sotto la guida di Ivar “il senza ossa”, e la presa di York (vi rimando alle note in coda alla recensione per maggiori dettagli).

Il disco si apre con “Heathen Assault” un brano molto elaborato e ambizioso, dopo una breve introduzione acustica molto evocativa ecco irromprere le chitarre in una ritmica marziale e poderosa che procede inesorabile sostenendo il cantato, l’atmosfera immediatamente diventa epica e trascinante, l’ascoltatore è letteralmente proiettato tra le fila vichinghe alla conquista delle costre inglesi. Già da questo incipit si coglie la notevole chiarezza di idee che ha caratterizzato la composizione del disco, sebbene lunghe e articolate le composizioni di “Let Battle Commence” non risultano mai prolisse o ripetitive, mantenendoti incollato alle cuffie per cinquanta minuti. La seconda “In The Battlefield” è drammatica e oscura, si percepisce distintamente un appeal malvagio e sanguinario, ancora una volta è un riffing oscuro, epico e inarrestabile a sostenere tutta l’impalcatura del brano, tra l’echeggiare dei corni in lontananza, il rumore delle spade e l’energia del gruppo sembra di essere lì in mezzo alla carneficina, incredibile. A mio avviso la migliore del platter “Woden’s Reign” possiede un refrain del ritornello assolutamente irresistibile e devastante, ottima e ispirata la sezione ritmica del gruppo riesce a rendere dinamico e fluido ogni passaggio di questo brano, qui i DoomSword si dimostrano estremamente epici. Oscura e marziale “Deathbringer” mantiene tutta la potenza frontale delle precedenti ma è tersa maggiormente di tenebra, il brano vede nell’interpretazione vocale di Deathmaster la perfetta espressione di questo sentimento malefico, puramente doom. Alle porte di York le armate danesi intonarono “The Siege” mentre assaltavano le mura della città, il refrain di questo brano è riuscitissimo, esplode nel grido: “spear down the walls!”, questa canzone sprigiona potenza da ogni solco, è un inno di battaglia senza compromessi. Con “Blood Eagle” i DoomSword narrano del rito dell’aquila di sangue, descritto nelle note sotto, e il disco si tinge ancora del colore rosso del sangue, la sezione ritmica inarrestabile e le tinte oscure delle strofe sono l’arma vincente del brano, come succedeva nelle precedenti tracce. Il disco si chiude con “My Name Will Live On” con i suoi quasi dieci minuti di energia metallica integerrima, il gruppo sforna un monolito di metallo epico che procede inarrestabile grazie a strutture ritmiche frontali e coinvolgenti, il brano si trasforma così in un tributo al coraggio e al valore dei guerrieri danesi ormai sconfitti. In conclusione posso assolutamente sostenere che questo “Let Battle Commence” rappresenta la miglior prova discografica della carriera dei DoomSword, si tratta di un disco che ogni metallaro vero amerà alla follia.

TRACKLIST:

1 Heathen Assault
2 In The Battlefield
3 Woden’s Reign
4 Deathbringer
5 The Siege
6 Blood Eagle
7 My Name Will Live On

La vicenda storica (a cura di Eugenio Giordano): Ivar “il senza ossa” nacque in un luogo mai stabilito con precisione dagli storici in Danimarca nell’anno 794 d.C. il padre era Ragnar Lodgrok sovrano vichingo della Danimarca e della Svezia meridionale e per quanto incerte le maggiori fonti storiche indicano in Aslanga la madre del ragazzo. Ivar fu il primo di quattro fratelli maschi Ubbi, Halfdan “dal grande abbraccio” e Bjorn Ironside con i quali forse non condivise la maternità, ma solo la parentela paterna. Sotto la corona di Ragnar Lodgrok i vichinghi si spinsero nei primi anni del IX secolo al saccheggio delle coste orientali dell’Inghilterra e alla distruzione di molti villaggi costieri nei pressi di monasteri, abbazie ed edifici sacri ricchi di bottino, la strategia d’assalto di questo popolo si basava su improvvise incursioni di navi leggere poco armate e molto numerose che sbarcavano decine di guerrirei armati con spade e scudi circolari, raramente difesi da armature ma spesso accompagnati da elmi pesanti.

Così nel 793 d.C. gli uomini di Ragnar Lodgrok colpirono i monasteri di Lindisfarne e Jarrow scatenando una eco terrificante nell’Europa cattolica ormai conscia della minaccia pagana che veniva da nord sotto le insegne vichinghe. Nel 840 d.C. cade Dublino e buona parte dell’ Irlanda entra in mani vichinghe, quattro anni dopo i nostri colpiscono Siviglia e la Spagna causando numerose vittime, mentre nel 845 d.C. Ragnar Lodgrok con la sua flotta risale la Senna e mette sotto assedio Parigi, sembra che l’Europa cattolica sia condannata a cadere sotto l’ascia delle armate danesi. Nel 850 d.C. si hanno le testimonianze di una larga invasione del Kent e della formazione di una colonia vichinga in Inghilterra meridionale, solo nel 856 Ivar “il senza ossa” ascende al trono di Irlanda e pone la sua capitale a Dublino fondando un regno vichingo in questa regione. Al fianco del fratello Halfdan, Ivar nel 865 muove la sua flotta verso le coste inglesi dell’East Anglia con l’intento di posizionare in quella sede una colonia stabile, secondo le Cronache Anglo Sassoni nel 866 “una grande e numerosa armata venne dalle terre dell’East Anglia e si trattava di una armata scandinava a cavallo”. Trascorso l’inverno in East Anglia Ivar si mosse verso nord alla volta di York, la città all’epoca era la capitale del regnio di Northumbria e per molti anni la popolazione di questo regno aveva conosciuto la guerra civile tra il Re Osbert e il suo rivale Aelle che nel 866 non si era ancora conclusa. A scapito di quanto narrato dai Doomsword l’assedio alla città di York si risolse in breve e con il minimo sforzo bellico, il 1 Novembre 866 York cade in mano vichinga, la città passò nelle mani di Halfdan che la scisse dal resto della Northumbria e ne fece la capitale di un nuovo regno ribattezzandola Jorvik, gli scandinavi posero in questa sede un fiorente scalo fluviale e passarono ad una economia di scambio e mercato ponendo le basi per una duratura pacificazione dell’area. La città di York venne fortificata e le cinta murarie vennero estese e ampliate dai vichinghi, furono costrueite molte strade e ponti, il 21 Marzo 867 le forze riunite del regno di Northumbria attaccarono York per riconquistarla, ma fallirono, a quanto riportato dalle fonti britanniche Ivar uccise personalmente sia Re Osbert che l’antagonista Aelle.

A questo punto, anche se omesso dalla storiografia britannica, a Ivar “il senza ossa” sono riferiti i versi del menestrello scandinavo tradotto: “An Ivarr who ruled at Jarvik, cut an eagle on the back of Aella” in riferimento a un rituale già applicato dal condottiero Blathmac ai danni di Iona nel 826. Si tratta dell’estrazione delle costrole del nemico Aella a formare due ali simili a quelle di un’ aquila sulla sua schiena. Ivar sottoporrà alla stesso macabro rituale anche lo sventurato sovrano Edmund della East Anglia nel 869 d.C. Naturalmente queste notizie si portarono dietro una eco tremenda appena apprese nel resto dell’Europa cattolica. La storiografia britannica riguardo Ivar “il senza ossa” si interrompe fino al 871 d.C. quando viene riportata la vicenda della battaglia di Ashdown nel Wessex dove Re Ethelread 1 e suo fratello Alfred anientarono il contingente danese facendo strage di nemici invasori e, a quanto riportato, “lasciando ricoperti di cadaveri i campi delle colline di Berkshire” e riconquistando il trono del Wessex. Sempre nel 871 d.C. Ivar e il nuovo alleato Olaf “il bianco” si trovavano nella fortificazione del porto di Dublino, erano entrambi sovrani di stirpe vichinga danese, a Olaf sono attribuite diverse scorrerie nelle Pictlands meridionali dove pare rapì anche dei nobili locali per ottenere laudi riscatti. Olaf “il bianco” giunse in Irlanda nel 853 d.C. Cominciò così l’invasione vichinga della Scozia, da Dublino i vichinghi colpirono la strategica fortezza di Dumbarton con forze massicce, la città era la capitale della regione del Strathclyde e per prenderla ci vollero quattro mesi. Ivar e Olaf fecero grosse scorrerie nell’entroterra scozzese facendo prigionieri tra i celti e i britannici che poi venivano rivenduti sul suolo irlandese. Rientrato a Dublino Ivar nel 872 d.C. alla età di quasi 79 anni si spegne per cause naturali, il fratello riconquisterà una grossa fetta del Wessex e la discendenza di Ivar si insedierà sul trono di Norvegia, ma quello che risulta ancora più importante è la conquista scandinava della Mercia fino all’occupazione di Londra avvenuta a soli due anni dalla morte del grande sovrano vichingo.

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