Recensione: Live in Deutschland 2002

Di AmoK - 2 Luglio 2003 - 0:00
Live in Deutschland 2002
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Genere:
Anno: 2003
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80

Strappiamo il biglietto, prendiamo posto nella nostra comoda poltroncina e diamo l’inizio all’ascolto. Siamo di fronte alla seconda prova live della band statunitense a 7 anni di distanza dalla precedente, questa volta il risultato è un doppio cd da ben 127 minuti dove vengono proposti brani tratti esclusivamente dagli ultimi 3 album (Legend I, II, III:I). La scelta non è casuale, infatti i Saviour Machine nei loro ultimi 3 lavori hanno creato un unico concept sull’apocalisse che trova il suo giusto epilogo in questa trasposizione live ai confini del teatrale.

Per una maggiore resa e maggior profondità la band e’ supportata da 7 coristi e da un quartetto d’archi. Diamo il via all’ascolto ed ecco che subito siamo calati in una cupa atmosfera che sarà guida in tutto il concerto, e le pesanti parole di “A Profecy” paiono un monito all’ignaro ascoltatore; la seguente “The Eye Of The Storm” dà il via alle danze mettendo subito in chiaro le ritmiche cadenzate e tambureggianti e le linee di chitarra che a volte si rifanno ad un lontano oriente (“The Great Babylon”) mentre a volte intervengono con un potente e cadenzato riff di sustain per sottolineare le parti più dure. La possente voce di E. Clayton è subito sugli scudi e il fido N. VanHala tesse pompose melodie ricreando perfettamente le atmosfere di una incombente fine del mondo, ma anche accarezzando i tasti con una dolceza angelica.

Il primo cd abbraccia il primo e il secondo Legend che sono anche i più ostici ed intricati, non potrete comunque rimanere insensibili di fronte alla struggente “The Night” e alla pesante “Behold A Pale Horse”‘. La voce di Clayton vi avvolgerà e vi saprà trasportare: a volte e’ un terribile monito per i peccatori…. poi improvvisamente diventa come una carezza lieve, quasi a portar sollievo alle anime dei giusti. Dopo un attimo di fiato passiamo al secondo CD dove “The Dead Sea” ci introduce alla terza ed ultima parte dei Legend: le musiche sono più lineari, le ritmiche più presenti e il tutto non può che giovare alla mente dell’ascoltatore già provato dalla prima parte. Stesse atmosfere, stessa pesantezza ma (a mio parere) il secondo cd contiene le perle piu’ preziose… “The Ancient Serpent”, “The Locust” (addirittura da headbanging!!) fino a “The Lamb”.

La prova si conclude con il loro cavallo di battaglia “American Babylon”, unica traccia di vecchia memoria (SM II) in un crescendo epico e tormentato. Ottima la produzione che sottolinea perfettamente ogni singolo passaggio, ultimo suggello di una grande opera. Passiamo alle note dolenti: il genere non è assolutamente immediato e facile e tutto l’ascolto metterà a durissima prova la concentrazione anche del più accanito fan, il booklet è poco curato lasciando troppo all’immaginazione e infine l’assenza dei testi rende impossibile seguire attentamente ogni pezzo e soprattutto impedisce di comprenderne appieno la bellezza e la profondità. Concludendo consiglio a tutti di ascoltare questa meritevole ma, ahimè, poco supportata band: pezzo da avere per gli ascoltatori già avvezzi al genere, per i neofiti forse e’ il caso di avvicinarsi con il live precedente.

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