Recensione: Magic

Di Roberto Gelmi - 25 Agosto 2017 - 10:00
Magic
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2017
Nazione:
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70

Terzo disco in studio per i teutonici Serious Black, che cavalcano il successo del buon debut album con Roland Grapow e il successivo, più melodico, Mirrorworld. Per restare fedeli al proprio moniker fantasy, questa volta l’intento dei nostri è quello di proporre un concept incentrato sulla figura di un misterioso mago, Mr. Nightmist, nelle cui vesti si è calato il vocalist Urban breed. Di mezzo c’è un amore per una bellissima strega che viene arsa sul rogo dagli abitanti di Caldwell Town e scaglia un’immancabile maledizione sugli stessi, i quali dovranno rivolgersi proprio a Nighmist per trovarne scampo. A voi scoprire il finale, basti sapere che l’album porta con sé il messaggio che il passato non sempre è un fardello dal peso leggero.
Tinte, dunque, tra il gotico e l’onirico, ma senza alcuna concessione a un sound cupo, i SB non sono i Cradle of Filth! L’artwork e il concept rimandano, poi, a film come The Illusionist e il magnifico The Prestige di Cristopher Nolan, ma senza riferimenti alla Storia o innesti fantascientifici.

Anticipiamo subito che Magic suona più vicino a Mirrorworld che al full-length del 2015: meno doppia cassa, refrain vicini a lidi AOR e il valore aggiunto (ma troppo centellinato) delle tastiere di Jan Vacik, che contribuiscono a ricreare a tratti sonorità vicine a quelle degli ultimi Stratovarius. La scaletta prevede 14 pezzi brevi, tuttavia non mancano i filler vediamo perché.

Un minuto di intro e “Binary Magic” apre le danze con un tiro melodico niente male, ma il pezzo non decolla mai, niente falsetto “epico”, niente aggressività, assenti assoli di rilievo. Sembra che i SB suonino con il freno a mano inserito e non basta la doppia cassa di Holzwarth (siamo pur sempre su un treno!) e un rerfain catchy per partire con il piede giusto. Più Helloween che Freedom Call all’avvio di “Burn! Witches Burn!”, brano che dovrebbe rendere la drammatica fine violenta di Maria Merian, l’amata del protagonista Nightmist. In realtà la musica scorre senza particolare mordente, manca un vero guizzo teatrale, non è sufficiente (no, non funzionano così le cose) un sample con una voce femminile che scaglia una maledizione qualunque.
Finalmente compaiono timidamente le tastiere di Jan Vacik nella seguente “Lone Gunman Rule”. Mr. Nightmist vorrebbe vendicarsi per la morte di Maria in modo altrettanto violento, ma la madre della strega lo persuade e il main-character decide così di lasciare la città. La song scorre piacevole, ma non lascia molto all’ascoltatore, giusto un assolo passabile e la solita ricerca melodica.
Il disco si risolleva in parte con “Now You’ll Never Know”, complice un ritornello più caldo e alcune seconde voci (sempre di breed) azzeccate. “I Can Do Magic” parla del potere via via acquisito da Mr Nightmist, che si allena collezionando lost souls in far corners of the world. Un pezzo discreto, appena più deciso rispetto ai precedenti. A metà platter è la volta di “Serious Black Magic”, hit dall’incipit scenografico, scelta non a caso per un videoclip. Il refrain è magnetico e il sound si adegua finalmente alla trama fantasy, che nel frattempo trova Caldwell Town assediata dal caos per via della maledizione stregonesca. Siamo al momento più oscuro del concept: “Skeletons on Parade” vede ingigantirsi il potere della rediviva Miss Merian. Da apprezzare gl’innesti heavy delle chitarre, ma anche l’assolo di tastiera nella seconda parte del pezzo, che non ha niente da invidiare agli Stratovarius. Pollice alzato, dunque, altro pezzo convincente. Ritroviamo influssi finnici anche in “Mr. Nightmist”, narrante il ritorno in città del protagonista come eroe salvatore. Che dire poi dell’attacco speed di “The Witch of Caldwell Town”? Sembra proprio che l’album migliori via via nello scorrere della scaletta. Non andiamo oltre nella spiegazione del concept, di qui in poi la vicenda prosegue in una dimensione sospesa tra aldiquà e aldilà tutta da scoprire.
Limitandoci all’aspetto musicale, gli ultimi quattro brani non spiccano per icasticità. “True Love Is Blind” è giusto un filler, stesso discorso per “Just Kill Me” (ma perché il titolo è tronco?); “Newfound Freedom”, invece, strappa qualche sorriso, vuoi per le tinte vicine ai più volte citati Stratovarius post-Tolkki, vuoi per un acuto finale stellare. Tutto si chiude con “One Final Song”, strana ballad che inizia fatata con parti di violino, poi assume accenti teatrali, infine termina riprendendo il leitmotiv iniziale del disco. Mr Nighmist è di nuovo in viaggio, chissà se lo ritroveremo nei prossimi album dei SB…    

L’ora di ascolto è passata, possiamo dirci soddisfatti solo in parte. Magic è un album coeso, scorre piacevolmente, ma non gode di grande longevità. Migliori brani si rivelano “Now You’ll Never Know”, “Skeletons on Parade”, “Mr Nightmist”, “The Witch of Caldwell Town” e “Newfound Freedom”. Manca una vera hit con ritornelli ficcanti (vedasi “This Machine Is Broken”) le tastiere non son valorizzate a dovere, gli assoli di chitarra poco presenti. Il tema del concept, lo ribadiamo, non è proprio del sound caro ai SB, i Vanden Plas avrebbero saputo interpretarlo in modo migliore. I nostri avrebbero dovuto puntare su una vicenda fantasy meno ambiziosa. Vorremmo che i Serious Black ritrovassero la grinta del primo album e si spendessero in liriche dai toni più solari in futuro. Magic sa di full-length preparato troppo corrivamente, ben confezionato ma fragile dal punto di vista dei contenuti.

Nota
L’album è disponibile anche in un’edizione limitata Digipak contenente il bonus CD “Live In Atlanta”, oltre che in vinile. Per chi volesse vedere la band all’opera, a settembre i SB saranno al Legend club di Milano.

Roberto Gelmi (Sc. Rhadamanthys)

 

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