Recensione: Marilyn

Di Mauro Gelsomini - 26 Settembre 2011 - 0:00
Marilyn
Band: Saracen
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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90

Sulle scene fin dalla metà degli anni settanta, i Saracen (il monicker risale agli inizi degli ’80) sono da sempre una band di culto.
Vuoi per una produzione discografica tutt’altro che costante – quattro album dal 1982 al 1984, poi nulla fino al 2003, vuoi per la costanza ad alimentare un mito costruito su un sound che parte sì dalla NWOBHM imperante in quegli anni, ma che si impreziosisce di vocals evocative, cori ai limiti dell’AOR, liriche epicheggianti e tastieroni pomp.

La formazione attuale è totalmente stravolta rispetto al debut “No More Lonely Nights“, e il songwriting è molto distante da quello degli inizi, come pure, in un certo senso, il genere proposto dai Saracen targati 2011. La Escape Music aveva già tentato di riportare la band alla ribalta nel 2003, producendo lo split “Red Sky / Heroes, Saints and Fools“, contenente i successi dei primi album, ri-registrati e soprattutto riarrangiati in chiave marcatamente AOR, riuscendo allo stesso tempo a non sminuire l’Heavy Metal epico e travolgente. Nel 2006 usciva sempre per la stessa label l’inedito (per metà dei brani) “Vox In Excelso“, ancora heavy tradizionale misto a hard pomp e prog rock.

Abbandonate oggi le tematiche epiche di templari et similia, abusatissime peraltro, i nostri abbandonano in larga parte anche i suoni più guerreschi e metallici, sfidando in un certo senso i fan e gli addetti ai lavori con un album molto raffinato, un concept che a sorpresa è incentrato sulla vita dell’ultima vera icona di Hollywood, Marilyn Monroe, denotando particolare interesse per i lati più oscuri delle vicende dell’attrice, vale a dire i problemi psicologici che portarono alla sua prematura scomparsa all’età di soli trentasei anni.
L’artwork di copertina, tuttavia, non contribuisce all’effetto sorpresa, anzi, potrebbe sviare i più.
E’ nuovissimo per i Saracen anche il canovaccio melodico e interpretativo, visto che ben cinque brani sono affidati alla voce di Robin Beck, protagonista nel ruolo di Marilyn, e già avvezza alle sonorità più delicate, ma anche il songwriting si fa intraprendente, con l’aggiunta di arrangiamenti di gran classe – leggi il suadente sassofono di Snake Davis (Eurythmics, M People).
Altri due guest d’eccezione impreziosiscono questo lavoro: si tratta della singer norvegese Issa, di cui abbiamo già apprezzato il debut Sign Of Angels, lo scorso anno, e il grande Steve Overland (FM).
Essenzialmente vicino all’idea di concept album dei Savatage, “Marilyn” si apre con un vociare di bambini che fa da sottofondo all’opener “The Girl: Norma Jeane“, un’intro strumentale interamente guidata dal sax solista di Snake Davis, al contempo sognante e nostalgico di soluzioni (chi ha detto Spandau Ballet?) vecchie di trent’anni.
Finalmente si rompono gli indugi con “The Orphan: Whither the Wind Blows“, incalzante ed epica power ballad dalla coralità tutta AOR, in una delle poche song in cui il frontman Steve Betteney agisce da voce solista, presentando il tema del disagio della Monroe e, in qualche modo, gli interpreti che si avvicenderanno dietro il microfono: la prima ad entrare in scena è Issa, in “The Dreamer: Hold On“, che riprende melodicamente il brano precedente e si fregia di un altro accattivante solo di sax.
Il primo vero highlight del disco è decisamente “The Model: Make This Body Work“, up-tempo hard rock/AOR con una Robin Beck in forma strepitosa, interprete ideale del climax artistico della diva ben rappresentato dalle liriche di questo brano.
La decadenza è accennata in “The Actress: Who Am I“, in cui la Beck duetta con Steve Overland ricordando a tratti omologhe accoppiate targate Trans-Siberian Orchestra. Il brano si mantiene sul mood da mille e una notte, per poi sterzare marcatamente verso un avvolgente hard rock a metà pezzo.
The Wife: Love Like A Razorblade” inizia a disegnare la curva discendente della parabola Monroe, con una prestazione raffinatissima alla chitarra da parte di Rob Bendelow, non soltanto accompagnatrice ma protagonista per tutto il brano con linee blues che ben sostengono la voce di Betteney in un’altra bella ballad.
L’Heavy Metal propriamente detto fa capolino solo quando il lettore segna “sette” sul display, ovvero quando a girare è “The Patient: Break the Spell“: qualche nostalgia NWOBHM, intenti guerreschi ed epicità a profusione, da rileggere in chiave pomp rock / art rock soprattutto alla luce della successiva “The Mistress: Not For Sure“, che nelle atmosfere ci ha ricordato addirittura i Magnum, grazie agli strumenti acustici arrangiati in maniera sopraffina e ben amalgamati sia alle tastiere AOR di Paul Bradder, sia alla voce di Robin Beck.
Ancora Robin, ancora una ballatona: “The Forsaken: Feel Like Going Home” è struggente, disperata. Il merito, manco a dirlo, è tutto della cantante statunitense.
Si torna a correre con “The Witness: Unfinished Life“, introdotta dal famoso discorso di J.F.Kennedy alla Convention Democratica del 1960, con l’heavy arrembante dei bei tempi a raccontare l’ultimo ruggito della “leonessa”, anche se la linea vocale desta qualche perplessità non tanto esecutiva quanto compositiva.
Il gran finale è tutto suo, Robin Beck “as” Marilyn Monroe: la titletrack corona degnamente un concept sentito e interpretato in maniera stratosferica; grandiose le liriche scritte a quattro mani dal bassista Richard Bendelow e la new-comer Karensa Kerr, devastante il chorus.

Cercando di mettere per un istante da parte le emozioni che Marilyn è stato in grado di suscitare nel susseguirsi degli ascolti, dobbiamo ahinoi rimarcare due aspetti fondamentali. Il primo è relativo allo stravolgimento lirico cui a primo impatto il sound epico dei primi Saracen poco si confa’, e che potrebbe lasciare interdetti i fan di vecchia data. Il secondo, e più importante, riguarda il ruolo fondamentale – e non certo di “ospite” – giocato da Robin Beck, che avrebbe sicuramente giustificato la paternità, la comproprietà, o quantomeno una sua citazione nel monicker, e che sicuramente ci induce ad avvisare i lettori: sappiate che vi avvicinerete ad un’opera rock scritta dai Saracen principalmente per Robin Beck.
Una maestosa opera rock.

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Tracklist:

  1. The Girl: Norma Jeane
  2. The Orphan: Whither the Wind Blows
  3. The Dreamer: Hold On (feat. Issa)
  4. The Model: Make This Body Work (feat. Robin Beck)
  5. The Actress: Who Am I (feat. Beck & Overland)
  6. The Wife: Love Like A Razorblade
  7. The Patient: Break the Spell
  8. The Mistress: Not For Sure (feat. Robin Beck)
  9. The Forsaken: Feel Like Going Home (feat. Robin Beck)
  10. The Witness: Unfinished Life
  11. The Woman: Marilyn (feat. Robin Beck)

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