Recensione: Monuments

Di Manuele Marconi - 15 Settembre 2021 - 15:20
Monuments
Band: Modern Rites
Etichetta: Debemur Morti
Genere: Black 
Anno: 2021
Nazione:
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70

I Modern Rites sono un duo nato nell’autunno 2020 dal chitarrista Berg (della band svizzera Atmospheric Black Metal AARA) e dal polistrumentista Jonny Warren (della band Experimental Metal statunitense Kuyashii). La collaborazione fra i due è nata da un iniziale scambio di brani oltre confine, con l’obiettivo di creare un suono unico che trascendesse le barriere culturali. Il complesso Svizzero/Americano si dichiara quindi dedito ad un black metal contaminato ed improntato alla sperimentazione: identità che spesso si rivela un’arma a doppio taglio, foriera di grandi idee come anche di cocenti delusioni. Dove andranno a parare Berg e Warren?

Dopo un’intro un po’ scialba, che vuole rimandare ad atmosfere sognanti, l’album sbatte nelle orecchie dell’ascoltatore “Vigilance eternal”, pezzo senza fronzoli che traccia subito una bella trama sibilante, incipit di un brano trascinante e abbastanza vario; sicuramente non banale e che si evolve con una buona dinamica. I due brani successivi però rappresentano forse quelli in cui il duo in esame si è sbizzarrito maggiormente dal lato creativo. L’album in generale risulta quasi sezionato, dato che questa parte centrale ha poco a che fare con il resto, e se rimanendo comunque su buoni livelli compositivi, pecca dell’elemento qualitativo che faccia spiccare effettivamente l’opera. La sezione finale invece risulta più accattivante, in particolare “Self synthesis” riporta molto allo stile degli svedesi Night Crowned, violento ma melodico. Anche “Nothing left to give” e “Machine paradox” seguono questo andamento: brani aggressivi e catchy, sicuramente più a fuoco rispetto ai pezzi più “sperimentali”, senza comunque ignorare una certa cura compositiva. Rimaniamo però su buoni livelli, ma non eccelsi: in tutto l’album si respira la volontà di distinguersi, ma ciò avviene raramente, e “Vigilance eternal” diventa un ottimo biglietto da visita, che porta però ad un deludente ascolto complessivo, soprattutto per le qualità che i Modern Rites hanno comunque dimostrato di avere, a conti fatti. Occasione sprecata quindi? Forse a metà. Le idee ci sono, il talento non manca. Non parliamo di un esordio dirompente, ma comunque l’esperienza va maturata: attenderemo con curiosità il secondo album.

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