Recensione: Mozaiq

Di Riccardo Angelini - 9 Settembre 2007 - 0:00
Mozaiq
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Anno: 2007
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60

L’autentica saggezza dei detti popolari sta qualche volta nel loro carattere contraddittorio: per ogni situazione essi sono soliti offrire almeno una coppia di proverbi opposti l’uno all’altro, in modo potersi collocare dalla parte della ragione in qualsivoglia circostanza. Così, mentre da un lato l’adagio suggerisce di battere il ferro finché è caldo, dall’altro ricorda che la fretta è cattiva consigliera. È quest’ultima massima che i Blood Stain Child avrebbero dovuto tenere bene a mente nel momento in cui si sforzavano di mettere in pratica la prima.

Dopo aver fatto breccia nel mercato europeo meno di dodici mesi fa con il sorprendente “Idolator”, che si proponeva di rinverdire i luoghi comuni del Gothenburg sound sommergendoli di tastiere e beat elettronici, il combo nipponico tenta subito il bis con “Mozaiq”. La lettera resta sostanzialmente la medesima, esasperata anzi nei suoi contenuti caratteristici: riff di chitarra che parrebbero usciti dalla penna Jesper Strömblad in persona, sepolti sotto una valanga di distorsioni e campionamenti degni della più becera techno-trance. Si va avanti su questa linea per tutte e dodici le tracce dell’album, tutte sparate a velocità siderali, tutte contenute entro e non oltre i cinque primi.

La varietà mancante sul piano delle composizioni viene bilanciata, almeno negli intenti, dall’abbondanza di voci dietro il microfono: il bassista Ryo, deciso a concentrarsi sullo strumento, cede il centro del palco al nuovo acquisto Sadew – stilisticamente più prossimo ad ambienti -core – accontentandosi di un ruolo di secondo piano. Le clean vocals (tutt’altro che impeccabili) restano invece ad appannaggio dell’axeman nonché principale compositore Ryu, supportato di tanto in tanto dalla voce femminile dell’ospite Maripu. Perfino il tastierista Aki riesce a ritagliarsi un piccolo spazio sulla tamarrissima “Pitch Black Room”. Non basta tuttavia la generosità dell’offerta canora a mantenere alto l’indice d’attenzione per tutti e quarantacinque i minuti di durata del disco. Il problema principale di “Mozaiq” sta infatti nella sua ripetitività di fondo: la matrice melodic death non fa altro che ripetere a pappagallo la lezione dei vari In Flames e Soilwork (questa volta predominanti rispetto a Dark Tranquillity e Children of Bodom), e una volta scoperto il trucco dell’overdose-techno l’effetto sorpresa fa presto a scemare.

C’è del resto da riconoscere che rispetto al passato composizioni e arrangiamenti si sforzano di evolvere sul piano della complessità, e in effetti brani come “Innocence” – unico rallentamento di una tracklist in continua accelerazione – o “Neo-Gothic-Romance” si rivelano tra i più maturi e completi mai composti dalla band. Dal canto loro i momenti più divertenti giungono tutto sommato quando la band esagera e si lascia prendere la mano dall’elettronica più ignorante e discotecara: la già citata “Pitch Black Room” o l’ultramodernista “Freedom” riescono a farsi apprezzare proprio perché esasperate ed esasperanti nella loro contraddittoria indulgenza verso la violenza del metal estremo e la cafonaggine della componente electro. Tuttavia, come anticipato poc’anzi, una volta svanito lo shock del primo impatto il film diventa presto prevedibile la trama decisamente meno avvincente.

La confezione del prodotto è del resto impeccabile, nonostante una strategia di immagine nel migliore dei casi discutibile (se volete divertirvi fatevi un giro sulla gallery del sito ufficiale). Allo stesso modo la produzione affidata alla garanzia Tue Madsen (Dark Tranquillity, The Haunted, Mnemic) si attesta su livelli di eccellenza. Ma alla fine dei conti a decidere le sorti del disco sono come sempre i singoli brani, e questa volta i Blood Stain Child non sono riusciti a estrarre dal cilindro una “Trial Spiral” o una “Final Sky”, che per quanto derivative fecero la fortuna di “Idolator”.
Non basta estremizzare i caratteri fondamentali del proprio sound per compiere un passo avanti: a lungo andare un simile atteggiamento non potrà che rivelarsi anzi controproducente. Promossi con riserva dunque, e con la consapevolezza che, se in futuro non cambierà qualcosa, il prossimo album difficilmente riuscirà a tenersi a galla.

Riccardo Angelini

P.S.
Curioso notare che, laddove la stragrande maggioranza delle band occidentali infarcisce i propri album di esclusive bonus track per il mercato nipponico, i Blood Stain Child hanno deciso di riservare il loro unico extra al mercato europeo. Una volta tanto fa piacere trovarsi dall’altra parte della barricata.

Tracklist:
01. Exotic 6 Coordinator
02. Cyber Green
03. Freedom
04. Energy Blast
05. Pitch Black Room
06. Another Dimension
07. Metropolice
08. C.E. 0079
09. Innocence
10. Peacemaker
11. Neo-Gothic Romance
12. Cosmic Highway (European Bonus Track)

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