Recensione: Nightmares as Extensions of the Waking State

Di Lisa Deiuri - 7 Giugno 2025 - 0:30
Nightmares as Extensions of the Waking State
Band: Katatonia
Etichetta: Napalm Records
Genere: Gothic  Progressive 
Anno: 2025
Nazione:
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78

Una ricerca iniziata oltre trent’anni fa che si manifesta in un’evoluzione altrettanto longeva: questa è la cifra artistica dei Katatonia, che aggiungono un altro tassello al loro percorso musicale con l’album ‘Nightmares as Extensions of the Waking State’. Anticipato dai singoli ‘Lilac’, ‘Temporal‘ e ‘Wind Of No Change‘, il disco è uscito il 6 giugno scorso via Napalm Records e si muove sui binari di una coerenza stilistica che, almeno da ‘The Great Cold Distance‘ (Peaceville, 2006) ha fatto la fortuna della band svedese: atmosfere melanconiche, melodie sospese tra suggestioni gothic, doom e prog-metal, con sostanziose immissioni wave, come se da ogni album sbocciassero almeno due o tre germogli pronti a fiorire in digressioni future.
Nightmares as Extensions of the Waking State’, infatti, prosegue per gemmazione da ‘Sky Void Of Stars‘(Napalm Records, 2023) ed è un lavoro che sembra segnare un passaggio ulteriore verso un dark prog-metal più intimista e, a tratti, imprevedibile.
Dopo l’uscita di Anders Nyström, co-fondatore della band, a livello compositivo tutto è passato nelle mani del cantante Jonas Renkse, autore di liriche brumose, con tanto di ‘Hail Satan‘ intonato quasi soavemente dal coro in ‘Wind Of No Change’, il che lancia un raggio di luce oscura sui soliti curatissimi arrangiamenti e le melodie morbide e sognanti, spezzando improvvisamente la sensazione di parziale ripresa dai lavori precedenti.
Certo, l’atmosfera del FL è in tutto e per tutto fedele allo stile Katatonia ma ‘Nightmares as Extensions of the Waking State’ a tratti sembra quasi un Live in Pompei gotico, complici i nephiliani basso e batteria di Niklas Sandin e Daniel Moilanen e le chitarre di Nico Elgstrand e Sebastian Svalland, quest’ultimo il più giovane della compagine e pinkfloydiano fino al midollo.
Oltre ai già citati singoli, brani come Efter Solen, cantata da Renkse nella sua lingua madre, che lo ha obbligato – così racconta in alcune interviste – a rimodulare le sue tecniche vocali per raggiungere una resa ottimale, distillano lo spirito malinconico del Grande Nord in un incantesimo denso di emozioni ammantate di nebbioso struggimento, non prive però di indomiti bagliori.
Se gli incubi sono un’estensione dello stato di veglia e le lande sterminate, dove l’occhio si perde in fredde immensità, riportano alla mente e al cuore dell’ascoltatore esperienze stranianti, laceranti o comunque tristi, è anche vero che lo stesso potremmo dire dei sogni e, in fondo, forse è proprio questo che la musica dei Katatonia nasconde come sul fondo di un lago che cela un tesoro: la speranza.

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