Recensione: Oath of a Warrior

Di Daniele Balestrieri - 26 Agosto 2005 - 0:00
Oath of a Warrior
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Anno: 2005
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88

Devo ammettere di non aver mai sentito nominare i Black Messiah, specie alla luce del fatto che hanno pubblicato il loro primo full-length, “Sceptre of Black Knowledge”, in un’epoca non sospetta come il 1998, periodo in cui era in corso l’ondata più importante del viking metal moderno. Vengono dalla germania, e in un lungo periodo di silenzio probabilmente avevano fatto perdere le loro tracce mentre il mercato si evolveva a dismisura, forse oltre la loro portata. Così, praticamente dal nulla, a metà del 2005 compongono e fanno esplodere questo “Oath of a Warrior”, che insieme alla copertina abbastanza dubbia chiude una trilogia infelice di scelte: nome della band, nome del disco e artwork lanciano l’attenzione del potenziale acquirente probabilmente molto lontano dalla realtà che incarnano: dietro la copertina che di sfuggita può assomigliare a quella di un disco degli Aborym si cela invece una tracklist che non tradisce la loro inclinazione: basta infatti un secondo sguardo per notare la testa di drakkar nel logo, le corna d’ariete in testa all’uomo della copertina e tutta una serie di indizi che lasciano ben poco alla fantasia – Oath of a Warrior è dannato Viking Metal, e tra i più puri che siano mai usciti almeno da cinque anni a questa parte.

Raccogliendo a palate da tutta la tradizione viking più classica, cominciando dai Mithotyn senza tralasciare gli episodi più gloriosi degli Einherjer, primi Thyrfing, Adorned Brood, primi Månegarm e perché no, anche Vintersorg e Otyg, i Black Messiah creano uno spettacolare amalgama di generi tutti sotto il gonfalone dell’orecchiabilità e della velocità tagliente. Sono rimasto quasi esterrefatto da un album di questo calibro uscito senza preavviso, e ciò che mi è giunto alle orecchie è quello che potrebbe essere definito l’album perduto dei Mithotyn. Possiede in sé tutte quelle caratteristiche vincenti del mai troppo rimpianto combo svedese, tradite solo dalla pompa esageratamente epica tipica delle band tedesche, e manipolate ad arte e rese personali a tal punto da non farlo sembrare un album tributo, ma una estensione di un In the Sign of the Ravens condito dai gustosi passaggi ritmici folk di Gathered Around the Oaken Table, senza disdegnare una enclave di violini tanto furenti da non sfigurare su Havets Vargar dei Månegarm o su Sagovindars Boning degli Otyg.

Il disco, lungo e articolato, non presenta grosse innovazioni dal punto di vista stilistico o strutturale – una cosa che tedeschi e svedesi non amano fare, a differenza dei norvegesi e dei finlandesi che recentemente si sono visti conduttori di tutte le correnti più innovative e avanguardistiche in termini di black/viking metal.

Ecco infatti affidata l’apertura alla canonica intro orchestrale, “Götterdämmerung“, che già dà l’idea del tono dell’album: tuoni, movimenti decadenti e crescendo epico senza compromessi, di tono in tono, fino all’esplosione corale di “A New Messiah” – canzone simbolo dell’album che ricalca con precisione millimetrica tutti i propositi di questo lavoro: un riff orecchiabile, accattivante, epico, di formidabile scuola viking dei fine anni 90, allorquando un intero riff riusciva a mantenere sulle proprie spalle una canzone densa, articolata, torniata dal solito cantato sporco, a metà tra il growl e lo scream, che da sempre ha definito quel flusso di viking sepolto – apparentemente – all’alba del nuovo millennio. Tutto è un gonfiarsi di cori, di percussioni devastanti, ai limiti del black, di chitarre martellanti, veloci e tumultuose fino al classico stacco lento che forma quella magia di cui ormai si era persa ogni speranza, quella magia alla “In the Forest of Moonlight” dei Mithotyn che abbandonava spesso e volentieri l’incerto cantato in favore di una struttura d’assoli e refrain vibrante ed epica.

Quella certa schiera di fans rimasta ancorata a certi nomi del passato si sentirà immediatamente a casa durante la progressione delle tracce, che sono tutte da scoprire per quanto ricche di spunti, mai noiose, pronte a stravolgere l’attenzione dell’ascolto con interruzioni di violini folk che non interrompono mai il discorso musicale come accade spesso nei Månegarm, ma al contrario ne arricchiscono i riff – basti pensare a “Bury the Lamb of Christ” e a “My way to Asgaard“, veri monumenti a quel viking che fu e che aveva bisogno di una bastonata come questa, che mi ricorda per coerenza tracce come Karhunkynsi dei Moonsorrow, mai fuori luogo nonostante l’enorme varietà compositiva nei suoi 14 minuti di follia. Come in ogni lavoro che si taccia di completezza, non mancano le parti in voce femminile, qui ridotte alla sola presenza in “My Way to Asgaard“, delicate e pregnanti, e anche le parti che affidano agli organi sintetici il proprio epos, come nella splendida Feld der Ehre. Chi non ha mai avuto la possibilità di seguire di persone il viking post-bathory ritroverà in “Setting Sails” la traccia perfetta per antonomasia, composta da riff semplici e aggressivi su un tappeto di percussioni devastanti, o in “Christenfeind” – personalmente la mia traccia preferita – un’ottima variazione sul tema folk dato da uno stacco talmente vivace da sembrare uscito direttamente dalle menti degli Skyclad o dei Korpiklaani.

Insomma un disco da valutare seriamente, mixato e registrato in maniera professionale e soprattutto ricco di attitudine ribadita anche nelle pagine del libretto, che mostra scritte runiche in abbondanza e foto della band atta a uccidere, massacrare e inneggiare agli dei come solo i Turisas erano riusciti a fare con tanta pompa nel rispettivo libretto. Quasi mai noioso, questo Oath of a Warrior rappresenta un limite solamente per coloro che stanno cercando un disco Viking estremamente innovativo: per loro sarà il caso di attendere il nuovo Thyrfing o Månegarm. Nel frattempo, per chi è rimasto con i piedi ancorati nel passato di quelle band che non torneranno più, il mio consiglio è quello di procedere immediatamente all’acquisto: questo è l’anno del riscatto per la musica del nord.

TRACKLIST:

 01. Götterdämmerung
02. A New Messiah
03. Blutsbruder
04. Bury The Lambs Of Christ
05. Riding The Drakkar
06. Setting Sails
07. Christenfeind
08. Feld der Ehre
09. Entering The Halls Of Odhinn
10. My Way To Asgard
11. Der Eid

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