Recensione: Obstinacy: Sisyphean Dreams Unfolded
Li avevamo lasciati nel 2023, con Yearning: Promethean Fates Sealed, l’ottimo disco d’esordio dei Fleshvessel, band di Chicago, che oggi, a distanza di due anni, ritroviamo con una nuova uscita, Obstinacy: Sisyphean Dreams Unfolded.
La line up è ricca di validi musicisti che suonano strumenti particolari come flauto, liuto, arpa e cuatro portoricana e può sembrare paradossale il fatto che mancasse un batterista di ruolo, lacuna colmata con l’ingresso di Colin MacAndrew. Nonostante l’ampia offerta di sonorità, i Fleshvessel si avvalgono di ulteriori special guests per arricchire la loro vasta gamma di suoni: Chad Moore, al clarinetto, Kai Movagh al daf, Dan Saillant al fagotto e Hannah Goldenstein alla voce.
Obstinacy: Sisyphean Dreams Unfolded si compone di sole quattro tracce, ma tutte di notevole durata, per un totale di quasi 50 minuti di musica sperimentale. L’artwork è opera di Adam Yates, e ripercorre il sentiero tracciato da Yearning: Promethean Fates Sealed riprendendo il tema degli alberi, che nascondono una vita al loro interno, ed i cui frutti sono delle larve, una liaison al primo passaggio del disco. Mental Myiasis raccoglie il testimone del loro esordio, ne prende l’eredità esasperandone la ruvidità e il genio creativo elevando l’ordinata dissonanza a bellezza. Ne è una prova, ad esempio, l’uso della voce, che varia dal growl ad uno straziante e stridente clean, e assume le sfumature della follia, ricollegandosi, appunto, al tema principale del brano, quello della miasi cerebrale, che comporta la riduzione delle prestazioni mentali. Am è meno schizofrenico, più dolce e delicata ma proprio quando si ha la percezione di ascoltare un brano lineare, veniamo travolti dai cambi di direzione dei Fleshvessel. Un giro di basso cupo e disturbante apre Cessation Fixation, in cui ritroviamo l’imprevedibilità della melodia, che si destreggia tra clean lineari e urla di pura insanità, tra piano e striduli violini, che esplodono in uno controverso black metal. Chiude It Lurched From A Chasm In The Sky, dal cupo incipit, che nasconde, nella sua profondità, un animo prog, impreziosito dalla voce pulita di Hannah Goldenstein.
Dissonanza elevata a bellezza, dicevamo. E tecnica. Già, perché in questa orgia sonora, è facile perdersi, così come quando si intraprendono viaggi introspettivi: per immergersi nella mente di un uomo, bisogna conoscerne bene la meccanica, altrimenti si rischia di perdersi e di rimanerne schiacciati. E lo stesso, vale per i Fleshvessel: in una vasta quantità di suoni, è facile smarrirsi, soprattutto se non si conoscono bene gli strumenti e come amalgamarli tra loro, ma soprattutto i generi che si vogliono fondere. La band mostra una grande conoscenza della musica e delle sue sfumature, e riesce a trarre dal caos un’idea di armonia del tutto nuova. Se già in Yearning: Promethean Fates Sealed ci eravamo imbattuti in composizioni piuttosto lunghe, questo concetto, in Obstinacy: Sisyphean Dreams Unfolded, viene esasperato, rinunciando a quei brani-ponte che spezzavano l’ascolto e quindi diluendo, in modo eccessivo, la durata e l’imprevedibilità della band.
Ma andare oltre i limiti ci sta, altrimenti, non sarebbero i Fleshvessel.

