Recensione: Our Raw Heart

Di Gianluca Fontanesi - 23 Luglio 2018 - 0:01
Our Raw Heart
Band: YOB
Etichetta:
Genere: Doom 
Anno: 2018
Nazione:
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76

La recente storia del nostro genere preferito ha banchettato un po’ troppo con la mietitrice, regalandoci spesso grandi dispiaceri con ancora più grandi e gravi perdite. Ogni tanto, però, esiste anche il lieto fine, e siamo ben felici di iniziare questa recensione non con un necrologio ma con un saluto di bentornato. Ci stiamo riferendo ovviamente a Mike Scheidt e a una gravissima patologia intestinale che l’aveva ridotto in condizioni critiche; la vita è in ogni caso imprevedibile e, quando pensi che stia suonando la tua ultima ora, ecco un’improvvisa inversione di tendenza che ti spiana davanti la strada per la guarigione. Siamo quindi contentissimi di doverci occupare ancora una volta di un disco degli Yob e di sentire nuova musica da parte di un Mike ormai ritrovato ed in buona forma.

L’ultimo lavoro del terzetto dell’Oregon, Clearing The Path To Ascend, fu un vero e proprio capolavoro in grado di guadagnarsi un meritatissimo posto tra i migliori dischi degli ultimi anni e ancora suona fiero nei nostri lettori o giradischi; Our Raw Heart continua col binomio vincente violenza/emotività e rende l’ottava prova in studio degli Yob un’opera di tutto rispetto.

Ablaze apre le danze ed è un brano in controtendenza rispetto agli avvii fulminei ai quali la musica estrema ci ha abituati; parliamo quindi di un brano con un riff arpeggiato e sorretto dalle clean vocals, che risultano malinconiche e sofferte. I dieci minuti del brano scorrono piacevoli ma senza particolari sussulti, è con la seguente The Screen che si inizia a fare sul serio. La traccia, servita anche come singolo apripista, è totalmente sorretta da dei terzinati di chitarra malefici e arcigni; le voci sono di una cattiveria inaudita e il ritornello in clean arriva a spezzare gli umori per poi far ripiombare il tutto nell’abisso. Ci troviamo sicuramente davanti ad uno dei migliori e meglio riusciti brani del lotto. In Reverie, dopo un breve inizio in sordina, sprigiona sull’ascoltatore vagonate di distorsioni a suon di doom di ottima fattura; l’introduzione è lunga e svilente, il cantato quando arriva graffia come un lamento e la sezione ritmica pulsa e picchia come se non ci fosse un domani. Il suono è corposo, grasso e, aiutato da una produzione che risulta abrasiva il giusto, stende l’ascoltatore senza lasciargli via d’uscita. Lungs Reach ha un incipit simile a quello del brano precedente e, oltre ad essere l’entità col minor minutaggio del disco, è anche un momento piuttosto prescindibile. La prima metà praticamente è ambient e la seconda, quando esplode con dei bei growl, si stoppa praticamente subito lasciano un po’ interdetti.

Beauty In Falling Leaves alza di molto il livello emotivo dell’album e, nonostante non si raggiunga il livello siderale di una certa Marrow, i sedici minuti e oltre della composizione riescono anche a tirare fuori una lacrimuccia a chi non ha un bidone dell’immondizia al posto del cuore. Il brano è bellissimo ed emozionante, gli Yob si scoprono sempre più maestri delle percezioni: prima ti bastonano, poi ti cullano e finiscono per demolirti dall’interno. Original Face torna in maniera prevedibile al growl e lo fa con un buon brano ma nulla più. Clearing The Path To Ascend aveva il pregio di fondere le due anime degli Yob prima con un assalto frontale poi con Marrow; qui l’alternanza brano per brano fa perdere un po’ di smalto alla proposta che, alla luce di un paio di momenti poco incisivi, finisce per risultare troppo lunga. Original Face growla quindi in lungo e in largo ma non morde, complici anche riff con delle progressioni non molto efficaci. La titletrack riporta l’album sui giusti binari e finalmente le cose si sistemano in favore di un’altra traccia dall’alto tasso emozionale e con un finale assolutamente memorabile, provare per credere.

Questi sono gli Yob oggi e siamo contentissimi di averli ancora con noi. Era difficilissimo bissare un’opera come Clearing The Path To Ascend e di certo non avevamo la pretesa che ciò accadesse; Our Raw Heart è comunque un buon disco sotto tutti i punti di vista anche se l’eccellenza questa volta non possiamo tirarla fuori. Il disco contrappone la qualità alle due anime della band e risulta quindi altalenante, a tratti ispiratissimo e a tratti “solo” normale; ce ne fossero comunque di dischi così, in grado comunque di donare emozioni forti e sincere! Auguriamo ancora molti dischi agli Yob e promuoviamo Our Raw Earth, che di certo farà felici tutti i fan della band e, perché no, ne troverà dei nuovi; speriamo di risentirvi presto con un nuovo lavoro!

Bentornato Mike.

 

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