Recensione: Pain Remains

Di Gianluca Fontanesi - 11 Ottobre 2022 - 15:43
Pain Remains
84

La vita a volte è strana.

Sei una band in costante ascesa, componi l’album della vita, ottieni un importantissimo contratto con Century Media, poi che succede? Perdi il cantante pochi giorni prima della data di uscita a causa di una brutta storia di violenze. Silenzio. Passi in un nanosecondo dall’essere una delle più potenti entità musicali in circolazione a una potenziale macchietta saturata in un amen; per molti potrebbe essere un colpo fatale, per i Lorna Shore invece no. I Lorna Shore poco dopo si presentano con WIll Ramos.

E Will Ramos è talmente potente, cattivo e brutale che perfino Elizabeth Zharoff si è mobilitata per capirne il segreto, rendendo virale un video dove si esamina la gola del ragazzo con un sondino.

Dopo l’ottimo ep …And I Return To Nothingness, arriva finalmente alla nostre orecchie Pain Remains, l’attesissimo quarto lavoro dei Lorna Shore; la carne al fuoco è tantissima per una tracklist che supera l’ora ed è, come Immortal, una vera e propria discesa all’inferno.

Le coordinate artistiche di questo lavoro sono le stesse del disco precedente; Michael Yager al basso completa la formazione e la furia che si sprigiona dalle casse alla pressione del tasto play è, come sempre, qualcosa di inenarrabile. I Lorna Shore suonano quello che si potrebbe definire un deathcore sinfonico, ma sarebbe riduttivo. Prendono i blast beat e gli scream dal black metal, la tecnica e i growl dal death, i breakdown dalla desinenza -core che ormai sarebbe più corretto passare al brutal, melodie eteree, mischiano tutto e tirano fuori dal cilindro un sound unico e perfettamente riconoscibile.

La partenza è devastante e sottolinea ancora una volta come questi ragazzi siano perfettamente a loro agio anche e soprattutto nelle composizioni di minutaggio più elevato. La produzione è qualcosa di inaudito, come la prestazione dietro le pelli di Austin; si fa un frontale contro un muro sonoro che dal vivo raderà al suolo interi locali. Il riffing alterna il technical col black, gli assoli sono aumentati di numero rispetto al passato e spesso entrano di prepotenza accentuando ancora di più gli stacchi.  Il buon Will è di un altro pianeta, fa quello che vuole e rende il disco esattamente quello che dovrebbe essere: una bomba.

A voler essere pignoli è presente una piccola flessione al centro della tracklist e alcune strutture iniziano un po’ ad essere prevedibili; quando però si inizia a pensare tutto ciò, i Lorna Shore zittiscono ogni potenziale critica concludendo il lavoro con una suite di ben 20 minuti! La titletrack è suddivisa in tre movimenti ed è, con buone probabilità, l’apice artistico della band. Qui si pesta sempre come degli ossessi ma si ragiona di più, lasciando più respiro agli intrecci melodici e a una matrice più epica e maestosa, che lascia intravedere un futuro ancora più pomposo e magniloquente.

I Lorna Shore dimostrano ancora una volta di essere una band eccezionale, senza compromessi e in grado di mutare forma a piacimento. Il livello artistico è lo stesso di Immortal e in certi frangenti si arriva anche a superarlo; l’unica cosa oggettivamente brutta di questo lavoro è l’artwork, si sarebbe potuto fare molto meglio, ma sono dettagli. Saranno in molti a imitarli e in molti a provarci; magari qualcuno migliorerà anche la proposta, ma non è questo il giorno. Una delle migliori band in circolazione, direttamente e senza passare dal via.

 

 

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