Recensione: Pleiades’ Dust

Di Andrea Poletti - 17 Maggio 2016 - 11:00
Pleiades’ Dust
Band: Gorguts
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2016
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
85

“Non avrai altro Luc al fuori di me.”

Il credo, visto quale dogma imposto a livello societario culturale ha sempre vissuto la dicotomia tra bene e male, giusto e sbagliato, accettazione e obbligo sotto ogni livello spirituale e civile. Proporre un metodo e/o modus operandi a livello empirico risulta pressoché utopico ed irrealizzabile, così la storia ci insegna, così il mondo ha vissuto negli ultimi aeoni attraverso costanti tragedie proporzionate alla visione più o meno oltranzista di questo o quel capo spirituale dominante nel paese “x“. A Baghdad esisteva una “Casa dell saggezza” dove ogni libro inimmaginabile veniva portato alla luce per essere letto e scoperto dagli uomini, ognuno di questi desiderava solamente offrire il meglio della cultura per porre l’uomo al centro quale fautore del proprio destino empirico, studiando e osservando le leggi del mondo. Distrutta, sepolta, flagellata dalla conservazione primitiva della non comprensione religiosa  dei Mongoli invasori, oggi non ve ne rimane più traccia e li, in quel luogo un libro malandato rimane quale testimone di immonde atrocità; questo tomo non è tanto importante per il contenuto intrinseco, ma per la storia che dietro lega l’umanità al libero arbitrio. Porsi domande, comprendere e ingegnare soluzioni alternative, questo ha fatto si che il mondo e l’umanità potessero progredire negli anni; Luc Lemay quale Dio in terra del metal estremo, ha scoperto questa storia e la ripropone sotto forma di EP. Questi mini album dal peso specifico variabile vanno per la maggiore negli ultimi anni ma questo, questo signori ha un peso specifico enorme per molteplici motivi: porta il nome Gorguts in copertina, è composto da una sola traccia suddivisa in sette movimenti per una durata di trentatré minuti e diventa in tutto e per tutto la nuova frattura spazio tempo tra la band canadese e tutto il mondo del metal. Questo gruppo ha il dono di non essere paragonabile a nulla, a nient’altro e vive con il solo scopo di migliorare se stesso senza fornire alibi alcuna della loro inequivocabile superiorità. Che vi piaccia o meno, che siate degli amanti o meno, che lo accettiate o meno, i Gorguts sono la sintesi del technical e la soluzione ad ogni informe band che si definisce tale, quelle creature che dalla loro hanno sfortunatamente il limite del non riuscire a comprendere che le note, sopra ogni cosa, non si misurano in quantità ma in qualità.

Un brano, trentatré minuti di combustione e una vita dedicata al verbo del death metal, solo quest’ultimo fattore meriterebbe il rispetto incondizionato da parte di chiunque voglia avvicinarsi anche solo tangenzialmente a questo mondo, fatto di classe e battito cardiaco. Il tocco è il solito, la maestria è quella ma paradossalmente è la concezione compositiva che risiede alla base di “Pleiades’ Dust” che è agli antipodi di ciò che conoscevamo in precedenza; imparagonabile sotto ogni aspetto ad alcuna traccia della discografia dei nostri. Chi sa cosa intendo, comprende alla perfezione certe parole e condividerà a pieno. Tornare dalla polvere dopo oltre una decade dal superbo “From Wisdom to Hate”, creare un’opera magna quale “Colored Sands” e successivamente porsi una domanda quale: “Perché non concretizzare un’intera carriera dentro 33 minuti di puro genio? Luc Lemay, quale profeta senza barriere compositiva può e l’ha fatto; i Gorguts hanno tirato fuori un album, più corto di 3 minuti rispetto a “Erosion of Sanity” che non ridefinisce le carte in tavola, ma conferma quasi ne avessimo bisogno la superiorità del Canada. 

“Non dire falsa testimonianza”

La forza che sta alla base di “Pleiades’ Dust” è quella di riuscire prendere tutte le sovrastrutture presenti nel precedente album, che erano state sfiorate anni addietro su “Obscura” conensandole amplificate in un immenso meltin’ pot che non guarda solo al presente, proponendo una veste completamente nuova e differente del gruppo. Le parti strumenti, le sezioni atmosferiche, il silenzio al limite del post metal coadiuvato dagli innesti cupi e al sapore di zolfo; tutto è studiato ricercato al fine di proporre il contrasto che si percepiva all’interno di quella casa e il mondo fuori incivilizzato. La netta dicotomia tra la cultura occidentale, in progressione verso l’odierno vivere e l’oriente sepolto sotto millenni di una società retrograda, vengono alla luce tra i passaggi dei singoli minuti. Furia cieca e sezioni di vuoto che si contrappongono a ricordare che il pensiero, se razionalizzato, porta a dosi migliori di rabbia e ferocia piuttosto che l’istinto più aggressivo. Una nuova visione dei Gorguts, sotto quelle spire che “The Battle of Chamdo” aveva lasciato intravedere ora si fanno più esoteriche e metafisiche, un passo avanti sopra ogni musica sino qui composta. Le dissonanze, i cambi di tempo, gli incroci delle chitarre e la voce straziante che sussurra nell’orecchio prima di scatenere l’odio e la rabbia; questo è quel mondo che noi tutti conosciamo versione A.D. 2016. Non è migliore, non è peggiore, è semplice progressione di un gruppo che non cede mai agli allori e guarda avanti come a ricordarci “noi possiamo”. Certamente è possibile notare un drastica differenza tra la prima porzione e l’ultima, dove la furia diventa riflessione e i dogmi rabbiosi vengono accettati e metabolizzati sotto riflessioni pindariche. Una storia, un vademecum per come bisogna e si deve realizzare uno story-telling accurato senza ricorrere a grandi scenografie, perché conoscenza, saggezza e intuito sono alla base di tutto il creabile. Ottima la produzione, ottima la prestazione del nuovo arrivato Patrice Amelin dei mai dimenticati Martyr, un solo irrimediabile difetto: finisce.

Torniamo tra le macerie della “casa della saggezza” poco dopo che Baghdad è stata distrutta; con tutta la forza la città cerca di rimettersi sulle sue gambe, così noi a fine ascolto ci troviamo divorati e fagocitati dalle mille note e dalle visioni che “Pleiades’ Dust” può offrire agli amanti dell’estremo. Non è per tutti, i Gorguts non sono un gruppo per tutti e non devono nemmeno esserlo, sono superiori alla musica stessa. Non abbiamo molto altro da aggiungere, se non sottolineare nuovamente come in questo caso specifico, come per ogni produzione dei nostri, ascoltare a mente aperta, leggere i testi alla base di ogni minuto qui presente e osservare con una soglia d’attenzione che si distacca dal vuoto cosmico è di prima necessità per comprendere il concept alla base. Non aggiungo altro al “non descritto” dell’album, certe sonorità sono solo emozioni e visioni: Death metal intelligente.

“Non nominare il nome di Luc Lemay invano.”

Ultimi album di Gorguts

Band: Gorguts
Genere: Death 
Anno: 2016
85
Band: Gorguts
Genere: Death 
Anno: 2013
80
Band: Gorguts
Genere:
Anno: 1998
86