Recensione: Prey For Your Gods

Di Daniele D'Adamo - 18 Novembre 2013 - 16:29
Prey For Your Gods
Band: Sacrificium
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2013
Nazione:
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Se si considera la fine degli anni ’80 come l’epoca in cui dal brodo primordiale black/thrash è nato il death metal, la prima ondata vera è propria, una volta avuta la dignità di genere a sé stante, si è abbattuta sulla Terra nei primi due/tre anni degli anni ’90.

Quando, cioè, nelle desolate e gelide lande teutoniche sono nati i Sacrificium, autori di una produzione discografica ridotta se proporzionata alla durata della carriera: tre demo (“Demo”, 1994; “Demo 1996”, 1996; “Mortal Fear”, 1998) e due full-length (“Cold Black Piece Of Flesh”, 2002; “Escaping The Stupor”, 2005), prima della rinascita con il qui presente “Prey For Your Gods”, appena uscito con la label undergound Whirlwind Records.      

Preso atto del periodo storico in cui i Sacrificium hanno emesso i primi vagiti, non è difficile intuire dove vada a parare la loro proposta musicale: ‘death metal 100%’, ovvero death metal dai dettami enciclopedici, scevro da innesti e contaminazioni. Death metal alla maniera dei Padri Fondatori; tipo Death, Unleashed, Dismember e compagnia cantante. Per cui, alla fine, riferirsi all’old school è senz’altro fortemente indicativo per percepire l’odore musicale che permea il combo di Waiblingen. Indicativo di qualcosa di forte e consolidato, ma altresì immobile e anzi contrario alla teoria evoluzionistica.

“Prey For Your Gods”, come accade di sovente per le manifatture similari, è un disco prevedibile in toto, perlomeno riferendosi agli schemi che formano l’ossatura della creatività musicale. Che la formazione sia di vecchia data si sente ovunque: Claudio Enzler e i suoi soci sono davvero consistenti, e sprizzano personalità da ogni poro. Un carattere dedicato alla riproposizione perpetua degli stilemi fondamentali del death che, com’è facilmente immaginabile, sempre quelli sono. Pertanto, se non ci si mette qualcosa di proprio, la zuppa assume all’incirca lo stesso sapore. Sempre. Fra growling tanto rabbiosi quanto indistinguibili fra loro, difatti, riff marci e corrotti ma ahimè scontati, ritmi terremotanti che sfondano la barriera dei blast-beats né più né meno come tanti altri, alla fine i Sacrificium non riescono a dire nulla di quanto non si sia già abbondantemente parlato, in materia.

La fedeltà alla linea è assoluta, e di questo bisogna dargliene atto all’ensemble del Baden-Württemberg. Un amore per il death metal ‘così come mamma l’ha fatto’ che fa onore ai cinque Cavalieri dell’Apocalisse, anche se il risultato finale è prevedibile nonché logoro. Un esito che lambisce la noia, giacché a lungo andare non si riescono a stabilire delle precise quanto indispensabili linee di confine fra i vari brani; incredibilmente compatti, questo è vero, ma tendenzialmente troppo omogenei. Semplici soldati di un esercito sterminato il cui unico obiettivo pare essere soltanto la ricerca, continua e maniacale, della massima fedeltà possibile all’adorato archetipo.

Tolta la semisuite finale “Afraid To Breathe”, contenente nel suo grembo tutti gli elementi sopracitati ma, anche, qualcosa in più – identificabile come una melodica, struggente rivisitazione di qualcosa, o qualcuno, che non c’è più – il resto è davvero trascurabile, in quanto a contenuti artistici. Una povertà che porta abbastanza rapidamente il battello verso il tedio relegando nel dimenticatoio “Prey For Your Gods”.

Un epilogo forse ingeneroso, per i Sacrificium. Che, per la loro esperienza e capacità di dar luogo a un sound pieno e adulto, avrebbero sicuramente potuto fare di più. Anche in un genere che, per quanto riguarda l’innovazione, ha poco da dire per natura e definizione.
           
Daniele “dani66” D’Adamo
 

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