Recensione: Quarantième: Live à Paris

Di Roberto Gelmi - 1 Dicembre 2025 - 12:00
Quarantième: Live à Paris
Etichetta: Insideout
Genere: Progressive 
Anno: 2025
Nazione:
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70

Dopo i Leprous e gli Haken, anche i Dream Theater pubblicano un live album in questo scorcio di 2025, nel momento in cui la band di John Petrucci vive un rilancio d’immagine dopo il ritorno di Mike Portnoy alla batteria, che ha coinciso con il quarantennale della fondazione della band. In realtà dal 1985 al 1988 il moniker era un altro, “Majesty” (di qui che il logo vestigiale che compare in tutti i loro artwork), ma poco importa, anche perché il precedente live celebrativo, Score, uscì nel 2006.

I DT scelgono di nuovo la capitale francese, città in cui avevano registrato Once in A Live Time al Bataclan nel 1998, per celebrare, dunque, un anniversario che sa di consacrazione definitiva. Il risultato è Quarantième: Live à Paris, dvd che immortala il concerto registrato dal vivo a Parigi (presso l’Adidas Arena), il 23 novembre 2024, davanti a un pubblico di circa 9000 persone.

Parlando dell’aspetto audio e video, la resa filmica è ottimale nella versione blu-ray, il mixaggio nel complesso rende onore alla prova del quintetto, forse si poteva valorizzare di più il basso di Myung. Sui mega ledwall compaiono animazioni a tema (scenari steampunk, ingranaggi, atmosfere oscure per i pezzi più pesanti), immagini di repertorio e personaggi animati. Un dettaglio molto bello scenograficamente è che pure la parte frontale delle pedane (dove stanno la batteria di Portnoy e le tastiere di Rudess) è ricoperta da pannelli LED, andando a creare un effetto immersivo di sicuro impatto.

Venendo al look dei cinque componenti, Petrucci si presenta con la sua iconica barba brillantinata, Portnoy smanicato con il suo Dream Monster tirato a lucido, mentre la tastiera di Rudess è diventata un’astronave che sfida le leggi della fisica (sono lontani i tempi della più sobria Kurzweil del tour di Scenes From A Memory). Sui tatuaggi di LaBrie e la compostezza di Myung niente da segnalare, da diverso tempo sappiamo cosa aspettarci da loro in fatto di presenza scenica.

La scaletta è ricchissima, diciotto brani che accontentano tutti, o quasi: troviamo infatti classici come Metropolis pt. I, brani da Scenes From A Memory, l’intera suite Octavarium e anche alcuni pezzi dell’era Mangini (“Barstool Warrior”, “This is the life”) che Portnoy riesce a suonare in modo valido.

I primi cinque brani proposti sono la quintessenza dei DT e mostrano tutta l’energia e la precisione chirurgica di cui è ancora capace la band a livello strumentale. Rudess ad esempio usa la tastiera a tracolla per un assolo fulminante in “The Mirror”, peccato non lo faccia anche per gli unisoni in “Panic Attack”… Bella la versione estesa di “Hollow Years” (quella demo mai finita su Falling into infinity) che include pure una coda con parti di pianoforte goduriose.

Il finale del primo atto è, però, all’insegna del thrash metal con due pezzi tratti da Train of Thought e Systematic Chaos. All’inizio di “As I Am” Rudess dà una mano a Portnoy creando un siparietto involontario (presente anche nel trailer del dvd), mentre James aggiusta le tonalità alte salvando il salvabile; peccato per l’assolo di Petrucci in parte tagliato nel montaggio. “Constant Motion”, invece, è presente in scaletta in quanto brano scritto da Portnoy con tanti tempi dispari e testo autoreferenziale.

Passando al secondo atto dell’Evening with, troviamo subito una sorpresa benaccetta. Come proposto recentemente anche dagli Helloween, parte una carrellata senza soluzione di continuità dei vari dischi pubblicati, ma in questo caso parliamo di un’introduzione cinematica in stile Nightwish, con una citazione musicale di tutti gli studio album in ordine cronologico, accompagnati da immagini AI non del tutto fuori luogo. Il risultato è superiore a quanto proposto nel precedente Distant memories, diamo atto ai fratelli Pierre e François Lamoureux del bel lavoro svolto.

Poi è la volta dell’unico brano di Parasomnia, “Night Terror”, brano candidato ai Grammy che continua a mostrare la sua validità dopo mesi dall’uscita come singolo apripista, specie nella sezione strumentale suonata a mille. Tra gli altri momenti significativi, non possiamo non citare l’intro maestoso di “Under a glass moon” e i fuochi d’artificio di “Stream of consciousness”, riproposta in modo impeccabile (confrontate la versione del Budokan per farvi un’idea). Rudess nell’intro per sola tastiera di “Octavarium” si diverte come un matto in uno dei momenti più lisergici in assoluto della discografia dei DT, tanto odiato dai detrattori quanto amato dai fan. Segnaliamo anche l’immancabile marea di luci che illuminano l’Adidas Arena per “The spirit carries on”, dopo la mega rullata di Portnoy sul finire di “Home”.

Questo è quanto, non aspettatevi altre chicche come un nuovo “Instrumedley” o un assolo chilometrico di Petrucci improvvisato al momento. Venendo al caso LaBrie, si può dire che il cantante canadese regala una prova non così mediocre (evitate i video amatoriali su YouTube per giudicarne le performance) se escludiamo le stecche sui registri alti in brani come “Metropolis”, “The mirror”, “Pull me under”…

Quarantième: Live à Paris in definitiva un live generoso nel minutaggio e mostra una band ancora in grado di riproporre il proprio repertorio ad alto tasso tecnico: i volti di Petrucci e Myung mostrano i segni del tempo e la fatica accumulata, ma la dedizione alla musica proposta resta assoluta. La band newyorchese è a tutti gli effetti un pezzo di storia del rock e del metal, peccato per lo scivolone dell’ennesima leg europea annullata per evidenti motivi di vendite e di stakanovismo immotivato.

Il grande rammarico resta, inoltre, la scelta di registrare un concerto della prima parte del tour, prevedibile nella scaletta proposta, invece di puntare sulla più coraggiosa setlist dei concerti successivi, che includono altri brani di Parasomnia, tra cui l’highlight “The shadow man incident”, ma anche “The enemy inside” dall’era Mangini e “A change of seasons”. In futuro potrebbero proporre “The best of times” (per ora suonata una sola volta a New York), la Twelve-step suite oppure alcune perle dal primo cd di Six Degrees Of Inner Turbulence.

Ricordiamo da ultimo i diversi formati in cui è disponibile il live (con la consueta grafica citazionista di Hugh Syme) per chi volesse fare un investimento serio: artbook Limited Deluxe 3CD+3Blu-ray (che include 68 pagine di foto e grafica, oltre a materiale bonus su uno dei dischi Blu-ray); edizione speciale 3CD + 2Blu-ray Digipak; cofanetto deluxe limitato 4LP e in formato digitale. (NB Il Blu-ray include lo spettacolo completo con Dolby Atmos, audio surround 5.1, audio stereo ad alta risoluzione a 24 bit).

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