Recensione: Rapid Eye Movement

Di Silvia Graziola - 16 Gennaio 2008 - 0:00
Rapid Eye Movement
Band: Riverside
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 2007
Nazione:
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78

A due anni dall’uscita di Second Life Syndrome i Riverside tornano a far parlare di sè con il loro terzo album in studio, Rapid Eye Movement, l’atteso capitolo conclusivo della trilogia iniziata nel 2003 da Out Of Myself. Proveniente dalla Polonia, un paese conosciuto dal punto di vista musicale per il suo lato più aggressivo e violento, come dimostrano band come Vader e Behemoth, il quintetto capitanato da Mariusz Duda si ispira a tutt’altri generi musicali, proponendo un progressive ricco di spunti melodici che li avvicinano a gruppi come Porcupine Tree, Pain Of Salvation e Opeth.

Tra le canzoni di questa nuova opera dei Riverside si nasconde dunque una storia iniziata qualche anno prima con il coraggioso disco di esordio; una storia che si svela pian piano, con piccoli e accurati indizi, tra le note, i riff e gli assoli che attraversano questi tre album. Quello che il gruppo polacco racconta nei propri dischi porta il nome di “Reality Dream” ed è un intricato viaggio all’interno della mente umana, snocciolato attraverso tre capitoli principali, il primo dei quali inizia con Out Of Myself parlando della necessità della solitudine e della continua ricerca interiore del protagonista, sospeso in una realtà spesso evanescente e dolorosa, che sembra impossibile di essere vissuta senza dolore. Second Life Syndrome continua questo percorso, ma lo fa cambiando radicalmente modo di vedere le cose e di percepire la realtà, che continua a essere vista difficile da affrontare e ostile, in cui l’unico modo per sfuggire sembra essere il tentativo di essere un’altra persona vivendo, appunto, una sindrome di una seconda vita, dove il protagonista si trasforma da uomo debole a persona forte. I suoi ricordi sono solo uno dei molti collanti che legano uno all’altro gli album: se Secon Life Syndrome porta come titolo di apertura After e strizza l’occhio al passato con il suo brano di chiusura Before, spiazzando l’ascoltatore lasciando irrisolto l’ultimo verso “Is this what I really Wanted?”, a Rapid Eye Movement spetta il difficile compito di dare una risposta a questa domanda e di concludere questo racconto.
Rapid Eye Movement porta lo stesso nome della fase del sonno in cui si hanno le manifestazioni oniriche: non a caso infatti questo disco è incentrato su una sorta di dualismo di un continuo scambio tra la realtà e il sogno. Questo continuo alternarsi tra questi due fattori è enfatizzato sia dalla copertina, dove il volto che rappresenta la realtà regge tra le mani la cornice su cui è disegnato il viso che rappresenta il sogno, sia dalla suddivisione del disco in due parti, fearless e fearland, dall’animo e dalle atmosfere contrastanti. Se Fearless è tratta dal brano Volt-Face di Second Life Syndrome (“Inside Fearless, Outside Fearland”) ed è legata a questo capitolo da un suono più duro e aggressivo; Fearland mostra l’anima più pacata e distesa dell’album e il risultato finale non è una chiave di lettura univoca degli eventi, ma una serie di possibili soluzioni.

Il difficile compito di rompere il ghiaccio spetta alla parte più energica, aggressiva e psichedelica dell’album, Fearless, che si apre con il brano Beyond The Eyelids, che mette in mostra linee di chitarra e di basso decise, con riff energici, amalgamati al suono delle tastiere che donano alla musica dei Riverside una certa orecchiabilità in grado di superare le partiture complicate ed è probabilmente uno dei motivi che rende la loro musica particolarmente apprezzata.
Rainbow Box e Panic Room invece mettono in mostra in due modi diversi il lato più psichedelico dei Riverside: la prima lo fa in modo più disteso, utilizzando suoni più ossessivi e ripetuti, utilizzando una distorsione per la voce, che appare lontana e distaccata, estraniata da quello che succede intorno come quella di un malato che attende le cure; la seconda ottiene risultati simili con un’atmosfera claustrofobica, in una cappa di suoni e di effetti che vorticano su chi ascolta il brano e gli danno una sensazione di inquietudine e di panico, appunto.
Schizophrenic Prayer mostra invece una distensione dei suoni, che diventano più delicati e soffusi ma che mantengono una vena di ossessività, su cui la voce oscilla tra atmosfere soffuse e vocalizzi che danno nuovamente tensione all’ascolto, aiutata dalle linee di strumenti dal sapore esotico e lontano. Su questa linea e questo alternarsi di melodia soffusa e tensione interviene anche Parasomnia, dotato di un interessante contrasto iniziale tra linee di tastiera e di basso, nervoso e sincopato su cui si innestano potenti riff di chitarra e di voce, che si tuffano in ritornelli più distesi solo per ricominciare nuovamente a danzare sui riff aggressivi e ossessivi portanti.
La seconda parte, Fearland è quella più distensiva e acustica dell’album, dalle atmosfere lontane e nostalgiche, fortemente ispirate agli Opeth acustici di Damnation, dove la voce e le chitarre non amplificate sono spesso protagoniste, come in Through The Other Side e di Embryonic; Cybernetic Pillow e Ultimate Trip sono invece un ritorno a sonorità più strettamente prog metal, con cui si conclude il disco, le cui atmosfere più distese e pacate prendono in un certo senso le distanze da quanto sentito nella parte iniziale, dove sensazioni di ansia e angoscia iniziale lasciano spazio a dolcezza e, finalmente, a un po’ di speranza.

Silvia “VentoGrigio” Graziola

Tracklist:

Part One – Fearless:

1.Beyond The Eyelids
2. Rainbow Box
3.02 Panic Room
4. Schizophrenic Prayer
5. Parasomnia

Part Two – Fearland:

6.Through The Other Side
7. Embryonic
8. Cybernetic
9. Ultimate Trip

Formazione:

Mariusz Duda: Basso, Voce
Piotr Grudziñski: Chitarra
Piotr “Mittloff” Kozieradzki: Batteria
Michal Lapaj: Tastiera:

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