Recensione: Raw Poetry

Di Marco Giono - 7 Dicembre 2014 - 21:23
Raw Poetry
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2014
Nazione:
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70

Ci sono periodi in cui ho grande fiducia. Mi convinco che non tutto è andato perduto nell’era d’oro del power metal (a spanne dalla fine degli anni ’80 a inizi del 2000). 
Intendiamoci, la maggior parte delle band che hanno primeggiato in quel periodo aureo ci sono ancora, solo che ai nostri giorni declinano verso composizioni che rielaborano quanto fatto nel loro glorioso passato. E le nuove band? Quelle che avrebbero potuto e dovuto succedere? Ecco, declinano pure loro, senza aver mai nemmeno cercato di brillare, sopravvivono come feticci dell’antico splendore.

Quella notte, infreddolito e malconcio per un antibiotico, avevo poca fiducia e il paesaggio industriale della provincia di Milano di certo non mi confortava . Il concerto si sarebbe svolto in un localino di quelli che sopravvivono a stento all’attimo che fugge e per dire, da un momento all’altro ci avresti potuto trovare un gommista o un Mcdonald (no, non mi permetterei mai di mettere in relazione le due cose). Invece da lì a poco si sarebbe dovuto tenere un concerto.
Le indicazioni erano chiare.

Segui il teschio bianco.
La strada digitale sulla mappa convergeva verso la X. Il teschio apparve come un flash ed ero dentro. Constatavo che non c’era il tutto esaurito. Me lo aspettavo. Sul palco suonava già una band di giovanotti, tanto impegno sia chiaro, ma decidevo di berci su qualcosa. La fiducia era ai minimi storici.
E qui dovrei raccontarvi della svolta, una volta entrata la nuova band si sarebbero dovute spalancare le porte del Valhalla. Invece no. Però come me, rimasero colpiti i più. Gli Eternal Silence destarono il mio interesse.

Nel 2008 la cantante Marika Vanni (voce) e il chitarrista Alberto Cassina (e voce) in quel di Varese fondarono appunto gli Eternal Silence. Allora suonavano nei concerti cover di Nightwish, Epica, Within Temptation e After Forever. Però gli Eternal Silence non erano solo questo.
Fin da subito componevano in cerca d’ispirazione nelle muse che da sempre hanno ossequiato.

Nel 2011 registrano il loro primo promo “Darkness and Regret” poi pubblicato nel 2012. Piacque sia alla critica che al pubblico. Almeno, così scrivono su Facebook. Ci fidiamo? Direi che ora possiamo farlo.
I concerti si moltiplicarono. A volte partecipavano a piccoli festival, altre volte li trovavi in locali a elevato tasso alcolico. A farsi le osse lungo le strade tortuose del metal di provincia fino a quando l’etichetta Underground Symphony decise di promuoverli e distribuirli attraverso Audioglobe.
Quindi è tempo di “Raw Poetry”, poesia grezza forse, che prende forma in un power metal sinfonico ove la naturale prepensione metal verso l’oscurità, verso le tenebre distorte viene rovesciata dalla voce e dalle melodie a creare lampi di luce, di eternità. Il riferimento più immediato è quello dei Nightwish, anche se l’influenza dei finlandesi è diluita da un approccio personale, improntato alla sinfonia che muove con eleganza le partiture di un metal gotico sostanziato quindi in atmosfere oscure e romantiche. Symphonic Gothic Power Metal.

“Raw Poetry” prende le mosse da “Musa”, un intro di archi in crescendo di epica oscurità che confluirà nella traccia succesiva. “The day of regret”, la seconda traccia assurge a dichiarazione d’intenti.
Gli Eternal Silence ti guardano negli occhi senza mai abbassare lo sguardo.
L’alternarsi del cantato di Marika Vanni e Alberto Cassina è scelta coraggiosa per un esordio. Marika disegna con vocalità alte e sempre eleganti le melodie drammaticamente liriche del bridge/ritornello mentre la voce maschile tracima in una rabbia controllata, ma non per questo meno inquieta, cadenzando con veemenza i ritmi veloci ed aggressivi del brano. Le due voci si ricongiungono a dialogare nel ritornello. Funziona tutto. L’oscurità è dalla loro.
La voce femminile detta legge in “Braving my destiny”, una cavalcata sofferta verso il destino imperscrutabile e ineluttabile. Sinfonia per chitarre, archi e piano. La melodia è presto nella testa e nel cuore dell’ascoltatore.
“My forgotten demons come to drink my tears”. Recita “Incubus” e quei demoni si manifestano in note di una tastiera solenne e tetra. Si concedono il vezzo non fine a stesso di un passaggio sintetico e  moderno. Il brano esplode in dinamiche veloci e teatrali, le voci tornano a dialogare, i demoni volteggiano evocati dagli assolo di chitarra sempre ben eseguiti.

Sulle note di un piano “Forlorn Farewell” rallenta i tempi permettendoci di riprendere fiato in un pezzo meditato e introspettivo, dipingendo lo spazio che ci divide da un addio sofferto.
“Run in search of flame” è spinta dal basso di Alessio Sessa verso velocità sinfoniche più sostenute mentre i duetti vocali stavoltano diventano teatro per una battaglia epica sotto un cielo infuocato.
Segue “Lord of the Darkest Night” che senza cedimenti disegna melodie quasi medievali (i Blackmore’s night incontrano i Kamelot più sinfonici) tra toni scuri, melodie distorte e sinfonie a chiosa di un altro possibile singolo.

…..e le altre cinque tracce?  Per coloro che sono ancora svegli durante la lettura del mio testo consiglio di ascoltarle perchè gli Eternal Silence vi sorprenderanno con soluzioni che a volte inglobano l’hard rock degli 80′ come in “Beneath this storm” ed altre volte indugiano verso l’hardcore come in “Death and the maiden” qui la voce maschile si arrischia in un’aggressione alla Evanescence mentre Marika inventa, disegna nuove melodie  risultando ancora una volta versatile ed incantevole.

Per concludere? Quanta impazienza.
Quindi? Ok. Ok. Non è perfetto. La copertina non convince più che altro per l’uso dei colori, quel bianco a contrasto con il marrone non funziona. Inoltre l’album è stato autoprodotto: una maggiore esperienza avrebbe potuto restituirci suoni più profondi esaltando l’impatto, già notevole, delle canzoni stesse.

Tuttavia….
…ci piace anche così. Al bando i suoni plasticosi e artificiosi di certe modernità. In questo esordio c’è il piacere selvaggio di ritrovarsi nella propria musica di sempre, di osare senza dimenticare le proprie origini ed allo stesso tempo di muoversi tra le partiture di ciò che si conosce bene.

Un esordio  convincente che rivendica con forza di essere ascoltato.

 

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