Recensione: Run With the Wolf

Di Marco Giono - 7 Aprile 2015 - 13:00
Run With the Wolf
Band: Drakkar
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2015
Nazione:
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75

2012, Annus Metallis

Signori,
è giunta l’ora di rialzarci. Molti di noi sono rimasti fermi a dieci anni fa, a quell’ultimo epico tour ed è inevitabile il riaffiorare di ricordi legati al nostro valoroso compagno e amico ormai disperso tra margaritas e sombreri. Lasciamolo alla sua nuova onorevole vita. Cerchiamo però di essere chiari. Qui e ora, non voglio una semplice band, pretendo un’armata di valorosi e se dovessi chiedervi di seguirmi anche nel più putrefatto locale di periferia dai wc incrostati di ruggine e infestato da tarme bioniche, quale sarà la vostra risposta?

…Ahu! Ahu! Ahu! [clangore di scudi e lance]

Come i trecento valorosi spartani che difesero la Grecia dalle orde persiane… un manipolo di guerrieri di metallo pronti a tutto…

…Ahu! Ahu! Ahu! [clangore di scudi e lance]

Non vi avevo ancora chiesto nulla però…andiamo a farci una birra, va, meglio, molto meglio.

2015, Hic et Nunc: Ahu! Ahu! Ahu! 

Una decade di silenzio o quasi, infatti dal 2002 al 2012 gli italiani Drakkar rilasciano solo un ep intitolato “Classified” nel 2007. Cosa è successo realmente? Perché una band che ha pubblicato, dal 1998, in quattro anni, tre album di buon livello scompare? Nella mia introduzione citavo come elemento detonante la defezione di un elemento piuttosto importante per il gruppo il batterista Christian Fiorani. Poi ci sono stati cambi di line-up e forse la necessità di prendere le distanze, di ritrovare le forze e ricominciare. Così nel 2012 l’unico superstite dalla fondazione (che si fà risalire al 1995) della band milanese è il chitarrista Dario Beretta che affiderà la batteria a Mattia Stancioiu (ex. Labyrinth) in qualità di sessionista. A completare il gruppo vi sono Dave Dell’Orto alla voce, Simone Cappato al basso e Corrado Solarino alla tastiera. Danno quindi alle stampe “When Lighting Strikes” (2012) per la My Kingdom Music ed è un ottimo modo di ricominciare, persistendo in quel power metal che si rifà alla scuola teutonica di Rage, Blind Guardian, Gamma Ray e Helloween
Nel 2015 i Drakkar forti di un nuovo batterista Paolo Pirola e del nuovo tastierista Emanuele Laghi ci riprovano. “Run with the Wolf” è il titolo del loro ultimo album. E’ tempo quindi di inseguire il lupo per la periferia di Milano verso quel Valhalla tedesco ove comandano dei antichi e potenti. Saranno all’altezza? Andiamoci a vedere dentro. 
La prima traccia “Rise of the Dark Lords” è intro altisonante che sembra dare forma a figure imponenti avvolte da un polverone di note sinfoniche e oscure. Nel brano successivo “Under the Banners of War”  comincia la marcia potente ed epica dei Drakkar innescata da riff pesanti, una batteria incensante e soprattutto la voce di Dave Dell’Orto che senza troppi fronzoli si abbatte su di noi, ruvida, rabbiosa per poi deflagare in un ritornello epico. Come mi sembra? Dannazione qui funziona tutto! Prima bordata andata a segno nei cieli stellati e immoti del power metal.
Un riff che è archetipo hard rock riletto in chiave metal da l’avvio a “Run with the Wolf”, le tastiere paiono scherzare sovrapponendosi alle chitarre quando la voce torna a martellare per espandersi in un ritornello  verso l’alto a liberare il lupo in una corsa selvaggia. 
Se pensate che è tempo di riprendere fiato. Scordatevelo. La quarta traccia “Watcher on the Wall”, ove vi è ospite alla batteria Mattia Stancioiu, è apocalissi di power metal e quel perentorio “winter wil come” a chiudere il ritornello ti si stampa in testa, sono certo che troverà anche questo brano il suo posto in una possibile set-list. 
Nella prossima traccia esitano, vorrebbero ma non riescono. Dai ci sta… un riempitivo? Neanche per sbaglio. Io vedo velieri all’orizzonte e il Jolly Roger non posso certo confonderlo. Così “Ride the Storm” diventa rilettura dei leggendari Running Wild in chiave Drakkar. Melodia del ritornello e cori da manuale piratesco. Preparate le casse di grog si salpa verso il glorioso passato. 
La sesta traccia “Burning” è tempesta di riff granitici e un cantanto che non molla di un oncia, sempre aggressivo, per lasciarsi andare in acuti taglienti con voce che in alcuni momenti si sdoppia. La batteria martella incensantemente e il ritornello esplode oscuro e colpisce senza pietà.
I Drakkar poi stupiscono con un brano folk intitolato “Southern Cross” di probabile origine irlandese. Chitarra acustiche ad accompagnare cormanuse, poi la voce si muove decisa, ma non brutale riuscendo così a far emergere dal nulla un vecchio pub abbandonato e a farlo riprendere vita. 
Se vi siete rilassati a sognare di antichità varie dovrete fare i conti ora con l’ottava traccia “Gods of Thunder”, qui i riff tornano a martellare, mentre la voce possente di Dell’Orto duetta con quella più acuta di Terence Holler degli Eldritch. Il ritornello è roba alla Gamma Ray, ma ancora una volta questi milanesi ci sanno fare e impreziosicono il brano con passaggi vocali e strumentali a rendere il tutto ben riuscito e personale. 
Quindi il successivo brano intitolato “Invicible” si muove su un riff che rimanda ai Thin Lizzy e le melodie a seguire in un mood rock felicemente rivisitato e impreziosito da cori in lingua italica. 
Invicibili i Drakkar? Pare proprio di si. Infatti chiudono con un brano intitolato “Call of the DragonBlood” della durata di sette minuti alzando di nuovo la posta. Il brano apre con un arpeggio inquieto che confluisce in un riff sinistro… Come va a finire? Esplosioni, razzi, missili terra-aria, tutti morti… Dicevamo? Ah si. Qui il gruppo italiano diventa epico come non mai perché Asgard aspetta…”The Call of the Dragon Bloooood!!!” Non sono stato chiaro? Ascoltatela, che aspettate!
I Drakkar decidono di tornare indietro nel tempo aggiungendo un secondo cd di cinque traccie che viene però incluso solo nella versione digipack di “Run with the Wolf”. Recuperano così quattro  traccie dei primi due album riregistrandole da zero con la voce di Dell’Orto (ricordo che nei primi due album il cantante era Luca Cappellari) e migliorandone i suoni, mentre la quinta traccia “Galadriel’s Song”, dal terzo album intitolato “Razorblade God”, diventa orchestrale. 

…Portate una cassa di grog. Ora!

Se avete letto la mia disamina del disco probabilmente potreste fare a meno di questo paragrafo che è la solita roba del tipo “il giudizio implacabile del Recensore Onnisciente”. Altrimenti posso dirvi che questo è un album prodotto da Mattia Stancioiu senza sbavature o esitazioni. Certamente ogni traccia merita tutta la vostra attenzione, infatti i Drakkar omaggiano gli antichi dei del Power Metal con una capacità non comune nel creare melodie di grande impatto in un incedere potente, ma mai fine a sè stesso. 
E se mi chiedete, ma “Run with the Wolf” merita di essere acquistato? La mia risposta è …Ahu! Ahu! Ahu! [clangore di scudi e lance].

Marco Giono

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