Recensione: Sacrifices to the Moon

Di CirithUngol - 1 Dicembre 2004 - 0:00
Sacrifices to the Moon
Band: World Below
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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86

Spettacolare esordio per gli svedesi World Below che con questo Sacrifice to the Moon incidono il loro nome tra i massimi esponenti della scena doom attuale. L’album è prodotto dalla neonata Doom Symphony una divisione della ben più celebre Underground Symphony. Questi tre Svedesi mi hanno impressionato sin dal primo ascolto per via di una ricercatezza negli arrangiamenti che, partendo dalle solite radici sabbathiane, amplia il proprio raggio artistico arricchendo la solita struttura sonora (tipica del genere) di numerosi cambi di tempo, rimanendo comunque ancorata su territori doommeggianti.

Non mi viene in mente un termine di paragone che vi possa descrivere in maniera piena a concreta il sound offertoci. Rispetto ad esempio al doom proposto dai Candlemass il sound degli World Below risulta molto più pesante ed opprimente, meno regale e solenne ma più mefistofelico nel suo incedere.

L’ atmosfera generale non permette il ben che minimo raggio di sole, ogni riff, ogni singola porzione vocale, ogni passaggio strumentale sparso all’interno di queste otto gemme si incastona perfettamente andando così a creare un’atmosfera cimiteriale ideale per una vostra ipotetica visita agli inferi.
Immaginate quindi una sorta di Saint Vitus meno statici ma ugualmente oscuri con diverse sfumature strumentali ricreate dalle chitarre che arricchiscono i massicci riff portanti. La sintesi di quanto appena detto ci viene meglio descritta nella spettacolare title track, agghiacciante manifesto sonoro che non mancherà di rallentare ulteriormente i battiti cardiaci degli amanti di queste sonorità.

Un arpeggio sgraziato dal sapore orientaleggiante viene interrotto da un riff sofferente che spiana la strada a malate linee vocali prima che un nuovo riff schiaccia sassi si insinui nell’ossatura monolitica di questa song. Assolutamente da menzionare sono gli oltre nove minuti della tenebrosa “Ancient Rites Of The Black Cult” dove gli World Below riescono nella difficile impresa di non annoiare l’ascoltatore per via delle numerose lugubri atmosfere disegnate dagli strumenti e dall’aiuto di un tappeto tastieristico atto solo ad evidenziare l’impalpabile malvagità che traspare dal sound.
Una colata di massicci riff sabbathiani preannuncia la lovecraftiana A Forgotten Civilization caratterizzata da un testo molto breve ma arricchita da agghiaccianti partiture strumentali che evidenziano la ricercatezza sonora partorita da queste tre losche figure. L’inizio di Vegance potrebbe essere descritto come un lieve rallentamento dello storico riff di Paranoid ma da li a poco si torna prepotentemente a parlare di angosciante doom metal con l’arrivo dell’ennesima lenta rasoiata elettrica.
Il riff portante di Gatherings In The Forest sembra provenire direttamente dalla mente malata di Tony Iommi ma parti acustiche e tenebrosi arpeggi sparsi nell’arco dei suoi sette minuti impediscono di etichettare gli World Below come semplici cloni del sabba nero.
La finale Witchbrew riprende lo schema dell’iniziale Blood For Draculic e risulta a fine ascolto l’episodio più immediato e di facile assimilazione per via di un ritornello facilmente memorizzabile e soprattutto per la riuscita amalgama tra parti più rilassate ed altre leggermente più veloci come ad esempio nella porzione finale dove riecheggia il galoppo di Children of the Grave.

Il disco in oggetto è un acquisto obbligatorio per ogni appassionato di doom ma credo che possa tranquillamente essere apprezzato dagli estimatori delle sonorità più legate all’heavy metal classico.

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