Recensione: Sanguinaria

Di Alessandro Rinaldi - 9 Agosto 2025 - 0:12
Sanguinaria
Band: Morcolac
Etichetta: Dusktone
Genere: Black 
Anno: 2025
Nazione:
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77

I Morcolac sono una di quelle gemme nascoste nel cuore del sottobosco dell’underground italiano, con due ottimi album nello scaffale, A Vampiir Is Born e Vrykolakas oltre all’EP Drawbridge to Citadel of No More Dawn.

Una band prolifica se consideriamo che il progetto ha visto (per così dire) la luce nel 2021 e che torna a far parlare di sé con Sanguinaria, che si compone di sette tracce per una durata complessiva di poco inferiore ai 40 minuti di musica. Molto bello l’artwork, opera di Vhan Artworks, nell’estetica molto vicino all’universo tolkeniano: primeggia l’immagine di un drago, simile ad un Nazgul della Terra di Mezzo, che vola verso in una città che ricorda in modo vago e sfuocato Minas Tirith.

La band nasce  da un’idea di Sadomaster (voce, basso e chitarra), e dalla sua propensione verso il lato più tenebroso della notte: forte, infatti, è l’influenza del Mondo Oscuro sul musicista italiano e di opere quali Dracula di Bram Stoker o Nosferatu di Friedrich Wilhelm Murnau, oltre alle leggende su vampiri e lupi mannari della tradizione e folklore. I Morcolac attingono a piene mani dal passato glorioso del black metal, ed è facile scorgere riferimenti a band come Satanic Warmaster, Vargrav, Order of Nosferat, Obtained enslavement, Evilfeast.

Si parte forte con la title track,  Sanguinaria, il cui riffing è graffiante e convincente, egregiamente supportato dalla voce ispirata di Sadomaster; le tastiere ad effetto organo creano delle atmosfere di paura che ricordano quelle del Nosferatu di Murnau. Seguono, invece Ominous Castledusk, dall’orecchiabile riff e Blacklight Torches from Below, vero e proprio gioiello, che unisce il meglio del repertorio della band: un tessuto di chitarre su cui emerge il growl di Sadomaster, epico e romantico, in cui l’organo è il corollario perfetto, che disegna un’atmosfera lugubre e di morte poetica. Si prosegue con Dragonbanners Draw the Horizon, fortemente influenzato dagli anni ’90, Maze of Glorious Flowing, che alza il piede dall’acceleratore, e ci fa respirare un po’ puntando maggiormente sulle atmosfere, in cui i Morcolac ci propongono un piccolo e interessante gioco di voci molto lugubre. Bloodhorns Are Calling ci riporta sul mood del disco, tornando a graffiare le nostre orecchie; chiude Marshwaves Consume the Oblivion Cliff, un’outro delicata, che ci conduce verso la fine di questo lungo viaggio nell’oscurità.

Non è vampirica blasfemia associare le chitarre dei Morcolac a quelle di Cruelty and the Beast dei Cradle of Filth: un tessuto che è la sintesi perfetta tra la ruvidezza del black metal e la thanatonica poesia che accompagna la figura del vampiro, un equilibrio perfetto che ci consegna un grande album che avrebbe potuto essere grandissimo. Sanguinaria è suonato e costruito benissimo, tuttavia i brani migliori sembrano essere proprio quelli che vedono l’uso di un effetto organo, che ricordano le atmosfere create da Murnau nel suo capolavoro: una scelta di questo tipo, avrebbe proiettato Sanguinaria decisamente più in alto, oltre a rappresentare uno step evolutivo nella proposta artistica della band.

Resta, comunque un lavoro di grande valore che ogni nostro lettore dovrebbe ascoltare.

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