Recensione: Sapiens, Chapitre 3/3: Actum

Di Pasquale Ninni e Leonardo Ascatigno - 27 Giugno 2022 - 22:26

Nella vita esistono dei copioni che, benché tutt’altro che scontati, rispondono a uno schema consolidato quanto chiaro; a tal proposito se ne potrebbero menzionare tanti e di varia natura, ma, rimanendo nella perimetrale di questa trattazione, preme evidenziarne uno: quando ci si muove nell’ambito del prog la minaccia di imbattersi in qualcosa di ripetitivo, già sentito e scontato è forte e quasi sempre impetuosa. Tutto questo si pennella a tinte paradossali perché più si vuol ricercare l’originalità (tipica del genere), più ci si vuole spingere verso orizzonti inesplorati e più, invece, si lambisce il già sentito. Questo senza evidenziare il fatto che l’eccessivo sperimentalismo porta a delle scelte a tratti discutibili, magari in grado di appagare l’ego del musicista, ma che porta l’ascoltatore a passare velocemente al brano successivo. Questa situazione è stata vissuta sicuramente da tutti.

Il caso di Jean Pierre Louveton (JPL), cantante e chitarrista attivo a suo nome dal 2002, è emblematico e fa gridare al “peccato!” perché l’idea del suo progetto musicale è assolutamente interessante, intrigante, aderente al contesto storico che viviamo, ma alcuni aspetti musicali non abbracciano adeguatamente tutto questo.

Sapiens, Chapitre 3/3: Actum, questo il titolo dell’ultimo lavoro di JPL, è il 3^ capitolo (il migliore) della trilogia Sapiens, dopo Exordium e Deus Ex Machina, nella quale si racconta di un viaggio attraverso la storia dell’umanità la quale lascia la terra per vivere un nuovo corso tra le stelle.

Il progetto è affascinante e visionario, peccato però che JPL, dopo una incredibile e longeva carriera che lo ha visto impegnato (a oggi) in ben 22 album, si riferisca a stilemi ormai scontati, sia nei suoni, che nelle influenze (rock, jazz, elettronica, ecc…), passando per la costruzione dei brani.

Tutto questo appare ancor più evidente dal font utilizzato in copertina e dalla grafica della copertina stessa, infatti questi sono troppo ispirati da quanto fatto, per esempio, dagli Yes o dagli ABWH. In tutta franchezza siamo ai limiti del plagio.

Purtroppo la tendenza regressive del prog non rende onore e giustizia a un genere che ha sublimato l’arte della musica, ma oggi replicare quanto fatto, per esempio, negli anni ’70 senza una possibile evoluzione appare una pastoia dalla quale bisognerebbe liberarsi; si pensi alla suite Memento Mori, cinque parti che a un certo punto, nonostante la bellezza, impantanano l’ascoltatore.

Ci si è interrogati se le perplessità fossero legate all’utilizzo del francese, lingua desueta in questo panorama musicale, ma questo non appare un limite anche per i puristi dell’inglese, anzi può rappresentare una bellissima variante; quello che lascia perplesso è altro, tipo i tempi del cantato o le scelte (timbriche) delle altre voci.

Peccato, perché le potenzialità per fare un grande album sono tutte presenti in JPL, rimane che per apprezzare Sapiens, Chapitre 3/3: Actum bisogna dare una spallata al genere a cui si ispira; soltanto così si riuscirà a godere di questa fatica musicale.

Jean Pierre Louveton, mente del progetto nonché cantante, chitarrista e produttore (alcuni lo ricorderanno impegnato in gruppi come i Nemo o i Wolfspring) è notevolmente intenzionato a confezionare un album che sia da ricordare. Operazione questa assai ambiziosa e le prime noti di Paradis Perdu fanno ben sperare. Passaggi strumentali prog che ricordano, come detto, i bei tempi andati. Alcuni temi di chitarra sono davvero indovinati, soprattutto dopo i verse.

Mon Cercueil comincia sottotono in un mix tra cantautorato francese e blues confondendo le idee di partenza riguardo al sound, ma è questo il bello, la track riprende con un bel crescendo tra sonorità dark wave e schemi ritmici variegati. Degno di nota il solo di chitarra finale, epico ed emozionante sorretto da orchestrazioni altrettanto maestose.

Le parti di batteria si dividono tra Jean Baptiste Itier (ex Nemo) e Florent Ville, entrambi musicisti poliedrici che si calano perfettamente nei panni del capitano JPL.

In Alias (La Machine²) è però il basso di Didier Vernet a farla da padrone, un groove decisamente spinto e travolgente nella parte centrale, peccato per le linee melodiche vocali non proprio all’altezza. La stessa canzone esce come singolo a metà marzo con un video molto particolare.

Segue Dansez Maintenant, traccia godibile, ma che conferma quanto detto fino ad ora.

Detto ciò si arriva all’opera più pomposa dell’intero platter, ovvero Memento Mori, una sorta di suite formata da cinque stanze da 23 minuti in totale.

Qui l’epicità da subito vuol segnare il passo con Marche Vers L’Inconnu e subito dopo con Tempus Fugit.

Di esperimenti di questo tipo, come già anticipato, ne abbiamo ascoltati tanti, alcuni felici altri un po’ meno. C’è da apprezzare la volontà e soprattutto la passione del compositore e alcune sessioni strumentali che sono davvero da manuale.

In questa suite purtroppo manca una vera e propria prestazione vocale che possa alzare l’asticella fino a poter proporre una “opera magna” (termine che si addice sempre in queste situazioni prog bibliche) e infatti La Mort Du Roi e Paria verrano ricordate solo per alcuni passaggi bassistici e per inserti al sax di Sylvain Haon.

Chiude il tutto Acta Fabula Est, inizialmente in sordina con arpeggi di chitarra acustica molto riflessivi e quasi ambient, sfociando poi in stilemi strumentali simil Nightwish con il classico effetto corale richiamato dalle tastiere di Guillaume Fontaine. Il brano è anch’esso strumentale (come i primi due di questa lunga e un po’ stancante Memento Mori), ma c’è da ammettere che, come nei più bei dischi prog che tutti noi abbiamo nel cuore, è di sicuro quello per cui vale la pena comprare il disco.

Un po’ come accade per Supper’s Ready in Foxtrot dei Genesis oppure per Perpetual Change per lo The Yes Album o ancora per Magnum Opus per il Leftoverture dei Kansan, solo per citare alcuni colossali momenti di pura magia della storia della musica progressive.

Più si va avanti con i minuti e più le note di ogni strumento (chitarra su tutti) riescono ad emozionare e a lasciare un bel ricordo di questo Sapiens chapitre 3/3:Actum, un album molto intenso che potrà far felice qualche nostalgico (anche in materia di suoni e di produzioni tipiche del genere), ma che consigliamo a tutti per un bel viaggio di 45:04 minuti attraverso scenari e paesaggi totalmente partoriti dalla mente di un apprezzabile musicista.

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