Recensione: Slaves Of The New World

Di Andrea Loi - 21 Dicembre 2008 - 0:00
Slaves Of The New World
Etichetta:
Genere:
Anno: 1999
Nazione:
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90

Il nome di Mike Slamer, chitarrista e compositore statunitense, alle orecchie di chi frequenta un certo tipo di sonorità har/oriented, non risulterà certo ignoto.

Percorrendo la sua lunga carriera, che lo vide esordire giovanissimo negli anni Settanta con i City Boys e poi negli anni Ottanta proseguire con i seminali Streets (autori di due storici albums), non si può certo ritenere trascurabile il suo contributo alla causa del rock melodico. Tutto questo senza contare la miriade di collaborazioni con artisti che si sono avvalsi della sua “consulenza”: Kix, Fiona, Warrant, Wall of Silence, House of lords, Paul Shortino solo per citare i principali.

I più assidui ricorderanno ovviamente le sue performance più recenti nei due ottimi album dei Seventh key in compagnia di Terry Brook (Strangeways) e Billy Greer (Kansas, Streets) ed il progetto Steelhouse Lane, band che prese vita nella seconda metà degli anni Novanta, con la quale rilasciò due full-length. “Metallic blue” del 1998 e “Slaves of the new World” dell’anno successivo.
Rispetto all’esordio, pur mantenendo pressoché inalterate le coordinate stilistiche nell’approccio a un hard “vigoroso” e compatto, nel secondo capitolo – oggetto di questa recensione – fu evidente una maggiore convinzione, sublimata da quel gusto melodico da sempre marchio di fabbrica del buon Mike.

“Give it all to me” e “Find What we are lookin’ for”, tracce d’apertura, sono l’esemplificazione di quanto appena riportato. Potenza e sfuriate chitarristiche dal taglio deciso, che cesellano riff di millimetrica precisione.
Da queste premesse è facile dedurre come il sound che caratterizza tutto l’album può a ragion veduta, essere circoscritto a un class rock impregnato di elementi le cui caratteristiche devono essere ricercate timidamente nell’ Aor più “muscolare” ed in parte nell’hard più solido e risoluto.
Sarà questo il leit-motif dell’ album, con relative concessioni melodiche e “divagazioni” timidamente blues, molto vicine allo stile dei Damn Yankees di Ted Nugent.

“Son a loaded gun” monolitica nell’arrangiamento, è un’ulteriore conferma. Il feeling e l’anima dello stesso Slamer emergono appieno, recuperando un back-ground, che appare attualizzato in chiave “anni Novanta”.
“Turn around” è invece una power ballad dalle sfumature armoniose, classificabile come uno dei picchi più elevati di tutto il full length. Ruffiana e ariosa nella migliore tradizione romantica, ha il pregio di non banalizzarsi grazie a richiami dal sapore country e al sostegno delle chitarre. Esattamente l’opposto della furia della title-track, rocciosa e determinata, quanto “impegnata”.

“All I believe in” apre un capitolo intenso e molto ispirato ai Dare post “Blood from stone”, quelli dalle venature malinconiche più “colte”, in cui le chitarre recitano un ruolo di grande suggestione. Grande feeling quindi, in grado di sensibilizzare l’ascoltatore, valorizzando di conseguenza la dimensione passionale del disco.
La scanzonata “Into deep”, rompe poi il ritmo. La sua struttura in chiave “hair” ci catapulta direttamente nella seconda metà degli anni ’80 e ai Motley Crue più scanzonati.
L’ “apocalitica” “The nightmare begin” ripropone invece il gruppo in chiave epica e solenne, con una netta riscoperta di sonorità tanto care al “class metal”.

I pezzi conclusivi rappresentano una ulteriore garanzia della validità di questa release.
“All or nothing” è intrisa di atmosfere country dalle accelerazioni improvvise, mentre un discorso a parte merita “Seven seas”. Un pò “sacrificata” nella scaletta, avrebbe potuto dare uno slancio commerciale più deciso al disco.
La song parte subito in quarta e si rivela un anthem avvincente dal chorus sontuoso e dalle chitarre inaspettatamente in stile Queensryche di “Empire” (Another rainy night ? ).

Citazione infine anche per “Where are you now”, brano concluivo di un disco che, pur se poco celebrato, è da considerarsi determinante per l’epoca e motivo di grande vivacità nel panorama hard ‘n heavy del periodo, genere di lì a poco, pronto a rivivere una nuova età dell’oro.

Un altro momento decisivo dell’hard “di lusso”.

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Tracklist:

01.Give It All to Me
02.Find What We’re Lookin’ For
03.Son Of A Loaded Gun
04.Turn Around
05.Slaves Of The New World
06.All I Believe In
07.Into Deep
08.The Nightmare Begins
09.All Or Nothin’
10.Seven Seas
11.Where Are You Now

Line Up:

Keith Slack: Vocals
Mike Slamer: Guitars, Keys
Alan Hearn: Bass
DeWayne Barron: Drums
Chris Lane: Guitar
Chris Thompson, Tony Fields: Backing Vocals

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