Recensione: Sons of northern darkness

Di Dr.Kappa - 6 Febbraio 2002 - 0:00
Sons of northern darkness
Band: Immortal
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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90

La band di Bergen, una vera e propria istituzione in ambito black metal, torna
con un nuovo album dopo i discussi “At the heart of winter” e “Damned
in black”.

Dopo il forzato abbandono di Demonaz, che comunque continua ad occuparsi dei
testi, gli Immortal hanno sfornato due buoni dischi che hanno però lasciato
perplessi alcuni fan di vecchia data.

Le parole di Abbath erano chiare: sond rappresenta un evoluzione del sound
Immortal, che comunque rimane legato a quanto fatto in passato. Queste dichiarazioni
hanno creato ancora più interesse intorno a sond, che è stato
correttamente considerato come un disco fondamentale per gli Immortal.

Mi sono avvicinato a questo disco con molta cautela, sapendo che i tempi di
“Pure Holocaust” sono lontani e che lo stile degli ultimi due album
non sarebbe stato riproposto dal combo norvegese.

Il disco si apre con One by One, un capolavoro in cui le due anime della
band, il classico black metal iper-veloce e gli ossessivi riff che sono accompagnati
dai glaciali vocalizzi di Abbath, si fondono assieme per dare vita ad un nuovo
classico made in Immortal. La title track è molto bella, un vero e proprio
inno di battaglia per tutti i figli dell’oscurità nordica. La canzone
forse più bella di tutto sond è Triumph. Fredda come gli
abissi della disperazione più nera, è dominata dalla chitarra
di Abbath che colpisce per precisione e intensità. La parte centrale
è caratterizzata da sonorità più ambientali e calme, che
non diminuscono l’appeal della canzone, anzi la valorizzano ancora di più
in attesa di un finale da brivido in cui Abbath sfodera una serie di riff disarmanti.

Con Demoniumgli Immortal riescono ancora a stupire creando quattro minuti
in cui il loro talento riesce a esprimersi ai massimi livelli. Within The
Dark Mind
ci riporta su ritmi più lenti in stile “Damned in
black”. In My Kingdom Cold rappresenta al 100% i nuovi Immortal
e non si rimane delusi da questi sette minuti di ottima musica. Ascoltando Anctartica
sembrerà di essere circondati dal ghiaccio e dai venti del nord. Abbath
è autore di una performance magistrale e la sua voce contribuisce molto
a fare di questa traccia una pietra miliare. Beyond The Northwaves è
la migliore conclusione possibile per sond. É chiaro a tutti cosa stanno
facendo gli Immortal: vanno avanti oltre le onde del mare del nord e nessuno
puo’ cercare di seguirli…

Non ci sono scuse, questo disco è un must-have per ogni appassionato
di black metal. Entrando più del dettaglio, c’è da notare la grande
performance di Horgh alla batteria, che in alcune parti mi ha ricordato il già
citato “Pure Holocaust”. La voce di abbath negli anni è cambiata
ma ha mantenuto intatta la sua tinta glaciale e demoniaca. Il lavoro svolto
all’Abyss Studio si sente ed il suono al quale si è arrivati in fase
di produzione è di altissimo livello. Mai avevamo sentito gli Immortal
suonare cosi, e adesso non potremo più farne a meno. Come ho già
detto questo disco è un capolavoro, e sarebbe un peccato mortale lasciarselo
sfuggire. Il black metal oggi sono gli Immortal e pochi altri, e a meno che
non vi sentiate più attratti da influenze eletroniche come quanto fatto
dai maestri del genere, gli Aborym, dovete entrare nel mondo di Blashrik e le
vostre guide non potranno essere che Abbath, Iscariah e Horgh…

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