Recensione: Strung out of Hell

Di Massimo Giangregorio - 21 Settembre 2025 - 12:18
Strung out of Hell
60

I power-trios sono sempre stati sinonimo di performance altamente energetiche; basti pensare agli Dei Motorhead, ai mitici Venom, agli adrenalinici Raven, ai primi Whiplash e compagnia bella (..oddio..). Questo, è un terzetto di ragazzotti provenienti da Birmingham, nella terra di Albione, formatisi non si sa bene quando; la cosa certa è che nel 2023 (dopo una sfilza di singoli) hanno partorito il loro debut album omonimo. Proponevano un sound alquanto variegato, che spaziava dal bluesaccio malefico allo speed.

A distanza di due anni , dopo l’uscita di due singoli-antipasto, si ripropongono con questo  “Strung out of Hell”, senz’altro più deviato verso le influenze stoner/sludge.

Dopo una opening-track che scorre via senza lasciare il segno, ci piomba addosso “Scream Bloody Murder”, che ha costituito uno dei due singoli di cui si è accennato prima.

Interessante è  “White Wedding”, cover di Billy Idol ben rielaborata e sottoposta a terapia di “appesantimento” musicale. “Mars Rover” mi ha ricordato molto, nel suo incedere iniziale, “Woman” dei Witchcraft, salvo poi mutarsi in cadenzone sinistro. “Dig Your Way Out” (il secondo singolo di cui sopra) sfoggia un outtake di basso da brividi che fa da preludio ad uno screamo niente male. La chicchetta maledetta è rappresentata da “The Fool”, in cui i nostri tre britannici sembrano fare il verso a “I think i lost my Headache” dei fantastici Queen Of The Stone Age, con tanto di sezione di fiati allucinogena. La  final-track chiude i lavori con un bluesaccio nero pregevolissimo.

 

 

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