Recensione: Subterranean

Di Alessandro Cuoghi - 6 Aprile 2010 - 0:00
Subterranean
Band: In Flames
Etichetta:
Genere:
Anno: 1995
Nazione:
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84

Spesso sentiamo parlare di perle musicali, gioielli preziosi sepolti dal tempo, incastonati in un roccioso ed oscuro passato. Momenti compositivi quasi irraggiungibili, nascosti come creature del bosco: affascinanti, magiche e possenti al tempo stesso, che per qualsivoglia motivo fanno il loro tempo e svaniscono, dimenticate da molti, ma non da tutti.

Proprio per questo motivo eccomi qua, pronto a dissotterrare dall’umido terriccio del tempo questo toccante esempio di Metal – attenzione, non Metal Estremo, ma Metal, a tutto tondo – pregno di contorta malinconia, calda oscurità ed aggressiva melodia.
Aspetti questi, contrapposti ed inscindibili, introdotti solamente da un oscuro passaggio di pianoforte: sotterraneo cunicolo musicale, crocevia per un universo decadente ed affascinante, caldo rifugio di anime oscure, libere e fuggevoli ombre.

Stiamo parlando di Subterranean, classe 1995 e “figlio minore” della discografia targata In Flames, album che segna un passaggio fondamentale nell’evoluzione di un genere, il Death Metal Melodico, che verrà abusato e violentato negli anni a venire, arrivando fin quasi a soccombere, ormai malato e contaminato all’eccesso.

Ma procediamo per gradi.

Gli In Flames nacquero in quel di Göteborg nel lontano 1990 e, assieme ad At The Gates ed ai cugini Dark Tranquillity, furono alfieri di quella particolare branca del Death Metal chiamato appunto Göteborg Style o Melodic Death Metal.
Dopo aver sfornato nel 1994 il grezzo ma fantastico debut album “Lunar Strain”, i nostri diedero alla luce questo EP di passaggio, precursore di quel “The Jester Race” che viene considerato da molti il capolavoro assoluto della band.
Ovviamente la visibilità di un EP nato tra due splendidi episodi musicali non può essere delle migliori. Fu così che questo piccolo capolavoro, paragonabile per il livello qualitativo dimostrato ai grandi classici della band, corse il rischio di passare inosservato ai più, complice anche la non facile reperibilità del prodotto.
A trarlo in salvo, oltre alla limpidezza della classe espressa, furono fondamentalmente tre riedizioni: la prima a dir poco siamese che lo vide pubblicato assieme a Lunar Strain dalla Regain Records nel 1999. La stessa label inoltre si fece carico di una seconda riedizione nel 2004 con l’aggiunta delle bonus tracks “Dead Eternity” ed “The Unborn Lifeless” (entrambe presenti nel successivo The Jester Race, sebbene il titolo della seconda sia stato cambiato in “Dead God In Me”) e due cover, per l’esattezza “Murders In The Rue Morgue” degli Iron Maiden e “Eye Of The Beholder” dei Metallica, che a dire il vero non hanno quasi niente a che spartire col sound del disco. L’ultima reissue risale al 2005 da parte della Candlelight Records, ed è pressoché identica all’uscita del 2004.

Subterranen, pur essendo un prodotto di transizione, mostra la chiara evoluzione e maggior consapevolezza di una band ormai conscia delle proprie capacità, capace di fondere abilmente elementi tipici del folk nordico a ritmiche impregnate di morte e di far danzare mano nella mano malinconiche melodie e taglienti armonizzazioni chitarristiche di scuola NWOBHM.
Ogni singolo brano che trova rifugio tra i solchi di questo disco brilla di luce propria, dimostrando genuinità compositiva, personalità e creatività eccellenti.

Sin dalle prime note dell’opener “Stand Ablaze” risulta arduo rimanere impassibili.
Bastano infatti poche tristi vibrazioni di un pianoforte decaduto e stanco, invase dopo pochi secondi dall’avanzata di chitarre marce ma pulsanti di vita, a trasmettere appieno l’atmosfera del disco, catapultandoci nel cupo universo musicale creato dalla band svedese.

La coppia d’asce Strömblad-Ljungström dimostra sin da subito di possedere un feeling oscuro e melodico, costruendo quelle trame chitarristiche armonizzate che rimarranno per sempre il maggior segno distintivo della band. Le vocals del misconosciuto Henke Forss (anche singer degli svedesi Dawn), pur inchinandosi al cospetto di quanto fatto da Mikael Stanne nel primo disco, risultano aggressive, marce e calzanti, completando a dovere il sound del platter.


Si procede con “Ever Dying”, che tra stacchi melodici ed esplosioni drammaticamente violente risulta un altro brano di caratura elevata, la cui stupenda outro arpeggiata ci trasporta come una delicata marea verso la title track, che con i suoi 5 minuti 46 secondi, risulta una fra le tracce più lunghe scritte dalla band. Sebbene la sezione ritmica sia pregevole, le protagoniste incontrastate rimangono le chitarre, sempre varie e capaci di spaziare tra inserti folk e gelidi stacchi di scuola svedese con una naturalezza spesso disarmante.
Che le parti arpeggiate siano cosa gradita agli In Flames è cosa ormai risaputa. A testimonianza di tale attitudine troviamo “Timeless”, breve e delicata traccia strumentale, perfettamente a proprio agio nel contesto, come un filo d’erba che si piega senza rompersi durante la tempesta.
A concludere il disco troviamo la furiosa “Biosphere”, dove lo screaming Black oriented di Forss trova il proprio ambiente naturale.

Ad ascolto terminato ci si rende conto di quanto il momento migliore per assaporare le atmosfere di questo disco, cogliendone appieno la malinconica melodia e la dolce oscurità, sia di notte, in penombra, da soli.

Ergo, spegnete la luce, accendete una sola candela ed abbassate le palpebre. Premete il tasto play dello stereo e gustatevi una delle migliori creazioni di casa In Flames, che merita appieno il grado di classico del genere ed un posto d’onore nella collezione di ogni appassionato di musica che si rispetti.

Alessandro Cuoghi

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Line Up:

Jesper Strömblad: guitar
Glenn Ljungström: guitar
Johan Larsson: bass
Henke Forss: vocals
Daniel Erlandsson: drums, tracce 1, 2 e 4
Anders Jivarp: drums, tracce 3 e 5
Björn Gelotte: drums, compare sul booklet come batterista ufficiale ma non prese parte alle registrazioni

 

TRACKLIST:

1. Stand Ablaze        
2. Ever Dying        
3. Subterranean        
4. Timeless        
5. Biosphere    

bonus tracks 2004 e 2005:

6. Dead Eternity
7. The Inborn Lifeless
8. Eye Of The Beholder (Metallica)
9. Murders In The Rue Morgue (Iron Maiden)

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