Recensione: Tears On the Face of God

Di Alessandro Calvi - 29 Novembre 2012 - 0:00
Tears On the Face of God
Band: Eversin
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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75

Ogni viaggio ha un inizio, ma non necessariamente deve avere una fine. Quello degli Eversin, per esempio, sembra ben lontano dal vedere una conclusione. Parliamo, in particolare, del personalissimo percorso musicale che li ha portati ad essere ciò che sono oggi. Dagli inizi contraddistinti dal power metal con risvolti sinfonici, ai primi inserti prog, alla sostituzione degli elementi power con altrettanti spunti thrash, a qualche sprazzo elettronico, fino ad oggi. Una evoluzione che non si è mai fermata, seguendo sempre l’ispirazione, le proprie tendenze e vocazioni e che oggi conosce un nuovo capitolo che ha nome “Tears On the Face of Gods”.

Rispetto a “Divina Distopia”, il primo platter ad uscire sotto il nome Eversin (dopo gli esordi come Fuoco Fatuo), fin dalle prime note si potrebbe pensare che sia stata lasciata da parte un po’ di voglia di sperimentare. Questo perchè (e il resto dell’album ce lo conferma) l’elettronica non ha più lo spazio che era riuscita a ritagliarsi in precedenza, anzi è quasi del tutto assente (se non consideriamo l’eccezione di qualche voce filtrata). Quello che l’ascoltatore si trova di fronte con “Tears On the Face of God” è un muro sonoro violento e granitico composto esclusivamente da chitarre, basso e batteria.
In realtà le caratteristiche che avevano reso gli Eversin degni di nota, ci son ancora. Non infarcire il proprio sound di influenze ed elementi diversi (che in alcuni casi potremmo definire addirittura “estranei”) non significa necessariamente fare qualcosa di scontato o già sentito, così come mescolare mille generi musicali differenti non significa automaticamente sperimentare. Semplicemente “Tears On the Face of God” segna un ulteriore step evolutivo del gruppo che, dopo tanti tentativi, sembra aver trovato una sua, personale, quadratura del cerchio.
Lo fa operando una vera e propria scelta di genere, decidendo, quindi, dopo tanti esperimenti, di puntare sul thrash metal come stile più adatto al messaggio musicale e tematico del gruppo. In realtà quella che potrebbe sembrare una decisione capace di portare con sé un impoverimento del sound della band, si rivela come quella migliore per permettere ai componenti degli Eversin di esprimere, finalmente, tutto il loro potenziale. In questo caso, infatti, l’essersi imposti dei limiti non ha tarpato le ali alle composizioni, bensì ha incanalato le qualità impedendo che si disperdessero in mille direzioni diverse. “Tears On the Face of God” è senza dubbio l’opera più matura sfornata fino a questo momento dal combo di Agrigento, frutto sia dell’esperienza dovuta agli svariati anni passati sulla scena, ma anche, ne siamo certi, di questo affinamento della loro proposta.
Come già accennavamo in apertura, poi, non bisogna dimenticare che le caratteristiche progressive del sound degli Eversin, come certe ritmiche, certe architetture complesse, certi scambi in controtempo, non son stati per nulla dimenticati. Questi elementi, al contrario, si sposano perfettamente con l’indurimento del sound e la maggior importanza che le chitarre rivestono in questo nuovo lavoro creando un sound al contempo personale ed efficace. Se qualche critica è possibile farla, probabilmente riguarderebbe le linee vocali che, in alcuni punti, soprattutto sulle strofe, puntano più sull’efficacia che sulla melodia, a leggero discapito del normale fluire della canzone. Là dove questo non succede, invece, troviamo alcuni dei brani più pregevoli presenti in scaletta. E’ il caso, per esempio, di “Nightblaster”, che vede anche la partecipazione di un ospite d’eccezione come Tony “Demolition Man” Dolan, che molti ricorderanno soprattutto per la sua militanza nei Venom del periodo successivo alla fuoriuscita di Cronos.
Diverse altre, volendo, sarebbero le tracce meritevoli di menzione per un motivo o per l’altro. Per fare qualche nome si potrebbe citare l’intro “For the Glory of Men” che, pur trattandosi di un brano strumentale messo in apertura, in realtà coinvolge quanto una canzone vera e propria (proprio per questa attitudine a me ha riportato alla mente “Into the Lungs of Hell” dei Megadeth). Degna di nota la titletrack, con le sue sovrapposizioni vocali e le sue chitarre sempre sul filo del rasoio. Si potrebbe, poi, parlare anche della straziante “The Tale of a Dying Soldier”, che potrebbe passare quasi come la “ballad” dell’album, dato il suo mood più melodico e leggermente meno violento del resto della tracklist. O, ancora, della conclusiva “Under the Ocean” che riesce a riunire sia i passaggi più aggressivi e devastanti, che quelli più riflessivi, in un’unica canzone.

Per concludere “Tears On the Face of Gods” non è solo un gradito ritorno di una band che, senza falsa modestia, noi di TM abbiamo visto nascere, crescere e sbocciare. Si tratta anche del disco che, a nostro avviso, segna la definitiva consacrazione degli Eversin come gruppo fatto e finito. I margini di miglioramento ci son sempre, d’altra parte fanno parte del DNA stesso di questo combo, perennemente votato all’evoluzione e alla crescita stilistica e compositiva. Si tratta, però, di uno step che riteniamo fondamentale per la carriera di questa band che, raggiunta la definitiva maturità, ora potrà puntare a più alti traguardi.

Tracklist:
01 For the Glory of Men
02 Prophet of Peace
03 Nightblaster
04 Tears On the Face of God
05 Nuclear Winter
06 Death Inc.
07 The Tale of a Dying Soldier
08 Under the Ocean

Alex “Engash-Krul” Calvi

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