Recensione: The Butcher’s Ballroom

Di Ottavio Pariante - 26 Dicembre 2009 - 0:00
The Butcher’s Ballroom

La musica, distesa su cinque righe e quattro spazi per formare un pentagramma di note e di emozioni, si trasforma in un sogno: un vortice di stili, colori ed atmosfere sempre nuove. Benvenuti nell’universo Diablo Swing orchestra: sono Svedesi, arrivano dalla capitale Stoccolma e sono attivi da sei anni. The Butcher’s Ballroom è il loro primo full length, anche se il vero esordio è avvenuto tre anni prima con l’EP Borderline Hymns.
Recensire questo tipo di album non è cosa facile perché comprenderlo del tutto significa riuscire a cogliere le moltissime sfumature che, talvolta quasi impercettibilmente, danno colore alla musica del sestetto. Complice la maturità stilistica della band e la sua maniacale ricerca della perfezione, i brani offrono spesso molte chiavi di lettura anche molto diverse tra loro.

Ci si perde in un vortice musicale di Blues, Swing, musica Classica, Rock, Metal, influenze di musica folkloristica di qualsiasi tipo in cui l’ascoltatore resta sospeso in una luogo privo di dimensioni, incastrato tra le note di Balrog Boogie, rompighiaccio magico, spiazzante e ipnotico. Conscio della sua grande ricchezza di particolari, il brano si distende prima su una strofa iniziale cantata in modo gradevole e poi in un bridge e in un refrain maestoso grazie alla voce dalla cantante Annlouice Loegdlund.
Con Heroines, invece, viene cambiato bruscamente il registro: l’aria burlesca ed ironica presente nella canzone precedente diventa rarefatta; l’inizio è oscuro e cadenzato, sostenuto dalla prima strofa cantata quasi senza prender fiato, sussurrata con una rara abilità tecnica. Il ritornello, gradevole e raffinato, viene arricchito da break sinfonici incastrati nel migliore dei modi che rendono l’atmosfera ancora più mistica e ricca di pathos.
Terzo brano, terzo cambio d’abito per i nostri. Poetic Pitbull Revolutions si distacca notevolmente dalle atmosfere già create dalle tracce precedenti: una fiera di suoni e di emozioni investe e scuote l’animo dell’ascoltatore che assiste a continui mutamenti dell’umore in perfetta sincronia con l’incedere del pezzo.
Con le campane a morto di Rag Doll Physics le tracce diventano quattro: qui il protagonista del brano diventa l’organo elettrico, che fa un ingresso maestoso in scena. L’atmosfera è cupa e opprimente, la strofa lo testimonia con il suo incedere lento; il bridge è sussurrato quasi a cappella con il solo ausilio del contrabbasso, finché l’evoluzione del brano non mescola ancora una volta le carte in tavola. La canzone, da oscura e svogliata si trasforma in pazzia tanto indecifrabile quanto tremendamente intrigante, offrendo all’ascoltatore un piatto dai mille sapori che egli difficilmente ha già avuto occasione di assaporare.
Uno dei momenti più alti dell’album viene raggiunto dal duo D’Angelo e Velvet Embracer, due perle pescate in un mare già ricchissimo di emozioni. La prima è in lingua italiana scandita in modo sublime da Annalouice e ha un sapore magico; la seconda è la sua naturale prosecuzione, cantata però in lingua inglese. I ritmi da caldi e languidi diventano indemoniati e serrati, per poi essere placati per pochi istanti da un intermezzo di violino. Qui la voce della cantante è come al solito stupefacente: dolce, impetuosa, maestosa e modellata con bravura e competenza.
Avvicinandosi alla parte centrale di The Butcher’s Ballroom si incontrano quelli che forse sono i brani meno interessanti in esso contenuto: Gunpowder Chant, Infralove e Wedding March For A Bullet risultano infatti essere delle buone composizioni che però, se confrontate con i brani precedenti, appaiono più opache e mancanti di quella luce e quella folle lucidità che solitamente caratterizza lo stile Diablo Swing Orchestra.
Il suono si trasforma in silenzio solo per un attimo ed entra in scena il dolce monologo di pianoforte della breve Qualms Of Conscience, preludio della successiva Zodiac Virtues. Qui un’introduzione oscura ed evocativa di chitarre e violini dà il la alla prestazione di Hakansson, chitarra e voce solista maschile della band che mette in mostra le sue abilità canore. Il seguito del brano è un trionfo della sperimentazione più folle, una bomba ad orologeria che con la sua forza mette in secondo piano l’ultima coppia di canzoni che questo album offre, Porcelain Judas e Pink Noise Waltz. La prima, dal vago sapore etnico, è cantata in modo impeccabile da Annalouice; la seconda si presenta con un animo molto più aggressivo ma che, a parere di chi scrive, perde forza nel suo ritornello. Un vero peccato in quanto il suo finale blues affiancato a un suono di viola molto evocativo chiude in modo esemplare un album più unico che raro, da possedere a tutti i costi.

 

Ottavio “Octicus” Pariante

 

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Tracklist:

01. Balrog Boogie
02. Heroines
03. Poetic Pitbull Revolutions
04. Rag Doll Physics
05. D’Angelo
06. Velvet Embracer
07. Gunpowder Chant
08. Infralove
09. Wedding March for a Bullet
10. Qualms of Conscience
11. Zodiac Virtues
12. Porcelain Judas
13. Pink Noise Waltz

 

Lineup:

Daniel Håkansson – chitarra, voce maschile
Pontus Mantefors – chitarra
Annlouice Loegdlund – voce femminile
Andy Johansson – basso
Johannes Bergion – violoncello
Andreas Halvardsson – batteria