Recensione: The Chemical Chaos

Di Eugenio Giordano - 16 Dicembre 2003 - 0:00
The Chemical Chaos
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Anno: 2003
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80

So che gli amanti del prog saranno ancora presi dalla comprensione del nuovo capitolo della carriera dei Dream Theater e che in questo momento non sentano l’esigenza di imbarcarsi in un nuovo ascolto, ma gli ottimi Poverty’s No Crime giungono proprio in questi giorni alla pubblicazione della loro quinta prova discografica sulla lunga distanza. Il gruppo tedesco ha scritto alcuni tra i capitoli più importanti nella storia del prog europeo dell’ultima decade e la formula vincente dei nostri non è cambiata affatto, il disco è basato totalmente su un raffinato gusto melodico e linee vocali magistrali, a queste caratteristiche si uniscono passaggi tecnici e ricerche ritmche di grande caratura tecnica che aumentano il valore del disco. Siamo al cospetto di un gruppo maturo e sicuro delle sue soluzioni compositive, la musica dei Poverty’s No Crime oggi appare fluida e bilanciata come mai fin ora, i cinque tedeschi si divertono e divertono chi li ascolta senza mai risultare prolissi o ripetitivi ma cercando di guadagnarsi i favori di un pubblico esigente e orami fedele. La produzione è come al solito perfetta con le chitarre ritmiche pesanti e dinamiche in bella mostra dietro un saldo lavoro chirurgico della sezione ritmica, inutile aggiungere che ogni componente del gruppo possieda una padronanza dello strumento totale e questo si riflette in ogni frangente del platter. Le tastiere rappresentano il tratto più sperimentale di questo nuovo “The chemical chaos”, in questa sede i nostri tedeschi hanno scelto un sound fieramente innovativo figlio di contaminazioni orientaleggianti e soluzioni care al rock progressivo degli anni settanta, il tutto senza smorzare l’energia che una prog metal band deve possedere. La prima “Walk into nowhere” è un brano solare e maggiore che fonde ottime digressioni progressive a un sano riffing portante, le melodie vocali enfatizzano il senso di enfasi degli arrangiamenti e in definitiva il brano scorre fluido per quasi sette minuti di durata, una prova d’apertura maiuscola. La seconda “Every kind of life” presenta gli aspetti classici dei Poverty’s No Crime migliori, ottime costruzioni ritmiche sapientemente intrecciate e le efficaci linee vocali che consentono all’ascoltatore di seguire il brano senza perdere il filo del discorso. Tutti questi elementi vengono bilanciati con cura e gusto, a dimostrazione di una maturazione innegabile e di una sicurezza artistica invidiabile. Più drammatica e ricercata “All minds in one” è una canzone che ricorda brani del calibro di “Senses go blind”, ancora una volta troviamo ottimi spunti progressivi intrecciati a linee vocali leggermente minori ma molto coinvolgenti, c’è grande ispirazione alla base di ogni brano del gruppo. La successiva “A world without me” mi rimanda ai Fates Warning di “Inside out” con un refrain tecncico e particolare unito a melodie eleganti allacciate alle strofe, insomma una delle canzoni migliori del lotto. Lo strumentale “Terminal trip” risente fortemente di contaminazioni orientali ed esalta il valore tecnico del gruppo senza premere su passaggi eccessivamente autocolebrativi o prolissi. Davvero ottima “Pact in the past” è una lunga composizione che concretizza gli aspetti migliori del sound del gruppo, ottime le aperture melodiche, gli spazi più impostati sotto il profilo ritmico e ancora una volta eccelse le linee vocali davvero ispirate. La più pesante del disco è certamente “Left to change” che si basa quasi interamente sul riffing delle chitarre, non si tratta di un brano particolarmente ispirato, ma molto coinvolgente in un contensto live. Molto più riuscita “Moving target” ripropone i Poverty’s No Crime alle prese con melodie complesse e soluzioni sonore di grande spessore artistico, sono questi i brani che rendono un disco come questo un piccolo classico per chi ama questo genere di metal. La più sperimentale “Do what you feel” fonde l’anima del gruppo con passaggi più rock-oriented e psichedelici, le tastiere sembrano davvero dirette in questo senso. In breve direi che chi tra voi conosce già i Poverty’s No Crime non avrà nemmeno bisgno di leggere queste righe per poter essere sicuro di trovare sugli scaffali dei negozi il solito ottimo platter firmato da questa band, per gli altri che ascoltano black metal, una buona occasione per vedere la differenza reale, e misurabile, tra chi compone musica e chi sostiente di comporre musica.

1 Walk into nowhere

2 Every kind of life

3 All minds in one

4 A world without me

5 Terminal trip

6 Pact with the past

7 Left to change

8 Moving target

9 Do what you feel

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Genere:
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70