Recensione: The Coven

Di Daniele D'Adamo - 27 Marzo 2020 - 0:01
The Coven
Band: Torchia
Etichetta: Rockshots Records
Genere: Death 
Anno: 2020
Nazione:
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67

… il famigerato “Nove Porte”, libro scritto da Aristide Torchia con l’aiuto di nientemeno che Lucifero in persona. Purtroppo molti sembrano ignorare che questo libro e il suo autore siano frutto della creatività dell’autore Arturo Pérez-Reverte, che ne parla nel suo romanzo “Il Club Dumas”, dal quale è stato tratto il film di Roman Polanski con Johnny Depp. Come in tutte le storie, però, si cela un fondo di verità: l’autore si è infatti ispirato alla leggenda letteraria del “Delomelanicon”, un libro che secondo la tradizione è stato scritto da Lucifero stesso…
[Alexander DeLupus, http://alexanderdelupus.com/]

Come si può evincere dal trafiletto soprastante, è ben chiara l’origine del nome dei finlandesi Torchia che, come da moniker, si occupano di esoterismo e magia nera. La band, nata nel 2010, ha prodotto sin’ora due full-length: “Of Curses and Grief” (2017) e, appunto, il neonato “The Coven”.

Detto delle tematiche affrontate nei loro lavori, si può dire che i Torchia suonino una ‘specie’ di death metal melodico, nel senso che nel complesso il genere è quello, tuttavia intriso di vari sottogeneri metal che ne costituiscono le membrature principali su cui apporre le finiture. Le quali concorrono, tutte assieme, a definire uno stile piuttosto originale. Forse non il ‘true heavy metal of death’, come pomposamente affermato dalle note biografiche, ma comunque qualcosa di assolutamente degno su cui porre l’attenzione.

E, a tal proposito, è proprio l’heavy metal il principale pilastro di un sound potente, trascinante, spesso trafitto da parte a parte dagli ottimi intarsi della chitarra solista, capace di affrontare con naturalezza spunti di natura neoclassica. Che, come una fedele amica, accompagna con una buona dose di melodia il riffing durante tutto il disco. Riffing – messo giù da Ville Riitamaa ed Henri Heikkinen – che è assai vario ed esteso, dagli accordi non particolarmente complessi ma efficaci nella loro ortodossa elaborazione; nel senso che mostrano una dualità heavy e thrash. Lontani, cioè, dal ‘fastidioso’ zanzarìo tipico di alcune anzi troppe formazione dedite al metallo della morte. Anche la voce di Edward Torchia, come il tutto, segue canoni diversi dalla ‘solita zuppa’, coprendo le sue linee vocali con piglio feroce e grande aggressività. Evitando anche in questo caso di far parte del growling e delle altre fogge canore caratteristiche del metal estremo. Un’ugola morbosa, roca, cattiva, mossa da un tono stentoreo a pieni polmoni che ne decreta la bontà complessiva. Possente, dinamica e coesa la sezione ritmica, formata dal cupo rombare del basso di Pirkka Birkstedt e dal disarticolato drumming di Ville Virtanen, evidentemente amante della doppia cassa e dello speed metal, che peraltro non si fa intimorire dall’entrata nei folli territori dei blast-beats.

Se lo stile costruito nota a nota dal combo di Tampere può dirsi centrato e interessante, eseguito con la ‘solita’ perizia tecnica posseduta dagli act scandinavi, lo stesso non può dirsi del songwriting. Piuttosto confuso, pare non trovare un’unità di intenti, nel senso che ciascuna canzone appare sfilacciata e priva di una chiara direzione da seguire, quasi che non sia ben chiaro l’obiettivo da raggiungere. Certo, il livello tecnico/artistico dei singoli brani è comunque sufficiente, poiché qualcosa di davvero buono c’è (‘Moon, Rise!’), ma è nel suo complesso che l’LP mostra un lato debole derivante da una discontinuità compositiva evidentemente foriera di un approccio ancora acerbo alla questione. Tant’è vero che, passando e ripassando sul percorso che, da ‘Sky’, porta a ‘Forever Blood’, alla fine non rimane poi molto, in testa.

Il che è un peccato, giacché “The Coven” ha in sé tutti i semi necessari a far crescere un buon raccolto. Non si può nemmeno parlare di inesperienza, dato che la formazione della Pirkanmaa ha ormai dieci anni di vita. Probabilmente si tratta di un neo congenito in chi scrive le tracce, difficile da estirpare se non con un’azione sinergica da parte di tutti i musicisti.

Promossi… a metà.

Daniele “dani66” D’Adamo

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