Recensione: The Curse Of Crystal Vyper

Di Gaetano Loffredo - 7 Aprile 2007 - 0:00
The Curse Of Crystal Vyper
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Anno: 2007
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72

Long Live Heavy Metal.
Esaltante il disco di debutto dei Crystal Viper, capitanati dalla Doro Pesh versione polacca, Leather Wych (al secolo Marta Kroczak-Gabriel), esponente cardinale di un gruppo che ripercorre il sentiero al contrario, analizzando le radici di un genere fondato sugli idolatrati successi dei grandi eroi del passato: Accept, Stormwitch, Elisir, Angel Witch, Manilla Road e Zed Yago. Il sound è definito e, come avrete potuto percepire, circoscritto ad un metallo che più classico non si può.

Polonia dicevamo. I Crystal Viper nascono nel duemilatre e concentrano gli sforzi su un paio di brani, Wild Child e Chaos Rising, finiti rispettivamente su dischi tributo di W.A.S.P. e Cirith Ungol. La line up ufficiale prevede le chitarre di Andy Wave e Vicky Vick (che si rivelano fondamentali ai fini della valutazione globale del prodotto), il basso di Tommy Roxx e la batteria di Golem a supporto della Wych.
Duemilasei, ancora tempo di tributi: è la volta di Flaming Metal Systems in ossequio ai Manilla Road che anticipa la firma sul meritato contratto, offerto dalla Karthago Records per la pubblicazione e distribuzione del debutto (si tratta di un concept) intitolato The Curse Of Crystal Viper. Album rilasciato dalla High Roller Records, e mi rivolgo ai collezionisti, anche nella versione in vinile limitata a cinquecento copie.
 
Se escludiamo una spiccata inversione di tendenza verificatasi nei capitoli centrali del disco, non ci resta che lodare un “parco brani” nei quali tecnica e pulizia d’esecuzione raggiungono vertici inaspettati, senza tralasciare quel pizzico di fantasia compositiva che risalta nei primissimi e nei successivi ascolti. Spumeggiante l’apertura di Night Prowler, epica fino al midollo Demon’s Dagger (omaggio destinato agli idoli Iron Maiden), battagliera The Fury (undead), passionale Sleeping Swords. Quattro pezzi che riassumono l’essenza tradizionalista del progetto in esame.

Il campionario sonoro, intendiamoci, non è affatto esteso o variegato e l’approccio di ogni singolo pezzo è preventivamente affidato ad un ambizioso riff (quasi sempre imbroccato a dire il vero) di chitarra elettrica: nessuno stravolgimento è consentito.
C’è da lavorare sui cori, piuttosto acerbi; necessitano di una maggiore attenzione i brani prolungati, caratterizzati da momenti di stanca e da passaggi privi di mordente.

Come accennato in precedenza, la prova dei due chitarristi in fase di costruzione armonica è effervescente, entrambi avvolgenti nella ritmica e travolgenti negli assoli, questi ultimi ricchi di grande musicalità e dispensati a profusione nei cinquanta minuti scarsi del full length.

Non vi resta che dare un ascolto ai samples linkati in basso e vagliare l’ipotesi dell’acquisto di un disco schietto e rispettabile, che rende giustizia ad un genere sempre attuale.
Genere che, a sua volta, continua a regalare soddisfazioni dai nomi più in voga e, perché no, da promettenti debuttanti, come nel caso degli ottimi Crystal Viper.


Gaetano Loffredo
 

Tracklist:
1….I See Him! (Intro)
2.Night Prowler
3.Shadows On The Horizon
4.City Of The Damned
5.The Last Axeman
6.Island Of The Silver Skull
7.I Am Leather Witch
8.Demon’s Dagger
9.The Fury (undead)
10.Sleeping Swords

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