Recensione: The Death and the Dice – Rime of the Unredeemed

Il ritorno discografico del Malignance, tre anni dopo Tales of Cowards, Heroes and Death, presenta innanzitutto il passaggio da one man band a band a tutti gli effetti, col mastermind Arioch che viene affiancato da Leviathan al basso, M.X. alla batteria ed Ein alla seconda chitarra. Fin dai primi ascolti ci siamo trovati davanti ad un’opera sorprendente e contagiosa, che ci ha presi a schiaffi dalla prima all’ultima nota. The Death and the Dice – Rime of the Unredeemed è un concept marinaresco basato sulla Ballata del vecchio marinaio di Samuel Taylor Coleridge, ovviamente musicato in chiave black metal.
I Malignance, nei nove brani proposti, danno sfoggio a tutto il campionario in loro possesso non sbagliando un colpo. Il disco è un concentrato di pura lamiera, con un tiro micidiale e un’aura malefica che rende alla perfezione il tema trattato e tutte le vicissitudini generate dall’uccisione gratuita di un albatros. Il black metal proposto è quello come si faceva una volta: si attaccano i jack, si accendono gli amplificatori e si suona senza troppi fronzoli. La maggior parte de riff di chitarra viene quindi dai power chord e la sezione ritmica spazia dal black al thrash come se non ci fosse un domani. Completa il quadretto la voce di Arioch, con uno scream arcigno, malvagio e incontaminato.
The Death and the Dice – Rime of the Unredeemed è fondamentalmente un disco in your face della miglior specie, e ogni tanto si concede anche il lusso di alcuni passaggi tipici del black atmosferico o qualche melodia sparsa qua e là, che non fa mai male. Si rallenta anche in maniera piuttosto riuscita in alcuni frangenti, su tutti il brano di chiusura Requiem for the Damned. Il perfetto sunto del disco però è Unredeemed, che è anche stata scelta come singolo apripista. Un incipit che ricorda gli Immortal più recenti si sposa con sfuriate thrash violentissime e nella seconda parte prende il sopravvento la chitarra solista con una gran bella linea. Questo sono i Malignance oggi: tanta roba, headbanging garantito, un songwriting che non presta mai il fianco e una perfetta colonna sonora per la prova costume.
Volendo essere pignoli e andando a cercare il pelo nell’uovo, il disco fa un po’ spesso uso di fade out anche piuttosto bruschi in conclusione di alcuni brani ed è un peccato, rimane comunqe un dettaglio marginale che non inficia il giudizio globale dell’opera.
Alla fine e dopo parecchi passaggi, quel che rimane da dire è che uno dei migliori dischi black del 2025, se non il migliore ad oggi, è italiano, e scusate se è poco. Quando la lanterna nera della Superba si accende, sono dolori per tutti. Procuratevi questo disco!