Recensione: The Deus Ex-Machina as a Forgotten Genius

Di Emilio Sonno - 26 Dicembre 2003 - 0:00
The Deus Ex-Machina as a Forgotten Genius
Band: Comity
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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85

Senza neanche sapere chi fossero e che genere suonassero mi sono recentemente ritrovato tra le mani questi Comity dal nome, per me, assolutamente insignificante.
The Deus Ex-Machina as a Forgotten Genius è il lungo titolo di questo cd prestatomi un po’ alla cieca che da qualche giorno non faceva che alimentare le mie curiosità. A placare i mille interrogativi nulla serviva leggere e rileggere lo spartano booklet in bianco e nero, classico delle copie promozionali, se non a solleticare ulteriormente le mie sinapsi con quei suoi inconsueti titoli da opera teatrale.
Preso, quindi, da tanto mistero, decidevo di inserire il disco nel lettore… e ne rimanevo letteralmente folgorato.
“Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte, che nel pensier rinnova la paura!” avrebbe detto un certo Dante nel 1300. Ma io non sono neppure l’ombra dell’illustre fiorentino, questo non è il medioevo e non ci troviamo in mezzo ad una selva oscura: o forse si? Perché, in effetti, è proprio “cosa dura” dare una definizione appropriata a quest’intricato groviglio di sonorità che qualcuno, avvalendosi dell’anonimato, ha osato definire hardcore tecnico! …lieve dicotomia o madornale errore?
Il fatto rimane che un prodotto così assurdo e artistoide, che certo non poteva che venire dalla Francia, risulta complicato da descrivere in maniera chiara e comprensibile utilizzando etichette spesso troppo stereotipate: per avere un’idea del loro cervellotico stile provate semplicemente ad immaginare un connubio tra il contorto estro dei The Dillinger Escape Plan e la geniale schizofrenia dei Meshuggah più violenti e innovativi degli ultimi tempi e avrete appena scalfito la superficie della loro musica: una musica a dir poco tecnica, di matrice essenzialmente hardcore, di quello veramente d.o.c., con moltissime venature death (ma anche grind), assai poco classicheggianti, e non priva di raffinate e inaspettate parti melodiche. Un ingegnoso lavoro che non si può non definire singolare data la sua natura decisamente complessa, che i 4 talentuosi galletti transalpini riescono ad amalgamare con una semplicità disarmante.
A Farewell to a Crimson King in a Crimson Way… è solamente uno dei (lunghi) titoli delle (altrettanto lunghe) canzoni, che ottimamente si prestano a far pendant con l’originale nome del platter: piccoli particolari, del tutto secondari, che aiutano meglio ad entrare nello straordinario, seppure in un primo momento ostico, mondo dei Comity, concepito dalla malata mente creativa di questo debuttante “groupe parisien” che il meglio di se lo da’, ovviamente, nelle sue geniali composizioni. Ascoltare per credere!
Gli 11 minuti e spiccioli dell’iniziale About the Fracture of the Last Solid Element…, sono già un’ottima vetrina per le loro invidiabili doti tecniche e compositive: un songwriting avveniristico ed estremamente articolato in cui la violenza dei musicisti si manifesta attraverso passaggi di rara bellezza, capaci di spiazzare con brusche contrapposizioni di stili, come nel caso di sfuriate grindcore che sfociano in frammenti dove una soave musica viene ancor più enfatizzata da un malinconico e bisbigliato cantato femminile, per poi ripiombare improvvisamente in strazianti parti al limite del brutal, con stacchi fusion che farebbero impallidire non pochi musicisti nostrani.
Così se la presentazione effettuata dall’opener è decisamente piaciuta non son certo da meno gli altri episodi di questo concept con canzoni quali Her own King Theory…, oppure Alleluia versus Amen… che in armonia con quanto già sentito, si divertono a mutare da ultra up tempo furenti e precisi in mid altamente suggestivi, il tutto senza mai stancare o risultare troppo stucchevole. Molto spazio viene concesso a soluzioni doomcore che il singer riesce con bravura a completare plasmando le proprie corde vocali a suo piacimento per dar vita a cantati semplicemente sporchi, gutturali o decisamente urlati a seconda delle circostanze, trasmettendo sempre emozioni differenti.
Scegliere una canzone da preferire alle altre risulta una vera mission impossible, di fronte alla quale, credo, ogni amante di musica estrema non saprebbe da dove iniziare tanto eccezionali sono.
Cinque perle di una bellezza abbagliante, che al loro interno contengono uno strabiliante concentrato originalità, ingegno, tecnica e violenza, come raramente se ne sentono, tanto più in un gruppo esordiente: se questi sono i requisiti che maggiormente prediligete nel metal, vi consiglierei caldamente di lasciare sotto l’albero di Natale anche un po’ di spazio per questo album ultracerebrale, capace persino di strapparmi, proprio sul finire del 2003, il mio secondo “over 80” dell’anno, ma che risulta, purtroppo, reperibile solo sul catalogo della Messiah Records!
Emilio “ARMiF3R” Sonno

Tracklist:

01. Acte III, Scène 1
About the Fracture of the Last Solid Element (the Deus Ex-Machina on the Road Again)

02. Acte II
A Track to Forget what has been Forgotten (Introduce yourself to me/us – please call 555-6185214)

03. Acte I, Scène 2
Her own King Theory (What the Fuck is Miscommunication?)

04. Acte IV, Scène 6
Alleluia versus Amen (As Eros Kills)

05. Hidden scene from Acte III
A Farewell to a Crimson King in a Crimson Way… (Hats off Mister Salinger)

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