Recensione: The End Of Heartache

Di Alessandro Di Clemente - 25 Giugno 2004 - 0:00
The End Of Heartache
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Anno: 2004
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88

Dopo un buon esordio (quasi in sordina) ed un ottimo secondo album: “Alive Or Just Breathing”, recensito lo scorso anno, eccomi di nuovo a parlare di questa giovane e portentosa band. Nati come metal-core act, i Killswitch Engage possono essere annoverati come una delle rivelazioni death metal degli ultimi anni, è inutile parlare di generi con una band di questo tipo: crossover di thrash, hardcore e swedish death melodico di stampo svedese.

I Nostri, che accompagneranno gli In Flames nel loro tour negli States, hanno non pochi punti di contatto con la band di Jesper e soci: riffs serrati, taglienti e pesanti, screaming vocals rabbiose e tristi al contempo e ritornelli al limite dell’emocore più ruffiano. Probabilmente, in sede di recensione, ho elogiato troppo il lavoro della band di Goteborg, perchè ancora non avevo tra le mani questo The End Of Heartache: laddove gli In Flames forse si perdono in articolazioni moderne orpellate da synth che strizzano l’occhio all’alternative oggi imperante, i Killswitch Engage, utilizzando un classico linguaggio metal, riescono a focalizzare il target, evitando di cadere nella trappola delle divagazioni  in giocate al di fuori del genere.

Da queste considerazioni nascono canzoni splendide come l’opener A Bid Farewell: incipit in sordina che preannuncia un’esplosione violenta e ben calcolata fatta di riffs stoppati e chitarre dissonanti arpeggiate che portano ad un’apertura melodica del ritornello. Un songwriting da manuale. When Darkness Falls è probabilmente il più bel pezzo scritto dai Killswitch Engage: un costrutto musicale con soluzione di continuità, la canzone ha un incedere mid tempo da mosh, per poi giungere ad un ritornello da brividi, talmente bello che, giunti alla conclusione del pezzo, si vorrebbe che ricominciasse. La forza di quest’ album è il dualismo violenza/melodia, mai esemplificato prima d’ora da nessun altra band di tal fattura.

Rose Of Sharyn evidenzia con veemenza il discorso appena fatto: strofa spacca – padiglioni auricolari (in pieno stile swedish) e ritornello emocore con riffing che richiama gli In Flames del periodo di The Jester Race (ma anche e soprattutto gli Iron Maiden d’annata). Breathe Life è un altro pezzo da novanta, con un riff portante rubato ai migliori Dimension Zero di Silent Night Fever ed il solito ritornello aperto, melodico e cantabile a squarciagola. L’ultimo brano sopra la media (notevolmente alta) è la title track, la composizione più equilibrata, quella in cui la forma-canzone dei Nostri acquista una notevole espressività, un pathos fuori dal comune ed una carica emozionale degna dei migliori acts rock. In questa song sono convogliati i punti di forza della band riconducibili ad un songwriting maturo, focalizzato in una direzione inequivocabile, compatto e completo.

Le restanti composizioni che vanno a formare The End Of Heartache sono eccelse, sia a livello compositivo che di esecuzione (una sezione ritmica precisa e potente, ed un cantante, Howard Jones, al posto del dimissionario Jesse Leach, istrionico, dotato di una buona tecnica sia per quanto riguarda le parti pulite che per le screaming vocals).
Un album il cui maggior pregio sta nella compattezza delle composizioni… compatte sì, ma non vi è una mera operiazione di copia-incolla, piuttosto una comune impostazione della canzone senza inutili divagazioni retoriche e pretenziose. Un cd che va diritto al sodo e al cuore: The End Of Heartache. Da avere.


Tracklist:

1. A Bid Farewell
2. Take This Oath
3. When Darkness Falls
4. Rose Of Sharyn
5. Inhale
6. Breathe Life
7. The End Of Heartache
8. Declaration
9. World Ablaze
10. And Embers Rise
11. Wasted Sacrifice
12. Hope Is…


 

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