Recensione: The Etruscan Prophecy [Vinyl Reissue 2021]

Di Stefano Ricetti - 1 Giugno 2021 - 9:56
The Etruscan Prophecy [Vinyl Reissue 2021]
Etichetta: Minotauro Records
Genere: Heavy 
Anno: 2021
Nazione:
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86

Decani dell’HM tricolore, già attivi in varie cover band sul finire degli anni sessanta, i Nostri crescono a pane e Grand Funk Railroad, Atomic Rooster, Gentle Giant, Toad e compagnia cantante. Dopo il demo d’ordinanza, arriva il primo Lp omonimo, nel 1987, per lo più contenente materiale tratto dal demo precedente. E’ dell’anno successivo l’uscita di The Etruscan Prophecy, per chi scrive una milestone della loro carriera. Atmosfere epic metal miste a reminiscenze settantiane con diverse influenze prog caratterizzano le sei canzoni contenute in questo particolare Lp. Citare un episodio soltanto sarebbe un delitto nei confronti del resto: dalla ipnotica title track si passa all’intrigante Piercing Hail, ma come non menzionare l’adrenalinica Devil Stroke o l’evocativa Angels of Mire? Su tutte le composizioni la voce di Gianni Nepi, gran cerimoniere di quest’abbuffata di eroica tradotta in metallo. Per molti i Dark Quarterer rappresentavano la risposta più credibile ai Manilla Road di Mark Shelton. Se siete degli inguaribili nostalgici di band leggendarie come Heavy Load, Omen, Medieval Steel e primi Manowar, The Etruscan Prophecy non DEVE mancare fra gli scaffali della vostra discoteca.

 

Questo scrissi riguardo The Etruscan Prophecy (Cobra Records, 1988) a cavallo fra il 2006 e il 2007, all’interno del lungo excursus sulle origini del Metallo Italiano, declinato in quattro puntate e spalmato su altrettanti numeri della rivista cartacea Metal Maniac (defunta da tempo).

L’occasione, ghiottissima, di rituffarsi all’interno delle spire del secondo capitolo della carriera dei Dark Quarterer la fornisce la Minotauro Records che ripropone in questa primavera 2021 il 33 giri di The Etruscan Prophecy in due versioni gatefold: quella classica in vinile nero e l’edizione limitata a 100 copie con il disco di colore arancione “marmorizzato” (marbled). Oltre alle sei tracce originarie è presente anche la bonus track “Queen Of The Sewer”.

Al solito, molto curata la confezione, che propone tutti i testi nella prima facciata interna, mentre la seconda è ad appannaggio della storia della band, in lingua italiana e in inglese, a cura di Gianni Della Cioppa. A corredare il tutto, quattro, significative, foto.

The Etruscan Prophecy, anche se piacevolmente riascoltato con le orecchie ambientate e in linea con il 2021, permane oggetto emanante sapori e profumi antichi, con evidenti rimandi  metalliferi, che Nepi, Serena e Ninci seppero sapientemente far rivivere attraverso i loro strumenti. La produzione, polverosa ma suadente, insinua verso le casse quella sana dose di siderurgia applicata alla musica che fa bene all’anima e anche al cuore. E basta e avanza. Nel 1988 come oggi. Per riscoprire la magia di certo Metallo Italiano si deve per forza passare fra questi solchi…

Qui di seguito la recensione, uscita real time (o quasi…) di The Etruscan Prophecy così come pubblicata sulla rivista HM numero 71.

Seconda prova per i piombinesi Dark Quarterer, tornati oggi alla carica con un disco nuovamente legato anima e corpo ai dettami, gli afflati e le cadenze tipici dell’Hard primordiale, caratteristici di quei primi Seventies cosi imprescindibilmente importanti per il futuro sviluppo della nostra musica preferita! Il trio toscano ci offre un lavoro di sicuro valore, composto da brani in linea di massima lunghi ed articolati, pregni degli insegnamenti dei mostri sacri del genere ma ugualmente freschi ed apprezzabili, anche perché ben lontani dal costituire una mera e sterile copia; la voce del bassista Gianni Nepi è indiscutibilmente grandiosa, in grado di evocare chissà quali immagini fantastiche e di rendere tangibili i seriosi quadri dipinti a tinte forti da sonorità calde e sentite, eseguite con grande perizia dal gruppo in questione.

Una prova apprezzabile anche dai neofiti vista la sua carica attualissima ed il suo gusto tutt’altro che ostinatamente retrò; un Hard sentito e vibrante, costruito su un chitarrismo fatto di feeling ed emotività, su una ritmica tellurica ma posata e meditabonda, su parti cantate tutte da scoprire dal grande potenziale trascinatorio e coinvolgente… I Dark Quarterer hanno fatto centro con un disco migliore del suo pur valido predecessore, totalmente privo di ironia ma ugualmente sentito e credibile, pulsante di uno spirito ribelle che, nonostante gli anni, non morirà mai e vivrà sulle note di un sound magnetico ed epico, meno intransigente di ciò che ci siamo ormai abituati a sentire da un lustro a questa parte ma ugualmente aggressivo e duro.

I testi contenuti nella elegante copertina, sono impegnati e ambiziosi proprio come la musica, intrisi di un impegno ed una serietà lodevoli anche se un tantino stoiche visto il periodo di prodotti usa e getta. I sei brani che compongono il disco si caratterizzano ognuno per delle peculiarità invidiabili e fortemente studiate e caratterizzate ma che, in ogni caso ed a prescindere dalle diverse attitudini, meritano più di un ascolto da parte di chiunque voglia trovare nuove vibrazioni o emozioni dal gusto ingiallito dal tempo…

Vincenzo “Jamaica” Barone

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

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