Recensione: The Funeral Pyre

Di Gianluca Fontanesi - 15 Marzo 2020 - 13:54
The Funeral Pyre
Band: Kvaen
Etichetta: Black Lion Records
Genere: Black 
Anno: 2020
Nazione:
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80

La Black Lion Records, pian piano e senza troppi proclami, sta sempre più diventando un punto fermo per quanto riguarda il metal estremo di qualità. Il roster della piccola label svedese sta diventando sempre più importante e, dopo il successo del grandioso Nomenclature degli Iatt, ci si appresta a fare il bis col debutto del progetto Kvaen. Dietro alla one man band si cela il buon  Jakob Björnfot e il risultato va oltre ogni più rosea aspettativa. The Funeral Pyre è infatti un debutto coi fiocchi che merita di essere scoperto un po’ da tutti gli amanti del black metal svedese ed è in grado di dare un grandissimo campionario di soddisfazioni.

La lezione da mostri sacri qui è stata studiata a fondo: dai Dissection Agli Immortal passando per i Setherial, il disco spara sull’ascoltatore bordate di riff non lasciando quasi mai il tempo per poter respirare. La musica dei Kvaen si può definire un black metal melodico con una forte componente thrash ed heavy; il mix, unito a un songwriting in completo stato di grazia, si rivela letale e ad un livello altissimo. The Funeral Pyre è un disco suonato talmente bene e curato in maniera talmente maniacale che il trovarci un difetto risulta come una caccia al pelo nell’uovo; se proprio dobbiamo estrapolare qualcosa segnaliamo il brano strumentale in chiusura, decisamente non a livello delle altre tracce e che avrebbe meritato miglior fortuna.

Gli otto brani del debutto dei Kvaen sono composizioni piuttosto lunghe ed articolate; in molti frangenti si sfiora il capolavoro assoluto e il platter risulta piuttosto solido e longevo anche dopo decine di ascolti. E’ un black metal che offre melodie vincenti degne del miglior atmosferico, offre riff pesanti come un macigno degni dei migliori anni ’90 e offre un livello di tecnica e costruzione dei brani impressionante. Grandi armonizzazioni, grandi raddoppi di cassa, ci sono persino gli assoli di Sebastian Ramstedt e Matthew Wicklund e sono fatti come Satana comanda, cosa chiedere di più?

I batteristi chiamati in causa sono ben 4: Perra Karlsson, Freddy Ortscheid, Danni Lyse Jeelsgaard e Tommi Tuhkala; le prestazioni sono tutte violentissime e causeranno parecchi mal di collo mentre la voce è perennemente in scream e fortunatamente non dà spazio ad altro ciarpame, che qui sarebbe stato tremendamente fuori luogo. La produzione infine non lascia scampo ed è piuttosto ben fatta, col giusto suono dato ad ogni strumento e la giusta pacca; certo, viene un po’ sacrificato l’essere true in favore di suoni molto più moderni e pompati, ma non ci sentiamo di andare contro alla scelta fatta.

Non resta altro che congedarci con un grande plauso alla Black Lion e ai Kvaen che, pur non inventando nulla, ci hanno insegnato che le grandi canzoni si possono ancora scrivere e i grandi dischi possono ancora uscire. Fate vostro The Funeral Pyre, non ve ne pentirete affatto.

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