Recensione: The Great Momentum

Di Roberto Gelmi - 23 Febbraio 2017 - 10:00
The Great Momentum
Band: Edenbridge
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2017
Nazione:
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77

Come si fa a non amare gli Edenbridge? Band derivativa a partire dal moniker, vero, ma col valore aggiunto della soave voce di Sabine Edelsbacher… In quasi vent’anni di carriera hanno pubblicato nove studio album senza mai discostarsi da un power metal con ritmiche thrash, costellato di elementi sinfonici e venature esotiche. A mio avviso My Earth Dream resta il loro apice, in seguito hanno continuato indefessi sulla loro strada, ripetitiva ma coerente. The Great Momentum è l’ennesimo anello di una catena che pare senza soluzione di continuità, a partire dalle scelte di produzione, con Lanvall capofila, Karl Groom (Threshold) al mixing e mastering affidato a Mika Jussila (Stratovarius). Chi non apprezza la “monoliticità” della band non amerà il platter suddetto, chi sa già cosa attendersi saprà godersi questi 50 minuti di musica celestiale. Nient’altro da segnalare, scaletta compatta, artwork banale (i nostri non brillano per copertine eccezionali in discografia).

L’album si apre in pompa magna, con il singolo uscito lo scorso dicembre, “Shiantara”. Tutto si compone e procede in modo millimetrico, strofe, bridge e ritornello (I’ll be / A part of you / The memory I renew / The rite of shiantara). Le chitarre ritmiche (un filo più pesanti che in passato) graffiano, la voce di Sabine è un balsamo naturale per curare le ferite inflitte da simili stilettate. Malinconico al punto giusto il primo assolo di chitarra del disco, gli arrangiamenti sinfonici (opera della Junge Philharmonie Freistadt) non hanno niente da invidiare a quelli dei cugini Epica. Le tinte orientaleggianti dei testi sono marchio di fabbrica del combo austriaco.
Sempre benvenuti i power chord e i crescendo di “The Die Is Not Cast”, un pezzo cinematic metal che ha qualcosa di grandiosamente utopico. Peccato per una certa ripetitività, ma non stiamo certo parlando di progressive. Evidenti, invece, i rimandi ai padri putativi Threshold e Nightwish nella seguente “The Moment Is Now”, altra hit che punta su cadenze maestose e qualche break fatato. Proseguendo nella tracklist, non può che risultare saggia la decisione di collocare, dopo tre brani diretti, la ballad “Until the End of Time” con Erik Martensson (Eclipse, W.E.T., Nordic Union) come ospite. L’accostamento delle due voci risulta vincente, anche se Erik sembra voler strafare sui registri alti.
Tornano le chitarre abrasive in “The visitor”, brano canonico, con alcune finezze del nuovo batterista dal nome impronunciabile (Johannes Jungreithmeier) e un assolo con vaghi sentori simil Blind Guardian. Thrash ed esotismo all’avvio di “Return to Grace”, con un bell’attacco all’unisono e arrangiamento di bouzouki. Il refrain è la quintessenza dello speed, le parti di tastiera ricordano i barocchismi degli Stratovarius. In sostanza una coppia di pezzi potenti e incisivi. Prima dell’attesa suite finale (altro segno distintivo della band austriaca) gli Edenbridge propongono una seconda ballad, “Only a Whiff of Life” (meno riuscita di “Until the End of Time”) e i sette minuti abbondanti di “A Turnaround in Art”. Chi non ama il sound della band si sarà presumibilmente annoiato, per i sostenitori di Sabine & Co., invece, continuano i fuochi d’artificio. Toccanti i minuti semiacustici nella seconda parte della composizione, che fanno da trait d’union con “The Greatest Gift of All” (il titolo richiama la suite dell’ultimo disco targato Nightwish?). Inutile sprecare parole per commentare un simile tripudio di pompa e grandiosità. Basti dire che circa a metà della suite gli arrangiamenti orchestrali, tra arpe, ottoni e archi si avvicinano a un vero exploit (e per i metallari più navigati verranno sicuramente in mente le tinte fosche di Paradise Lost dei Symphony X). Dopo altri minuti metal, tutto finisce con un semplice fade out. Qui sta il chiaroascuro degli Edenbridge, tanta maestosità e poi un finale dimesso. La special edition dell’album prevede, inoltre, un bonus disk con la versione strumentale delle nove canzoni.

In conclusione, The Great Momentum è un album che ripropone la band austriaca in uno stato di forma immutato, equilibrato e tetragono a qualsivoglia cedimento. Gli anni non sembrano passare per gli Edenbridge: ascoltare la loro musica reca un effetto terapeutico, il tempus edax per qualche attimo rallenta quasi il suo scorrere vorace.

 

Roberto Gelmi (sc. Rhadamanthys)

 

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