Recensione: The Last Knight

Di Matteo Orru - 5 Marzo 2020 - 0:05
The Last Knight
Band: Serenity
Etichetta: Napalm Records
Genere: Power 
Anno: 2020
Nazione:
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78

“Ciao, come stai? Ma hai sentito per caso il nuovo disco dei Serenity?”

“Ciao! Ma i Serenity, quella band austriaca che fa metal melodico?”

“Esatto proprio loro, è uscito da poco il nuovo disco “The Last Knight

“Mi conosci bene, sai che non sono molto avvezzo a quelle sonorità troppo morbide o eccessivamente smielate e i Serenity nei dischi passati sono sempre stati sempre troppo melodici per le mie orecchie!”

“Fidati di me, proprio perché ti conosco sono qui a consigliarti almeno un ascolto di questo loro nuovo disco, finalmente sono riusciti a trovare un equilibrio ottimale tra melodia e potenza e hanno tirato fuori un disco davvero sorprendente”!

“Tu dici?”

“Si, sono certo che ne rimarrai sorpreso. Dagli qualche ascolto e magari mi fai sapere cosa ne pensi! Che dici?!”

“Va bene, proprio perché mi conosci così bene voglio fidarmi di te! Ci sentiamo tra qualche giorno, ma se non mi è piaciuto prepara il portafoglio che mi offrirai almeno due birre, in caso contrario sarò felice di offrirtele io.”

 

Ed ecco che la band capitanata dallo storico drummer Andreas Schipflinger e dal carismatico frontman Georg Neuhauser è giunta con questo “The Last Knight” al traguardo dei sette dischi in studio, niente male per una band che continua imperterrita a seguire con dedizione e tenacia il verbo del metal melodico più puro possibile.

Onestamente i Serenity non sono mai state tra le nostre band preferite considerato il fatto che la loro proposta è sempre stata intrisa di eccessiva melodia spesso fine a se stessa a discapito di sonorità più prettamente “metalliche” danneggiando l’impatto dei pezzi che, senza gli arrangiamenti orchestrali tastierosi e bombastici di sicuro sarebbero stati di tutt’altra presa.

Con questo nuovo platter c’è da dire che, se da una parte la band continua a fare abbondante uso di orchestrazioni e vagonate di melodia, ci si accorge come in tutto lo scorrere del disco vi sia un maggiore equilibrio tra la dolcezza dello zucchero e l’amaro del caffè generando così un orientamento più metal rispetto al passato per l’attitudine più immediata e la struttura dei pezzi che rende l’ascolto più immediato e di impatto.

Nulla di veramente nuovo all’orizzonte ma più semplicemente una rivisitazione del sound che oggi punta più sull’efficacia della proposta badando al sodo e tirando fuori, da una scaletta di dieci song più intro, almeno sei killer track che non lesineranno headbanging anche tra i metallari più puristi nonostante la proposta sia sempre curatissima nei minimi dettagli.

Una bellissima copertina dà il benvenuto nel mondo dei Serenity 2020 e, dopo aver omaggiato Riccardo “Cuor di Leone” nel precedente lavoro, anche se non abbiamo a che fare con un vero e proprio concept album, la band ha deciso opportunamente di ricordare un’importante figura austriaca, ossia Massimiliano I d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero nel 1493.

Se eravamo alimentati da uno scetticismo di base, l’intro non ci smuove eccessivamente dalle precedenti perplessità, ma è con l’attacco di “Invictus” che qualcosa ci dice di approfondire l’ascolto con maggiore attenzione e ciò che si nota subito è l’approccio di Georg Neuhauser nelle linee vocali, più oscure rispetto al recente passato e che strizzano l’occhio alla sua esperienza parallela come leader nei più diretti ed epici Warkings, con i quali le similitudini in questa nuova fatica discografica, saranno molteplici.

L’attitudine maggiormente epica a discapito dei fronzoli è la marcia in più che abbiamo a nostra disposizione e nella sua immediatezza e semplicità la opener risulta efficace al punto giusto pur non risultando un pezzo memorabile ma godibile.

Ecco che in “Set the world on fire” escono i classici Serenity dove la matrice orchestrale è la base portante del pezzo soffocando le chitarre e riducendo il pezzo a classico filler; infatti ai nostri serve un po’ per ingranare perché da qui in poi i motori si scaldano e, grazie alla helloweeniana “Keeper Of The Knights”, basata sui grandi melody di chitarra e belle linee vocali, la setlist del disco inizia a diventare davvero interessante e stupire in positivo senza stravolgere il tipico sound della band.

Un pezzo come “Souls And Sins” è un capolavoro di metal melodico, niente di più, niente di meno. Un mid tempo cadenzato e possente con un’immensa interpretazione vocale di Neuhauser si innalza in un crescendo fino alla fine della canzone dove lo stesso Georg veste i panni del direttore d’orchestra e ci porta alla seguente “My Kingdom Comes”, una vera e propria mazzata pazzesca, potente, granitica e veloce che grazie ai growl in controcanto dell’ottimo chitarrista Chris Hermsdörfer, al terzo disco con la band, riescono a dare una maggiore dinamicità a un pezzo già di per se spaziale.

Noi non siamo mai sazi di metallo e la band ci scaglia altre sassate come “Queen of Avalon”, “Down To Hell”, la spedita ed epica “Wings Of Pride” e la conclusiva “Call to Arms”, brani che mantengono una buona dose melodica ma vengono appesantite da una maggiore attenzione alla potenza tipica delle power metal band tedesche della vecchia scuola; creando non poche reminiscenze verso band come Freedom Call ed Helloween, con ritornelli immediati che ti penetrano in testa ma non escludono lo sfrenato headbanging e il cantato in coro pugni al cielo in un’aura di totale positività e spensieratezza.

C’è tempo pure per l’immancabile ballad, “My Farewell”, pur non annoverandola tra gli episodi di punta del disco si lascia piacevolmente ascoltare e pare uscita da un anime della Disney tanto è il pathos emotivo che riesce a trasmettere grazie alla teatrale interpretazione drammatica del singer, valorizzando un pezzo che altrimenti sarebbe risultato eccessivamente canonico.

The Last Knight” può essere definito un disco dei Serenity a tutti gli effetti con l’aggiunta di potenza, maggiore personalità e quella dose di metallo che forse stava latitando da un po’ troppo tempo nelle composizioni della band.

Dieci canzoni che rimangono facilmente in testa grazie alle melodie sempre riuscite e di immediata presa pur non essendo scontate o banali. Di sicuro l’esperienza da parte di Georg nei Warkings ha dato un maggiore input circa l’incremento di atmosfere battagliere e rocciose che tanto bene han fatto a un disco che sarebbe potuto essere un canonico esempio di metal melodico ma che invece riesce ad innalzarsi dalla mischia complice la performance maiuscola della band.

Vocalmente Georg Neuhauser risulta essere secondo a nessuno in campo power metal fornendo una prova pazzesca su tutti i fronti, da quello tecnico a quello attitudinale passando dall’interpretazione sempre sopra le righe, mentre il resto della band suona compatto e coeso garantendo una quadratura degna di band molto più blasonate.

Ad avvalorare il tutto una buona produzione la cui unica pecca, se proprio dobbiamo trovarla, sta nei volumi di chitarra che in alcuni momenti risultano un po’ bassi rispetto alle orchestrazioni.

Di sicuro non abbiamo a che fare con un disco dai connotati pionieristici né con l’album dell’anno ma non possiamo esimerci dal fare i complimenti a una band che, per la prima volta da tanti anni, è riuscita a comporre un lavoro che potrebbe risultare un trampolino di lancio visto pure il tour da co-headliner con i maestri del power teutonico Rage.

Promossi!

 

“Hey!!! Ma allora, hai dato un ascolto al nuovo disco che ti avevo consigliato?”

“Ma sai che avevi proprio ragione? Mi ha lasciato davvero sorpreso e sono giorni che non lo tolgo dal mio stereo!!”

“Vedi che avevo ragione! Ero sicuro che a un fan del power epic metal come te sarebbe piaciuto!”

“Verissimo, finalmente si sono messi a suonare come si deve e questo approccio più metal della band è davvero ciò che ci voleva, “The Last Knight” risulta essere un disco fresco, positivo e melodico ma sempre potente e graffiante come un vero disco metal deve suonare! Un ottimo lavoro”

“Mi fa piacere che sei entusiasta! Ma a questo punto direi che puoi offrirmi la birra che mi avevi promesso, ho vinto la scommessa!”

“Assolutamente si! Appoggio l’armatura, lego il cavallo vicino alla mangiatoia e andiamo alla prima locanda di templari a bere qualche boccale di birra!”

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